perchè questo blog?

L'Italia è diventata da anni paese di immigrazione ma da qualche tempo si registra un crescere di fenomeni di razzismo. Dopo la morte di Abdul, ucciso a Milano il 14 settembre 2008, ho deciso che oltre al mio blog personale avrei provato a tenere traccia di tutti quei fenomeni di razzismo che appaiono sulla stampa nazionale. Spero che presto questo blog diventi inutile...


lunedì 2 marzo 2015

O glutine o morte! Ovvero la satira in Italia, o di #JeSuisCharlie qualche giorno dopo

Ricordate la mobilitazione generale che investì il nostro paese dopo l'attentato atroce al giornale satirico Charlie Hebdo? Fioccarono i post con #JeSuisCharlie in difesa della libertà di satira, contro gli islamici che non sanno comprenderla e diventano violenti, per la libera espressione di parola.

Ecco, due giorni fa l'autore satirico italiano Emiliano Pagani ha pubblicato un post su Facebook dove scimmiottando i testi razzisti contro i rifugiati se la prendeva con i celiaci e il sussidio per l'acquisto di alimenti senza glutine.

Ecco il testo:

Emiliano Pagani
FACILE ESSERE STRONZI

Giorni fa ho casualmente scoperto che lo Stato passa ogni mese un assegno di oltre 100€ alle persone celiache per poter comprare del cibo che soddisfi i loro requisiti nutrizionali e che soprattutto non le uccida.
In Italia, una persona su 100 è celiaca e la percentuale è in costante aumento.
Bene, a tutte queste persone, lo Stato, cioè tutti noi che paghiamo le tasse, passa 100€ al mese, magari per tutta la vita.
Ecco, quello che voglio dire è: NOI LAVORIAMO PER MANTENERE I CAPRICCI DI QUESTA GENTE CHE NON VUOLE MANGIARE QUELLO CHE MANGIAMO TUTTI.
Io sono dell'idea che uno debba adattarsi alle tradizioni e alla cucina dei Paesi in cui vive. Per cui se questi viziati non vogliono mangiare la polenta o la pizza o la schiacciata con la mortadella, che se ne tornino pure in Celiachia o in Valsoya, da dove sono venuti, a mangiare i loro cazzo di gelati senza glutine, ché noi non ci faremo rubare le nostre tradizioni da questi stronzi.
Ora mi metto una bella felpa con scritto sopra GLUTINE e vado a protestare mangiando due belle fette di bruschetta con dentro i taralli, davanti alla sede dell'associazione italiana celiachia.
E comunque, sempre prima i Marò.

Visto?
Non ci vuole niente, provate anche voi.

E poi andiamo tutti insieme a Roma con Salvini e Casa Pound.
La cosa preoccupante però sono i commenti che il post satirico ha ricevuto, eccone alcuni:



Odio, auguri di prossima malattia, insulti etc... che non si fermano neanche quando si chiarisce che si tratta di satira.
Abbiamo un problema, nel capire cosa è satira, ma soprattutto con la libertà di espressione e di satira. Si può scherzare su Maometto, ma non sui celiaci, capito!

martedì 2 settembre 2014

Milano, picchiano un eritreo e gli aizzano contro un cane: "I musulmani ci uccideranno"

Picchiato, aggredito da un cane aizzato contro di lui, insultato come "negro" e "musulmano di m....". Il caso di discriminazione razziale si è registrato a Milano. La vittima è un eritreo di 55 anni residente in città e con regolare permesso di soggiorno. Gli aggressori sono invece due romeni di 19 e 20 anni che una volta arrestati non hanno nascosto il proprio disappunto agli agenti di polizia: "Ma come arrestate noi che siamo vostri compaesani e difendete quel negro di m...? I musulmani ci uccideranno tutti".

