Entrano con il visto per lavoro stagionale, dopo aver pagato 6mila euro all’intermediario marocchino che vive in Puglia. Nelle mani hanno il contratto d’assunzione spedito dal datore di lavoro di Ruvo, di Bitonto, di Canosa. Contratto con tanto di nulla osta rilasciato dallo «Sportello unico» provinciale per l’immigrazione attivo nella prefettura di Bari. Una volta in Puglia, l’assunzione svanisce, l’alloggio pure, perché il datore di lavoro si dichiara indisponibile all’assunzione e il marocchino amico fa minacce pesanti se non vanno via e infastidiscono l’imprenditore. E per loro, tutti marocchini, si apre il baratro della clandestinità. Con la prospettiva, quasi certa, di tornare in patria dopo essere passati dalle sbarre dell’ex Cpt, ora Centro di identificazione e espulsione.
De Leonardis e Jarjawi hanno tra le mani il caso di nove marocchini. Chiariscono: «Questa situazione, ormai già ripetuta per tre aziende agricole, una di Canosa, una di Bitonto e una di Ruvo, ci lascia presupporre l’esistenza di un giro non legale tra aziende e nuovi caporali extracomunitari, che utilizzando impropriamente una legge sul lavoro stagionale, lucrano sul bisogno del lavoro di questi soggetti deboli, che una volta arrivati in Italia, non solo non vengono avviati al lavoro, ma vengono cacciati nella clandestinità, a causa anche di una recente interpretazione ministeriale restrittiva di diniego della concessione di permessi di soggiorno per attesa occupazione».
fonte: Gazzetta del Mezzogiorno
lunedì 20 ottobre 2008
In Puglia marocchini «schiavi»
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