perchè questo blog?

L'Italia è diventata da anni paese di immigrazione ma da qualche tempo si registra un crescere di fenomeni di razzismo. Dopo la morte di Abdul, ucciso a Milano il 14 settembre 2008, ho deciso che oltre al mio blog personale avrei provato a tenere traccia di tutti quei fenomeni di razzismo che appaiono sulla stampa nazionale. Spero che presto questo blog diventi inutile...


mercoledì 14 gennaio 2009

Razzismo: quando fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare

Gli autori di questo studio, pubblicato su Science, partono da una constatazione paradossale: nella nostra società il pregiudizio razziale è fortemente condannato, ma atti poco eclatanti di discriminazione avvengono quotidianamente e sotto gli occhi di tutti. Perché?
Dovidio e colleghi della York University di Toronto, della British Columbia e della Yale University suggeriscono che questo sia possibile perchè le persone sbagliano a predire come si sentirebbero e si comporterebbero se fossero testimoni diretti di un abuso di stampo razziale. Come a dire che … si sopravvalutano.
In teoria sarebbero disposte a giurare che si sentirebbero sconvolte da un atto razzista e agirebbero sicuramente con il rifiuto e l’indignazione, ma quando si trovano davvero in una situazione del genere, la reazione osservabile è una sostanziale e desolante indifferenza emotiva.
Attenzione, non si afferma (o almeno non qui) che le persone mentano o si descrivano consapevolmente come migliori di quello che sono per apparire più desiderabili socialmente. Si suggerisce che esse sbaglino cognitivamente, e direi in buona fede, nell’ anticipare quali sarebbero la propria reazione e il proprio comportamento concreti.
L’esperimento ha coinvolto 120 volontari non di colore. Metà di essi sono stati scelti per sperimentare una situazione di testimonianza diretta. lntercettati mentre aspettavano di svolgere quello che credevano essere il vero esperimento, hanno assistito a una scenetta organizzata ad arte dai ricercatori: una persona di colore (ritenuta semplicemente un altro volontario), va a sbattere contro un bianco e, quando l'altro esce dalla stanza, questi reagisce in tre modi diversi: non dice nulla, dà dell’imbranato allo spintonatore oppure dice una cosa tipo “odio i negri quando fanno così”.
I partecipanti dell’altra metà del gruppo hanno invece letto o guardato un video della scena e hanno dovuto specificare quale sarebbe stata la propria reazione se fossero stati lì.
A tutti è stato anche chiesto con quale degli altri partecipanti avrebbero desiderato lavorare per il successivo (inesistente) esperimento.
I risultati hanno dimostrato che chi non era stato fisicamente presente alla scena aveva maggiori probabilità di affermare che si sarebbe agitato moltissimo di fronte al brutto commento razzista e che si sarebbe rifiutato assolutamente di lavorare con il razzista.
Invece nel gruppo di coloro che avevano effettivamente assistito alla scena è stato possibile osservare un minor grado di attivazione emotiva negativa di fronte all'evento e il 63% di probabilità in più che i partecipanti scegliessero di lavorare proprio con il "carnefice".
I ricercatori spiegano questi comportamenti in termini di costi: i testimoni oculari sono meno propensi a pagare il costo psicologico di confrontarsi a muso duro col razzista o, almeno, meno propensi di quanto immaginino quando sono “al sicuro” davanti a una videocassetta….
Per risolvere la dissonanza cognitiva “se la racconterebbero” con pensieri quali “sta scherzando” o “è un commento innocuo”.

Purtroppo non ho potuto visionare il paper originale, che credo pieno di molte altre interessanti constatazioni e riflessioni. Se qualcuno riesce a procurarselo, me lo invii grazie!

fonte: PsicoCafè

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