La vicenda risale al 26 agosto scorso. Teatro dell'aggressione è la stazione Greco Pirelli, periferia nord di Milano. Mancano pochi minuti alle 14 quando i due giovani romeni, ubriachi, si scagliano contro l'eritreo, lo insultano, lo picchiano e gli aizzano contro il loro pastore tedesco. Gli rubano anche il cellulare ("volevamo solo sapere l'ora", è la loro giustificazione), che comunque verrà restituito pochi minuti dopo. La scena non passa inosservata e qualcuno dei presenti avverte la polizia. Così, una volta saliti sul treno, i due trovano diversi agenti ad attenderli alla vicina stazione di Lambrate. Ma anche in commissariato danno in escadescenza, insultando ripetutamente gli agenti e provocando diversi danni agli uffici della polfer.

fonte: La Repubblica

mercoledì 5 marzo 2014

Donna dominicana ammazzata a Milano per aver rifiutato un'avance

Un 36enne salvadoregno fermato nella notte ha confessato il duplice omicidio di via Segneri, a Milano: lo rende noto la polizia. L'uomo, che ha reso confessione davanti al procuratore aggiunto Alberto Nobili e al sostituto Gianluca Prisco, e' un conoscente di Libanny Meijia Lopez, la 29enne trovata nuda e sgozzata ieri pomeriggio nel suo appartamento di zona Lorenteggio insieme al figlioletto Leandro, di 3 anni, anch'egli ucciso a coltellate. Il padre del piccolo Leandro e compagno della donna - che era stato sentito ieri in Questura - era totalmente estraneo alla vicenda.

Il salvadoregno fermato, Victor Hugo Menjivar, avrebbe ucciso la donna perche' aveva rifiutato le sue avance. L'uomo, era ospite a cena dalla donna e aveva portato anche suo figlio, amico del bambino di lei. Il salvadoregno ha confessato, spiegando di avere perso la testa, durante un lunghissimo interrogatorio negli uffici della Squadra Mobile davanti al procuratore aggiunto di Milano Alberto Nobili e al pm Gianluca Prisco.

Stando a quanto ricostruito, il salvadoregno, amico della donna, sposato e con un altro figlio in arrivo, era andato a cena lunedi' scorso a casa di lei portando anche suo figlio che giocava spesso con il bimbo della dominicana. La donna era anche amica della moglie del fermato.

Dopo aver mangiato e bevuto, e mentre i bimbi erano in un'altra stanza, l'uomo ha iniziato a tentare un approccio sessuale con lei, ma e' stato respinto. Ha insistito a lungo e all'ennesimo rifiuto ha preso un coltello dalla cucina. La donna allora ha cercato di salvarsi la vita offrendosi a lui, ma l'uomo, che come ha detto agli inquirenti aveva perso la testa ed era molto ubriaco, a quel punto l'ha sgozzata. Ha cercato poi di nascondere il cadavere dietro al divano per non farlo vedere ai bambini, che intanto avevano sentito le urla. Poi la decisione di sgozzare anche il figlio di lei. Dopo il duplice omicidio e' uscito dalla casa e ha gettato il coltello in via Primaticcio e, dopo la confessione, l'ha fatto ritrovare agli investigatori.


fonte: Il Giorno

venerdì 20 settembre 2013

Urlano "sporco negro" e gli spezzano il braccio Padre e figlio rischiano 18 anni

Milano, 20 settembre 2013 - Hanno rotto un braccio ad un giovane senegalese, dopo averlo insultato con epiteti razzisti, come "sporco negro", in seguito ad una banale lite tra automobilisti. Ora, padre e figlio, rispettivamente di 44 e di 22 anni, sono imputati con le accuse di lesioni gravissime con l’aggravante dell’odio razziale davanti al gip di Milano, Enrico Manzi. I fatti risalgono al 24 giugno 2012, ma la vicenda è emersa solo oggi dopo la richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm Alessandro Gobbis. Siamo alla periferia sud del capoluogo lombardo vicino a dove la vittima, 36 anni, vive insieme alla, fidanzata.

La discussione nasce da un diverbio su chi ha la precedenza. Padre e figlio aggrediscono il conducente dell’auto che, a loro dire, è in torto. Durante il "confronto" non vengono risparmiati al giovane senegalese insulti a sfondo razziale ai quali tenta di ribattere sul piano verbale. I suoi interlocutori però passano alle vie di fatto, lo colpiscono e gli fratturano un braccio causandogli quella che, nel capo di imputazione, viene definita una "malattia insanabile". In sostanza, nonostante l’operazione a cui è stato sottoposto non potra’ piu’ recuperare completamente la mobilità dell’arto. I due imputati rischiano fino a 18 anni di carcere. L’udienza preliminare e’ fissata per il 22 novembre.

fonte: il Giorno

lunedì 26 agosto 2013

Violenza sulle donne, picchia e segrega la convivente romena

Un cinquantenne di Gela (Caltanissetta), Giuseppe Capizzello, e' stato arrestato dalla polizia con l'accusa di aver picchiato, violentato e segregato la sua convivente, una romena di 31 anni. La donna, giunta a Gela due anni fa, dopo la morte dell'anziana di cui era badante, si era trasferita nell'abitazione di Capizzello in via Giuffre', assieme alle figlie di 4 e 12 anni. Piu' volte, il compagno 'avrebbe picchiato con calci e pugni sia lei sia le ragazzine, e avrebbe costretto la romena a rapporti sessuali. Lei avrebbe subito tutto in silenzio, pur digarantire un tetto alle sue bambine.

