perchè questo blog?

L'Italia è diventata da anni paese di immigrazione ma da qualche tempo si registra un crescere di fenomeni di razzismo. Dopo la morte di Abdul, ucciso a Milano il 14 settembre 2008, ho deciso che oltre al mio blog personale avrei provato a tenere traccia di tutti quei fenomeni di razzismo che appaiono sulla stampa nazionale. Spero che presto questo blog diventi inutile...


venerdì 8 gennaio 2010

Quando lo straniero è cattivo anche se non commette reati

Troppo spesso si ignora, o si dimentica, che xenofobia non è un sinonimo di razzismo o di intolleranza etnica: è, piuttosto, la paura dello straniero. La distinzione è decisiva perché è vero che ogni razzismo si nutre di xenofobia, ma non è affatto automatico o fatale che ogni xenofobia precipiti in razzismo. D’altra parte, la xenofobia è antica come l’uomo e affonda le sue radici in sentimenti e meccanismi ancestrali che rimandano alle dimensioni più profonde e resistenti della psiche. Oggi, nelle moderne società globalizzate, il confine tra razzismo e non razzismo è, a ben vedere, assai netto da decifrare, anche se sdrucciolevole da percorrere. Razzismo è tutto ciò che porta la xenofobia a farsi ostilità, aggressività, discriminazione; non razzismo è tutto ciò che contribuisce, con argomenti razionali, a disinnescare la fobia (diffidenza, sospetto, paura) verso lo straniero. Perché la xenofobia si traduca in razzismo, in una società come quella italiana dove resistono le culture dell’accoglienza (di origine laica o religiosa), è necessario che operino gli «imprenditori politici dell’intolleranza».

Nel nostro paese, quegli imprenditori, si sono manifestati e organizzati più tardi rispetto ad altre nazioni, ma oggi sono particolarmente attivi e aggressivi e soprattutto, caso pressoché unico in Europa, partecipano al Governo del paese. Quegli «imprenditori» raccolgono gli umori più torvi e, insieme, più dolenti (sono gli strati popolari a soffrire maggiormente la convivenza con gli stranieri), li trasferiscono nella sfera pubblica e li utilizzano come risorsa politica di mobilitazione e di conquista e gestione del potere. Per fare questo devono trattare politicamente le paure collettive e le ansie condivise, traducendole in strumento di governo. È, appunto, il governo della paura. Delle paure: quelle vere e quelle false, quelle create artificialmente e quelle incentivate spregiudicatamente. Basti pensare al fatto che la più ansiogena campagna sulla sicurezza è stata attivata nel periodo storico che ha conosciuto, in Italia, la massima riduzione del numero dei reati. In particolare, gli omicidi volontari che nel 1991 erano 1916, scendono a 605 nel 2008 (avete letto bene: 605). Per quanto riguarda gli stranieri, va considerato un dato assai interessante: il tasso di criminalità tra gli immigrati regolari è più basso rispetto al tasso registrato tra gli italiani ed è ancora più ridotto se si confronta la fascia d’età oltre i 45 anni.

Il discorso va rovesciato, evidentemente, a proposito degli immigrati irregolari: qui il tasso di criminalità cresce in misura assai significativa. Se ne dovrebbe dedurre che, tra le cause, abbia un peso significativo la condizione di marginalità sociale in cui quegli stranieri non regolarti si trovano: e ne dovrebbe conseguire la necessità di estendere, attraverso politiche pubbliche intelligenti e razionali, l’area della regolarità. Ma vallo a spiegare a quel genio di Roberto Calderoli.

fonte: Unità

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