perchè questo blog?

L'Italia è diventata da anni paese di immigrazione ma da qualche tempo si registra un crescere di fenomeni di razzismo. Dopo la morte di Abdul, ucciso a Milano il 14 settembre 2008, ho deciso che oltre al mio blog personale avrei provato a tenere traccia di tutti quei fenomeni di razzismo che appaiono sulla stampa nazionale. Spero che presto questo blog diventi inutile...


sabato 31 gennaio 2009

Civitavecchia, poliziotto spara al vicino di casa senegalese: fermato per omicidio

E' stato fermato con l'accusa di omicidio Paolo Morra, 50 anni, ispettore di polizia e responsabile dell'ufficio immigrazione, che nella mattinata di sabato ha esploso due colpi di fucile contro il suo vicino di casa senegalese Chehari Behari Diouf, 42 anni, uccidendolo. L'ispettore era da due mesi in permesso per malattia. Dopo l'omicidio, decine di senegalesi si sono raccolti davanti alla sede del commissariato, bloccando viale della Vittoria con due cassonetti, al grido di «Vogliamo giustizia, vogliamo sapere. Chiamate la magistratura».

Il fatto è accaduto intorno alle 9 di sabato in via Sposito, nel quartiere di Campo dell'Oro, dove abitavano sia la vittima che l'assassino, in un complesso di case unifamiliari con giardini adiacenti. «Non voleva vederci in giardino. Ci diceva che non dovevamo stare lì», ha raccontato Dagne Mori, un cugino che viveva con la vittima. Ecco il suo racconto: «Diouf, mio cugino, era fuori in giardino stava preparando le sue cose per andare a lavorare al mercato dove ha un bancone. Ho sentito due spari. Sono uscito e l'ho visto a terra e il poliziotto con il fucile di colore grigio imbracciato che sparava. Diouf ci ha detto di rientrare in casa. Ci siamo vestiti. E' stato il poliziotto a chiamare il 113 e a chiedere i soccorsi. Dopo dieci minuti è arrivata la polizia. Hanno soccorso Diouf che era a terra sanguinante, hanno tentato di bloccare l'emorragia con una cinta. Poi è arrivata l'ambulanza e lo hanno portato via. Noi siamo stati portati prima in commissariato e poi in procura. Non abbiamo sentito alcun litigio, l'agente è entrato nel giardino di casa e ha fatto fuoco. L'ho visto con i miei occhi».

fonte: Il Corriere della Sera

Se è la discriminazione a essere finanziata

Leggo da Repubblica: «Il Comune di Brescia ritira la delibera – che il giudice nei giorni scorsi ha bollato come discriminatoria – con cui aveva disposto un bonus bebè da mille euro per le famiglie di ogni bambino nato nel 2008, purché bresciano o figlio di almeno un genitore italiano. Nel provvedimento, la giunta spiega che “l’estensione del beneficio a tutti gli stranieri risulterebbe in contrasto con la finalità prioritaria di sostegno alla natalità delle famiglie di cittadinanza italiana che si prefiggeva questa amministrazione”». Per cui, se non si può fare per i soli bresciani, non si fa per nessuno. E quindi si afferma in modo ancor più chiaro che a essere finanziata era soprattutto la differenza tra chi è italiano e chi non lo è. La motivazione degli amministratori bresciani è che con i mille euro gli italiani si metterebbero a procreare, mentre gli stranieri già lo fanno. Cose dell'altro mondo. La Costituzione si è fermata a Brescia.

fonte: Ciwati

giovedì 29 gennaio 2009

Guidonia, bomba carta contro un negozio romeno

Bomba carta contro una macelleria gestita da un cittadino romeno a Villalba di Guidonia (Roma). L'esplosione ha divelto la serranda del negozio, in via Toscani, e ha mandato in frantumi l'intera vetrina. L'attentato incendiario è avvenuto poco prima della mezzanotte.