La vicenda e' stata scoperta per caso quando il mese scorso agenti della polizia che si erano recati in casa di Capizzello avevano notato ematomi sulle braccia della romena e le avevano chiesto la cusa. La donna a quel punto aveva parlato delle violenze infertele dal convivente. I lividi erano stati provocati da utensili lanciati da Capizzello contro la romena, che la polizia aveva subito fatto trasferire con le sue figlie in una casa famiglia. Capizzello avrebbe poi continuato a perseguitarla con telefonate e minacce di morte, rivolte anche alla madre della donna, che vive in Romania, e alle sue amiche. L'uomo dovra' ora rispondere di maltrattamenti, lesioni e violenza sessuale.


martedì 23 luglio 2013

Cittadinanza italiana negata ad un figlio di italiano

PORDENONE. Mohamed non sa nulla. Dall’alto del suo anno e mezzo di vita, di queste beghe burocratiche francamente non sa che farsene. In realtà, anche se non lo sa ancora, lui è cittadino italiano. Non lo sa, o non lo vuole sapere, neanche l’anagrafe del Comune di Pordenone, che infatti ha spedito al suo papà una lettera di “preavviso di rigetto”, ovvero un documento in cui spiegano che la domanda di iscrizione di Mohamed all’anagrafe della popolazione residente di questa città non potrà avvenire perché lui, il piccino, entrato in Italia con passaporto nigerino benchè figlio di un cittadino italiano, o si dota di permesso di soggiorno o... nulla.

La vicenda è intricatissima solo in apparenza. Il papà di Mohamed, benchè originario del Niger, è italiano dal 2008. Intendendo con ciò che ha ottenuto la cittadinanza italiana ben 5 anni fa. Ora quest’uomo ha avuto, con una donna diversa dalla moglie, al di fuori del matrimonio, un altro figlio, il piccolo Mohamed, che peraltro ha riconosciuto.

Mohamed è nato in Niger e risulta figlio di suo padre anche per il test del Dna a cui ha dovuto essere sottoposto per ottenere un documento con cui lasciare il Paese natale. Il papà aveva tentato di far arrivare in Italia il bambino con un passaporto italiano, ma dopo peripezie varie durate mesi e viaggi estenuanti (dal villaggio alla sede consolare occorrono due giorni per andare e due per tornare), aveva rinunciato.

Seguendo un consiglio delle stesse autorità consolari, l’uomo decide quindi di chiamare qui il bambino e la madre con i documenti nigerini, ovvero il passaporto di quel Paese. Una volta giunto a Pordenone, il piccolo Mohamed che oltre al passaporto nigerino ha con sè anche l’estratto dell’atto di nascita, regolarmente tradotto e legalizzato dall’ambasciata italiana in Costa d’Avorio, nel quale si riportano maternità e paternità, chiede - attraverso il papà - di essere iscritto nel nucleo familiare come figlio di Massud (nome di fantasia), cittadino italiano.

Ma l’anagrafe dice no. Non importa, evidentemente, che Massud sia italiano e, ius sanguinis docet, lo sia anche suo figlio. Siccome il bimbo ha un passaporto nigerino, secondo l’anagrafe l’unica cittadinanza dimostrata è quella extracomunitaria. Da qui la necessità di un titolo di soggiorno. Titolo che per la questura non serve perché Mohamed, figlio di un italiano, è già italiano, e quindi non gli serve alcun permesso per risiedere in Italia. Chi risolverà l’arcano?

fonte: Messaggero Veneto

mercoledì 26 giugno 2013

Musicista senegalese aggredito a Milano


Venerdì 28 giugno 2013 alle ore 18.30 in Largo Fratelli Cervi, con artisti, associazioni e abitanti della zona 2.

