Difficilmente lo storico di domani nell'interrogarsi su quale sia stato il tratto decisivo della storia mondiale a cavallo del secondo e terzo millennio eviterà di porre al centro della riflessione quell'insieme complesso di fenomeni che va sotto il nome generico di globalizzazione.
La compiuta realizzazione del mondo come "villaggio globale" (in cui l'informazione viaggia alla velocità della luce), la facilità degli spostamenti e la relativamente rinnovata dislocazione delle attrattive (risorse, energia, benessere, libertà ecc.) stanno sottoponendo il pianeta a un immenso rimescolamento di popoli, lingue, religioni, atteggiamenti spirituali. Se Internet costituisce l'emblema e lo specchio delle nuove dislocazioni umane, sono però i concreti ambiti territoriali - gli stati, le regioni, le singole comunità - a sopportare il peso di mutamenti e condizionamenti che talora generano sofferenza, senso di snaturamento e di perdita d'identità.
In Europa questo processo si è largamente intrecciato con la fine del comunismo, che ha dato luogo a fenomeni di segno opposto come la riunificazione delle due Germanie e la guerra civile a base etnico-religiosa che ha insanguinato la ex Iugoslavia. Si è trattato di risposte di carattere molto diverso alla dissoluzione del blocco dell'Est, ma che hanno sottolineato entrambe la vitalità della correlazione tra l'idea di Stato e la sua radice etnica (come, del resto, è a...
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giovedì 21 ottobre 2010
La globalizzazione, il razzismo, l'Europa
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