fonte: il Corriere della Sera

mercoledì 28 gennaio 2009

UN RAPPORTO SU RAZZISMO, DISCRIMINAZIONE E MEZZI D'INFORMAZIONE

“Di fronte al moltiplicarsi di atti di discriminazione e violenza nei confronti dei cittadini stranieri, abbiamo sentito la necessità di ascoltare e far ascoltare la voce dei cittadini stranieri, e proprio le loro testimonianze ci hanno permesso di capire quale sia la reale incidenza di questi episodi”; nasce da qui l’idea dell’inchiesta promossa dalle associazioni Naga e Cospe per monitorare il modo in cui i mezzi d’informazione hanno affrontato la questione, secondo Pietro Massarotto, presidente del Naga, che ha presentato oggi a Milano il rapporto intitolato “Razzismi quotidiani”. In un mese, dal 24 ottobre al 24 novembre 2008, sono stati intervistati 580 cittadini stranieri ed esaminati gli articoli pubblicati sui principali mezzi d’informazione nazionali e locali allo scopo di mettere a confronto l’informazione con l’esperienza quotidiana dei cittadini stranieri, confronto che ha evidenziato il verificarsi diffuso di atti di violenza e discriminazione a danno di questi ultimi. “Facevo la badante, quando non c’è stato più bisogno di me mi sono incontrata con la figlia della signora per fare il trattamento di fine rapporto. Mi ha chiesto di firmare dei fogli… io le ho chiesto se potevo prima leggerli, lei si è arrabbiata e mi ha mandato via senza pagarmi”: è la testimonianza di una donna salvadoregna, ma numerosi sono i racconti di episodi di questo genere. Ad almeno una persona su cinque è capitato di essere trattata male dalle forze dell’ordine, a una su cinque di dormire per strada, a tre su 10 di essere offese sui mezzi pubblici e di essere guardate male per strada, ad altrettante di non essere pagate per un lavoro e a più della metà del campione di perdere all’improvviso il lavoro. Per il 65% degli intervistati, la vita in Italia è cambiata negli ultimi tempi e, per la grande maggioranza, in modo negativo. Secondo il rapporto “Razzismi quotidiani”, spesso gli immigrati non sono neanche rappresentati come persone, ma sono piuttosto ridotti a una nazionalità, come se si trattasse di un gruppo omogeneo: “Non si riesce – ha detto Massarotto – a considerarli persone, con speranze, paure, aspettative e vite ciascuna differente dall’altra”.

fonte: Misna

martedì 27 gennaio 2009

Tunisino ucciso a coltellate in centro

Milano, piazza della Repubblica, un tunisino di 28 anni è stato trovato agonizzante lunedì sera in piazza della Repubblica, nel centro di Milano, probabilmente colpito al cuore con una o più coltellate ed è morto durante il trasporto in ospedale. Era riverso in terra quando è stato notato da una pattuglia mista di carabinieri e soldati che perlustrava la zona.

fonte: Corriere della Sera

Vorrei un kebab. Vada a Teheran.

Vorrei un kebab. Vada a Teheran, disse il sindaco di Lucca.
Vorrei una pizza. Vada a Napoli, disse il sindaco di New York.
Vorrei un risotto. Vada a Milano, disse il sindaco di Parigi.
Vorrei un sushi. Vada a Tokio, disse il sindaco di Berlino.
Vorrei una Paella. Vada a Madrid disse il sindaco di Roma.

Insomma siamo al delirio. A Lucca solo cibi italiani recita un’ordinanza del sindaco. Cibi italiani da consumare al chiuso in ambienti in tutto e per tutto rispettosi della tipicità architettonica, strutturale, culturale, storica e di arredo del luogo.
C’è da chiedersi se mai un architetto, che so io pisano, possa avere la titolarità a certificare la tipicità architettonica dell’ambiente.
C’è da chiedersi se io che mi voglio fare un piatto di farro devo compilare un modulo per chiedere il permesso al sindaco di Lucca e pagare un bollo in fiorini.

fonte: Martameo

lunedì 26 gennaio 2009

Razzisteria: destra fascista in Italia e nella "rossa" Toscana



Il video è stato girato nelle scorse settimane e mostra una Toscana inedita, con slogan fascisti, libri, svastiche e cimeli, come il cappellino "Boia chi molla" o spille che richiamano la doppia esse nazista. Un video girato e promosso con l'intento di far conoscere una realtà troppo spesso sottovalutata e tollerata, con un appello alle forze democratiche perché vengano fatte rispettare la Costituzione e le leggi italiane che vietano la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista, l'apologia del fascismo e le manifestazioni fasciste.