Kal dos Santos, musicista, attore, compositore e fondatore dell’Associazione Culturale Mitoka Samba, prima orchestra di percussioni afro-brasiliana a Milano, artista che collabora con realtà musicali, associazioni, compagnie teatrali e di danza di respiro nazionale e internazionale (MUSE/Italia, PIME, Roda da Vida, Banda Osiris, Delma Pompeo, Gabriele Vacis, Miriam Makeba ecc.), è stato aggredito e picchiato brutalmente da un gruppo di persone.

Il fatto è avvenuto mercoledì 19 giugno in via Venini, angolo via Popoli Uniti intorno alle 19.00.

Kal era in zona Pasteur perché aveva consegnato l’auto al meccanico e stava tornando verso la metro a piedi, quando è stato indicato da un bambino come colui che il giorno prima lo aveva picchiato. In quell’istante sono arrivati tre uomini che lo hanno fermato e subito accusato del fatto. Kal non è riuscito nemmeno a dire di non conoscere quel bambino e di non essere di quella zona, che subito hanno iniziato ad aggredirlo brutalmente con calci, pugni, ginocchiate, sbattendogli la testa sulle auto parcheggiate, strappandogli i capelli e cercando di derubarlo della borsa e del cellulare

Durante l’aggressione ai primi tre uomini si sono aggiunte altre persone. Nessuno si è prodigato per aiutarlo, fatta eccezione per una persona che ha cercato invano di difenderlo.

Gli aggressori hanno rotto delle bottiglie e si stavano avvicinando minacciosi con i cocci, quando l’arrivo di una pattuglia della polizia li ha messi in fuga. Sembravano italiani e parenti del bambino che aveva indicato Kal come colui che gli aveva dato uno schiaffo il giorno prima.

Kal è stato ricoverato fino al giorno seguente ed è dovuto tornare per altre medicazioni in ospedale. Un presidio festoso, di denuncia e solidarietà, può essere il modo migliore di sanare le sue ferite fisiche e morale e dare forza a chi, nella comunità brasiliana e a Milano, rifiuta questa brutale violenza

domenica 26 maggio 2013

Donna cubana colpita da colpi di pistola dall'ex italiano a Genova

Una cubana di 41 anni e' stata ferita da uno o piu' colpi di pistola nel quartiere di Marassi a Genova da un uomo che l'ha buttata fuori dall'auto e le ha sparato alla schiena. L'uomo, un italiano di 58 anni, e' gia' stato fermato dai carabinieri con l'accusa di tentato omicidio. Lei e' gravissima. E' successo in via Balbi. Testimoni hanno riferito di aver visto la donna cadere dall'auto e un uomo spararle alla schiena prima di fuggire. L'uomo e' stato fermato poco dopo in piazza Corvetto.

"Avevo il sospetto che Yamila si prendesse gioco di me, che mi volesse lasciare. Io le avevo anche prestato alcune migliaia di euro per aiutarla a vivere a Genova". Lo ha detto Bruno Calamaro, l'uomo di Prà che stamani in via Biga, a Marassi, ha sparato a una quarantenne cubana, durante l'interrogatorio tenuto dal sostituto procuratore Luca Scorza Azzarà nel comando provinciale dei carabinieri ha ammesso le sue responsabilità. Temendo che la donna potesse avere altre relazioni sentimentali e che potesse lasciarlo, Calamaro questa mattina ha cercato un chiarimento: "Sono andato a prenderla a casa - ha spiegato - per accompagnarla al lavoro. Poi in auto abbiamo litigato e non so cosa mi è successo". Calamaro ha chiesto scusa per il gesto e ha aggiunto: "Non avevo intenzione di uccidere Yamila". L'uomo, incensurato, è stato sottoposto alla prova forense dello stub per avere la certezza che abbia sparato. Il pm gli ha contestato il reato di tentato omicidio e porto abusivo d'arma da fuoco. Resta, invece, ancora al vaglio della Procura l'aggravante della premeditazione. Calamaro è stato rinchiuso nel carcere di Marassi.


fonte: Ansa

Femminicidio a Lodi: italiano uccide ex compagna rumena

Ancora un caso di femminicidio, questa volta a Guardamiglio, nel lodigiano, dove un uomo di nazionalità italiana ha ucciso la sua ex convivente, una rumena. Secondo la prima ricostruzione, l’uomo avrebbe atteso la vittima fuori dalla casa dove questa stava lavorando e l’avrebbe trascinata con la forza in un parco pubblico, dove poi l’avrebbe uccisa con una decina di coltellate, dopo averla portata dietro una siepe, con l’intento di non attirare l’attenzione delle persone presenti nel giardino.