Il video è stato pensato dagli autori come un piccolo contributo per la Giornata della memoria affinché il pensiero di tutti non si rivolga solo a quanto il nazifascismo ha prodotto nei decenni in cui è stato al potere, ma venga tenuta viva la consapevolezza del perdurare di quell'ideologia, soprattutto nelle fasce giovanili, anche in Toscana.

fonte: Femminismo a sud

domenica 25 gennaio 2009

Raid razzista a Guidonia

Due ragazzi sono stati arrestati e una ventina identificati dal commissariato di Tivoli per un'aggressione a sfondo razzista avvenuta sabato sera contro cinque albanesi in un bar a Guidonia, il paese alle porte di Roma dove nella notte tra giovedì e venerdì una ragazza è stata violentata e il fidanzato picchiato. Il gruppo di circa venti giovani stava partecipando alla fiaccolata organizzata da Forza Nuova proprio per protestare contro il nuovo episodio di violenza. Gli investigatori stanno verificando se i due arrestati appartengano o meno al gruppo di destra.

RAID NEL BAR A GUIDONIA - Intorno alle 21, nella borgata Collefiorito, si è scatenata una rissa in un bar di piazza Carlo Alberto Dalla Chiesa: molte le persone coinvolte. Secondo la ricostruzione della Digos tre o quattro ragazzi italiani si sono presentati all’ingresso del bar dove si trovava un cittadino albanese che è stato prima aggredito verbalmente con frasi razziste, quindi minacciato da due per farsi consegnare il cellulare, infine percosso ripetutamente. Nel locale c'erano altri quattro albanesi, parenti dell'aggredito, che sentendo le urla dell'uomo sono intervenuti facendo fuggire gli aggressori. Questi ultimi, con i telefonini, hanno contattato gli amici e poco dopo un folto gruppo di ragazzi ha fatto irruzione nel locale, danneggiando porte e rompendo vetri e provocando lievi lesioni agli albanesi. Venti ragazzi italiani sono stati fermati sul posto mentre quattro albanesi hanno dovuto fare ricorso alle cure mediche per le percosse, riportando lesioni guaribili in dieci giorni.

fonte: Corriere della Sera

sabato 24 gennaio 2009

L’altra Italia, l’Italia razzista.

Perché il razzismo nel sesto paese piú industrializzato del mondo?

Il razzismo non nasce per caso, perché le persone sono cattive. E il razzismo non è nemmeno un fenomeno economico, una guerra fra poveri. Il razzismo è un bacillo ideologico scientificamente inoculato nelle vene della societá civile con calcolo e maestria da esperti dei rapporti sociali. Quella del razzismo è un’arma della politica che in piena consapevolezza sceglie giornalisti, politici, uomini di spettacolo da inserire nel programma di disinformazione che alimenta il malumore e il risentimento sciovinista verso le classi sociali piú deboli, i diversi, gli stranieri.