Vani sono stati i tentativi di alcuni passanti di fermare la furia omicida dell’uomo, che però è stato bloccato e poi consegnato ai carabinieri.

A quanto pare, le vessazioni da parte dell’uomo nei confronti dell’ex convivente duravano da oltre un anno, tant’è che l’amministrazione comunale del paese in provincia di Lodi si era prodigata per trovata una soluzione e aveva assegnato alla donna, che viveva col figlio 13enne, un alloggio popolare. Oggi l’esito tragico e sconcertante della vicenda.

Solo a maggio è il settimo caso di femminicidio, dopo le tragiche morti di Ilaria Leone, Alessandra Iacullo e Chiara Di Vita nei primi giorni del mese, il duplice omicidio di Palermo di dieci giorni fa e la morte di Silvana Cassol, la 50enne padovana giustiziata nel sonno dal marito, un agente di Polizia che poi si è tolto la vita, perché non accettava il logorarsi del loro rapporto.


fonte: diretta news

mercoledì 20 febbraio 2013

Botte tra ragazzine sulle Mura di Grosseto i maschi le incitano e mettono i video online

«E la negra ce le busca!». La negra, la «zoccola», è un’adolescente in felpa grigia, fuseaux neri, scarpe da tennis. In mezzo al branco che la assale, sulle Mura di Grosseto, di giorno, nel centro storico, spiccano la sua gamba affusolata che tira un calcio di difesa e i capelli lunghi, facili da tirare. Intorno urlano tutti. Quelli che picchiano e quelli che incitano a picchiare. Ma una voce si distingue: «Levati, devo filmare. Questo va su Youtube».

E infatti il video viene caricato proprio su Youtube il 17 febbraio da un utente - presumibilmente un ragazzo di 15 anni - che posta anche un altro filmato (da ieri sera, 19 febbraio, entrambi sono stati rimossi). Mostrano un assalto di gruppo a una ragazza che viene insultata e presa a schiaffi. Quando, poi, la ragazza riesce a sottrarsi alla furia del gruppo, uno si domanda: «Dov’è la negra?».

Pare dispiaciuto che l’aggressione sia finita. Ma qualcuno, con tono di trionfo già commenta: «La negra se ne va!». Il secondo filmato è meno dettagliato del primo, ma non meno preoccupante. Di nuovo botte, anche se non si capisce bene chi le prenda e chi le dia. Protagoniste della rissa sono sempre ragazze, lo scenario sono ancora le Mura. Anche in questo caso una folla di ragazzi assiste all’assalto, divertita. A quanto risulta, nessuna denuncia è stata presentata. E nessuna indagine, al momento, è in corso.

Fonte e video su il Tirreno

lunedì 28 gennaio 2013

Cittadinanza negata a stranieri down

In Italia abbiamo una legge sulla cittadinanza vecchia e arretrata. Concedere la cittadinanza alle persone che decido di vivere stabilmente nel nostro paese è uno strumento di integrazione e di riconoscimento di diritti umani e civili fondamentali. Attualmente si può richiedere la cittadinanza, oltre che per matrimonio, se si soggiorna legalmente e senza interruzioni in Italia per più di 10 anni o se si nasce in Italia e vi si risiede senza interruzioni fino al compimento del diciottesimo anno d’età.

Una legislazione moderna prevederebbe che tutte le persone nate in Italia possano essere considerate italiane, da subito, e che la cittadinanza possa essere chiesta dopo 5 anni di permanenza sul nostro territorio perchè se pago le tasse, lavoro, vivo in una terra è giusto che io possa, a pieno titolo, agire sulla gestione di quel paese.

Ma oltre a questo la legislazione attuale ha dentro di se una profonda distorsione: per conseguire lo status di cittadino italino bisogna pronunciare un giuramento, ma le persone per le quali viene decretato l’incapacità di intendere e di volere non possono giurare.

E’ il caso di molti disabili psichici e delle persone affette della Sindrome di Down in particolare. Il caso si è appena proposto quando un giovane ragazzo albanese, di diciott’anni, affetto da questa malattia, ha chiesto di diventare cittadino italiano, essendo nato in Italia. Richiesta respinta.