In qualche modo è il corollario di una strategia piú ampia che prova a smontare mattone per mattone l’edificio della parte politica avversaria. Non c’è bisogno di inventare teorie complottiste extra-terrestri, stiamo parlando dell’Italia, patria della “Propaganda due” (P 2) e della sua lunga marcia verso le istituzioni. Stiamo parlando del giornalismo dei circoli di Marcello Dell’Utri, ai quali parteciparono a vario titolo Vittorio Feltri, Renato Farina, l’On. Franco Frattini, Roberto Fiore (FN) e molti altri. Qual è la strategia? Intanto smontare i miti della parte avversaria. La resistenza? Un misto di pulizia etnica e lotta fratricida. Che Guevara? Un assassino che apre le porte dei campi di concentramento per «dissidenti, omosessuali, vittime dell’Aids” (Alessandro Gnocchi su Libero del 31 maggio 2007). Con il particolare che il Che è stato assassinato il 9 ottobre 1967 e la data ufficiale che segna l’inizio dell’epidemia dell’AIDS è il 5 giugno, 1981. Non fa niente, i lettori di Libero non guardano tanto per il sottile e Alessandro Gnocchi è stimato giornalista e autore di parecchi libri. La repubblica e la bandiera? Ci pensa Bossi che mostra il dito medio e ci dice che a casa sua risparmia sulla carta igienica. La magistratura? È rossa. La cultura e l’informazione? Egemonizzate dalle sinistre. A controbilanciare la figura abietta e spregevole dell’avversario, ecco inventata di sana pianta la figura del paladino, difensore dei valori della fede e della morale alla Borghezio, ma, quando l’avversario si occupa di immigrati con o senza passaporto, si inventano neologismi come “buonismo”, “catto-comunista”, ad intendere un atteggiamento pietistico fuori dalla realtá e contrario ad ogni pragmatismo. Invece, i disperati che sfidano la fortuna sulle carrette del mare, bisognerebbe “ributtarli in mare” (Irene Pivetti sul Corriere della Sera, 24 ore prima che la nave da guerra Sibilla coli a picco la Kater I Rados condannando a morte 108 persone). Abbiamo ancora dei dubbi? Ci pensa il capo ad affermare che “L’Occidente deve avere la consapevolezza della superiorità della sua civiltà, una civiltà che ha garantito benessere largo ai popoli e garantito il rispetto dei diritti umani, di quelli religiosi e il rispetto dei diritti politici che non c’è nei paesi islamici” (Berlusconi a Berlino il 26 settembre 2001). Berlusconi è un esperto e ha costruito un impero vendendo pubblicitá, consapevole del fatto che, se ripetuta molte volte, anche una bugia diventa realtá. Gli iniziatori di questo processo hanno lavorato a lungo e lavorano ancora con gli esperti del marketing, poiché anche nella politica non conta piú COSA vogliamo vendere, ma COME lo vendiamo. I mezzi di informazione si occupano sempre piú di veline e calciatori, il turpiloquio diventa lingua ufficiale dei media, la miseria dei reality diventa cultura. Si cerca di fare il vuoto culturale e delle coscienze, senza una coscienza si è disposti a commettere qualsiasi idiozia e l’istanza morale rimane “voce di uno che grida nel deserto”. Abbagliati da lati A e lati B, un’intera generazione è pronta a vendere l’anima in cambio della possibilitá di vivere per un momento solo nell’Olimpo di semi-dei e di ninfe che affollano schermi e copertine. La tragica realtá è che non di divinitá e di ninfe si tratta, bensí di sirene che attirano col loro canto melodioso la barca della nostra consapevolezza a naufragare sugli scogli della bestialità. Per questo siamo confrontati coi titoli della cronaca che puntualmente scrivono di “Marocchino ucciso a pugni e a calci”, “Lavanderia cingalese incendiata”, “Svastiche sui negozi musulmani” accanto a quelli di “Tassa di immigrazione”, “Niente cure mediche a clandestini”, “Schedatura dei bambini Rom”. La classe politica che si lascia ritrarre su molli divani di pelle circondata da cortigiane raffinatissime dá il tono e una schiera di citrulli, abbagliati dall’illusione di fare in qualche modo parte dell’Olimpo che viene loro rappresentato, corre a testa bassa a compiere gesti che sono eroici solo nella loro mente ormai contaminata. Per questo in uno dei paesi piú industrializzati del mondo dobbiamo essere indicati a modello negativo dalla commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI) e, nei giorni scorsi, dalla commissione Libertà pubblica del Parlamento europeo.

Il noto proverbio popolare vuole che “il pesce puzzi dalla testa”.

E se la testa è quella dei Maroni, La Russa, Bossi, Calderoli …

Fonte: Il Derviscio

lunedì 19 gennaio 2009

Marocchino ucciso a pugni e calci, tre arresti. «Storia sconvolgente»

«Una vicenda sconvolgente». Per il procuratore aggiunto di Brescia, Fabio Salamone, non ci sono altre definizioni per definire l' omicidio di Mohamed Chamrani, il marocchino di 34 anni, ucciso a pugni e calci il 19 ottobre scorso e il cui corpo venne trovato cinque giorni dopo a Desenzano nelle acque del lago di Garda. Per questo delitto sono state arrestate tre persone: due italiani e un albanese, uno di loro, Stefano Rizzi, ha 20 anni mentre gli altri due erano addirittura minorenni all'epoca dei fatti.