La Ledha sostiene che la questione si possa superare applicando la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, ratificata dal nostro Paese con la legge 18 del 2009, che obbliga gli Stati firmatari a riconoscere alle persone disabili la libertà di movimento, il diritto di scegliere la propria residenza e quello di cambiare cittadinanza. Un motivo in più per cambiare la legge sulla cittadinanza.


mercoledì 12 settembre 2012

Abba dimenticato e sentenza stravolta: tolta l'aggravante di razzismo

Lo scorso 2 Agosto sono state eliminate le aggravanti a carico dei suoi assassini. Incredibili le motivazioni. Abdoul Guibre (detto Abba) è stato ucciso a sprangate il 14 settembre 2008, da due commercianti milanesi. Aveva rubato un pacco di biscotti con due coetanei. Oggi Abba avrebbe 23 anni e allora ne aveva 19. Sul Corriere della Sera (edizione di Milano) leggiamo: In particolare, la prima sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 31454 depositata mercoledì, ha rilevato che i giudici del merito non hanno dato adeguata motivazione circa l’aggravante: «l’indagine omessa in funzione della valutazione della sussistenza o meno del futile motivo – si legge nella sentenza – è proprio quella attinente alla componente psichica soggettiva che indusse i Cristofoli, persone di non elevata cultura, reduci da una pesante notte di lavoro e pronti a continuare la loro attività nel bar, a reagire, seppure del tutto sproporzionatamente sul piano oggettivo, al piccolo furto commesso ai loro danni dai giovani stranieri al culmine di una notte di pellegrinanti evasioni che li rese particolarmente disinibiti e scanzonati al cospetto degli affaticati e suscettibili derubati». Leonardo Sciascia aveva a suo tempo evidenziato la sintassi grottesca del gergo giudiziario.

Nel nostro piccolo vorremmo continuare questo lavoro analizzando alcuni degli elementi più scandalosi di questa sentenza:

- La “componente psichica soggetttiva”: Se non ci sono perizie mediche che attestino l’incapacità di intendere e di volere, questa frase perde ogni significato, ogni contatto con la realtà. Quindi lo stato d’animo può essere una attenuante? Se tua moglie ti tradisce, puoi ubriacarti e poi metterti alla guida, se poi investi e uccidi un giovane di 19 anni, troverai dei giudici che giustificheranno l’omicidio dicendo che la tua “condizione psichica soggettiva” va calcolata come attenuante. O no? -”persone di non elevata cultura”: Qui siamo davvero nell’assurdo: i due assassini (ricordiamo i nomi di chi ha commesso tale delitto: Fausto e Daniele Cristofoli, padre e figlio) sarebbero persone di “cultura non elevata”. Due piccoli imprenditori non analfabeti non possono aspirare a far parte dello stesso terreno culturale di chi le sentenze le scrive. Impossibile non pensare al torturatore che in Germania abusò per settimane della propria compagna, e subì una condanna mite perchè il tribunale gli riconosceva l’attenuante di essere sardo, quindi appartenente ad un popolo violento e possessivo.

I giudici di Milano usano l’espressione di non elevata cultura”, che oltre a perpetuare quel pensiero classista che reputa ignorante chiunque non abbia una laurea, rischia di diventare un pericoloso precedente per la giurisprudenza italiana. Fausto e Daniele Cristofoli erano proprietari di un bar, quindi erano due (piccoli) imprenditori. Per fare tale mestiere bisogna saper leggere, scrivere e far di conto, quindi sicuramente non erano analfabeti. Fausto Cristofoli aveva letto l’Etica Nicomachea di Aristotele? Daniele Cristofoli conosceva il greco antico? Quali sono i requisiti minimi che distinguono una persona di elevata cultura da un’altra “di non elevata cultura”? Una laurea in Giurisprudenza? Una dichiarazione dei redditi superiore ai 70mila euro l’anno? A Flavio Briatore o ad Antonio Cassano verrebbe riconosciuta l’attenuante della “cultura non elevata” se dovessero uccidere a sprangate in testa un diciannovenne? La maggior parte degli assassinii di mafia compiuti in Sicilia negli anni ’60 ’70 ’80 e ’90 del Novecento erano compiuti da analfabeti o semi-analfabeti. Se colleghiamo le due sentenze (quella tedesca sul sardo e questa di Milano) possiamo capire che Falcone e Borsellino sono stati soltanto degli inquisitori sadici, che non hanno saputo riconscere le attenuanti etniche e culturali degli imputati del maxi processo.

Analfabeti, provenienti da culture retrograde dove la morte è onnipresente, i killer di mafia avrebbero dovuto godere di ogni attenuante possibile. Purtroppo Falcone e Borsellino, coi loro duri metodi inquisitori, hanno riportato il Medioevo in Sicilia. D’altronde anche loro erano Siciliani purosangue. Tutto si spiega. - “reagire sproporzionatamente al piccolo furto compiuto da alcuni stranieri”:

Qui il giudice che ha scritto la sentenza o è ignorante o è in malafede: Abdoul Guiebre aveva la cittadinanza italiana, NON ERA STRANIERO. Pur essendo nato in Burkina Faso era italiano. Il giudice dovrebbe saperlo. Non vorremmo pensare male, ma inserire l’espressione “alcuni stranieri” all’interno di una SENTENZA DEL TRIBUNALE sembra davvero una cosa inutile, per non dire razzista: a chi importa la nazionalità di chi compie un “furto”?

Il fatto che fossero “stranieri” (cosa NON VERA) potrebbe valere come attenuante? Implicitamente è questo il messaggio che il giudice fa passare nella sua sentenza. -”piccolo furto commesso ai loro danni dai giovani stranieri al culmine di una notte di pellegrinanti evasioni che li rese particolarmente disinibiti e scanzonati al cospetto degli affaticati e suscettibili derubati”: Immaginiamo che per “pellegrinanti evasioni” si intenda “una serata passata in giro per locali”. Purtroppo noi persone di “non elevata cultura” dobbiamo sforzarci per comprendere il lessico aulico dell’èlite culturale togata. Sempre sforzandoci di comprendere, il fatto che dei teenager fossero usciti a divertirsi mentre Fausto e Daniele Cristofoli lavoravano sembrerebbe rappresentare una attenuante da inserire nel quadro della componente psichica soggettiva di persone di cultura non elevata che subiscono un piccolo furto (del valore di meno di 10 euro, ricordiamolo!) compiuto da stranieri (in realtà Abbdoul Guiebre era cittadino italiano). Insomma, un disastro linguistico e giuridico: ecco cosa rappresenta questa sentenza.

Carlo Trombino su corriereimmigrazione.it

lunedì 25 giugno 2012

Perchè usare definizioni culturali per indicare esperienze negative?

Sabato 16 giugno si è tenuto a Cernusco il mercatino del riciclo organizzato dalla ProLoco che aveva convocato l'iniziativa con queste parle:

"Consumare in modo consapevole", promuovere un nuovo stile di vita e un modello economico dove le persone, il pianeta e il profitto vivono in armonia. Per tutti coloro che vorrebbero vendere o scambiare oggetti di casa che non servono più o più semplicemente oggetti che non ci piacciono più. Ciò che per noi è diventato inutile ad altri potrebbe servire ! Pensaci, ti aspettiamo !
Un'idea rivolta soprattutto ai bambini per insegnare loro il valore delle cose, l'importanza di non cedere al consumismo più sfrenato che pensa solo a buttare quello che non piace più, un'iniziativa ecologia ed educativa, senza alcune pretesa di volere essere fiera o mercato professionale. Ma a qualcuno non è piaciuto. Il consigliere del PDL e costruttore, Giuliano Mossini, ha infatti criticato le bancarelle "disorganizzate" a Cernusco in Folio definendo l'iniziativa un "bazar marocchino". Senza voler entrare nella valutazione estetica dell'iniziativa, mi chiedo cosa abbia spinto il consigliere Mossini a definirlo "bazar marocchino". Facciamo delle ipotesi: - la ProLoco di Cernusco avrà occupato varie vie e larghi del centro città costruendo degli spazi chiusi dedicati al commercio? Visto che questa è la definizione di bazar. Non credo proprio... - forse Mossini, si sarà confuso, e voleva parlare di "suq", che è uno spazio aperto dedicato al commercio. Caratteristica principale del suq è il fatto che i prodotti non hanno un prezzo definito ma il loro valore viene definito dalla contrattazione tra venditore e compratore. Dubito, però, che il consigliere PDL si sia fermato a fare compere per verificare che questa pratica vosse veramente rispettata. - a questo punto cosa avrà fatto pensare al Marocco? forse la presenza di  molte spezie: il rosso della paprika, il beige del cumino, il giallo della curcuma, il verde dei semi di anice… oppure la presenza di tessuti artigianali come la seta sisal o il lino, oppure i ricami delle vesti vendute dai bambini della ProLoco, sicuramente ricche di "ricami blu" e di Rabat, oppure sarà stata la presenza di the alla menta e cuscus o di bstalh,tajine, tanjia o harira.. Sarà, ma a me non sembra d'aver visto nulla di tutto ciò. Il dubbio profondo è che non vi fosse alcun riferimento alla cultura commerciale marocchina ma che si sia voluto utilizzare il termine (improprio) "bazar marocchino" per indicare qualcosa che non piace, identificando il Marocco e le sue forme di vendita, come qualcosa da cui guardarsi con distacco e disprezzo. Allora, consigliere Mossini, critichi pure tutte le iniziative che non le piacciano, ma non usi le altre culture come epiteti dispregiativi.

Fonte: www.robertocodazzi.it

sabato 14 aprile 2012

Pestato professore indiano a Roma

''Brutto straniero tornatene a casa tua'', e giù botte, testate al naso e tanto sangue. E' il racconto di quanto successo ieri su un vagone della metro B a Roma, tra le fermate Termini e Cavour. Vittima un professore indiano di 50 anni che nella capitale insegna Inglese da 11 anni, Nazir Rafiq Ahmad, ora ricoverato nel reparto 'maxillo-facciale' dell'ospedale San Giovanni con le ossa nasali rotte. La polizia, che ha denunciato un giovane di 19 anni. Un caso che ricorda la storia di Neila, la donna tunisina insultata e minacciata in un bar a Monterotondo da un gruppo di giovani che le hanno tirato anche il velo. 


Nazir, nel letto d'ospedale, piange in silenzio e con un filo di voce, a causa delle botte ricevute al torace e al volto, si chiede ''Perche lo ha fatto? Io non lo conoscevo nemmeno, quanta violenza''. E ripercorre, con lo sguardo fisso davanti a lui, quei minuti terribili: ''Mi ero appena seduto, c'erano due posti vuoti. E questo ragazzo ha cominciato a riempirmi di parolacce e a dirmi di spostarmi, di tornare al mio paese. Io non ho risposto nulla e lui ha cominciato a picchiarmi. Poi quella testata che mi ha fatto quasi svenire''.

La camicia 

del professore, quella che tiene in una borsa nella sua stanza in ospedale, è ancora tutta macchiata di sangue: ''Mi sono alzato per scendere dalla metro, a quel punto quel giovane mi ha seguito e ha continuato a picchiarmi. Una donna e poi alcuni ragazzi hanno inveito contro di lui chiedendogli di smetterla. Poi una persona in borghese appartenente alle forze dell'ordine ha mostrato il tesserino e ha intimato al ragazzo di fermarsi''. Nel frattempo, racconta l'uomo, ''il treno è stato fermato e una dottoressa che si trovava nel vagone mi ha prestato i primi soccorsi''.

Nazir dovrà subire un'operazione martedì, come spiega Stefano Vetrano, il medico che l'ha soccorso per primo ieri sera: ''E' stato percosso e ha il naso rotto, oltre a varie contusioni ed escoriazioni''. Nella stanza d'ospedale del professore c'è un suo amico e collega, Pierluigi Gallo, docente di Filosofia, che gli ha portato un cambio visto che gli abiti erano sporchi di sangue: ''Nazir è un uomo mite, non sa darsi pace per ciò che gli è accaduto. E' anche un collaboratore del Cipax, il Centro per il dialogo interreligioso a Roma, ed è un mediatore culturale''.

Solidarietà al professor Nazir Rafiq Ahmad è stata espressa dal sindaco Gianni Alemanno "per la vile aggressione subita e condanno fermamente l'intolleranza dimostrata dal ragazzo che lo ha colpito. Roma è una grande città che ogni giorno di più afferma la sua natura cosmopolita e che promuove il rispetto delle diversità e dell'identità delle persone".


Fonte: Repubblica

Imbarazzantismi – Il razzismo al supermercato


Cernusco. Sto entrando in un supermercato di quartiere, in direzione opposta alla mia un ragazzo magrebino esce con qualcosa in mano passando però dal lato “ingresso”. Una signora davanti a me inizia a urlare: “Cassiera, cassiera, quel negher sta rubando!”. La cassiera alza gli occhi e tranquilla risponde: “Signora, è il ragazzo delle pulizie”.
Mi giro, il ragazzo sta pulendo l’esterno delle porte di ingresso del supermercato.
Quanti pregiudizi nei nostri occhi.