Uno degli arrestati ha riferito ai carabinieri che il pestaggio di Chamrani sarebbe avvenuto in seguito a tentativi di abusi sessuali nei suoi confronti da parte del marocchino. I tentativi, sempre secondo quanto dichiarato ai carabinieri, risalirebbero ad alcuni anni fa, ma di questa vicenda non si parla nelle intercettazioni ambientali utilizzate nelle indagini. Vi sono invece termini come «Marocco» e «muso nero» nelle conversazioni tra uno dei tre e il proprio padre, a cui aveva rivelato quanto accaduto. Secondo quanto è stato spiegato nella conferenza stampa, il genitore gli avrebbe detto però di non riferire nulla alle forze dell'ordine. Agli arresti si è arrivati grazie anche alle dichiarazioni di alcuni ragazzi che avrebbero notato l' aggressione e sentito il tonfo del corpo dell'immigrato mentre finiva nel lago di Garda.

Raccapricciante la ricostruzione della morte dell'uomo che, mentre cercava di risalire dalle gelide acque del lago, sarebbe stato preso a calci e pugni. Importante per l'arresto dei tre giovani, accusati di omicidio pluriaggravato, il fatto che nelle ore successive al delitto siano stati fermati per un controllo dalla polizia stradale. Questo dato ha consentito di considerarli tra le persone che si trovavano nella zona quando l'immigrato è stato ucciso.

fonte: Il Corriere

domenica 18 gennaio 2009

Lavanderia cingalese incendiata a Como

Ora che altre notizie hanno preso la prima pagina torno sull’attenato razzista che ha distrutto la lavanderia (non ancora aperta) di una famglia cingalese. Ci torno perchè è sintomatico del clima che si vive oggi in Italia. L’odio razziale è sempre più diffuso ed anche qui nella tranquilla Como cominciamo ad averne le avvisaglie. C’è da preoccuparsi? Si, assolutamente si. Non tanto per l’attentato in sè stesso ma per il clima d’odio che ormai serpeggia da nord a sud nel nostro Paese.

Più o meno un anno e mezzo fa nella sostanziale indifferenza della società civile lombarda un assessore regionale leghista disse che gli omosessuali andavano messi alla garrota; a parte i diretti interessati quasi nessuno protestò. La storia però come si sa si ripete ed ecco che pochi giorni or sono un consigliere regionale anch’esso leghista, Stefano Galli, si dichiara contrario all’esclusione dell’omosessualità dalle malattie mentali. Fra i due episodi però c’è una piccola differenza, all’epoca del primo episodio al governo c’era Prodi e l’assessore si scusò, oggi al governo ci sono Berlusconi e la Lega e a quanto mi risulta Stefano Galli non si è ancora scusato.

fonte: Como

Svastiche e la scritta "Vai Via" su negozi musulmani alla Barca

Non li vogliono. E che sono "ospiti sgraditi", che devono andarsene dall´Italia, sono andati a scriverlo sulle serrande dei loro negozi. Nei giorni delle polemiche per la preghiera islamica davanti a San Petronio, e mentre il centrodestra esulta per decisione della Questura di vietare il centro storico alla preghiera ad Allah e alla manifestazione del 24 gennaio per la pace a Gaza, una mano di vernice armata dall´intolleranza e dal razzismo colpisce due negozi gestiti da egiziani al quartiere Barca: croci celtiche, svastiche e le scritte «Vai via» sono state tracciate tre notti fa con la vernice azzurra sulle saracinesche di una macelleria islamica in via Tommaseo e di un bar in via Baldini, sotto il portico del "Treno". Un gesto di intolleranza che il procuratore reggente, Silverio Piro, certamente non sottovaluta. «Sono molto preoccupato per questa insofferenza».

Non sono poche le botteghe gestite da immigrati in questo spicchio di città, quartierone popolare dove quarant´anni fa approdava chi veniva a cercar lavoro dal meridione. Ma chi ha tracciato svastiche e scritte minacciose ha voluto colpire proprio quelle gestite da islamici, per giunta aperte di recente: la macelleria è stata inaugurata sei mesi fa, il bar ha cambiato gestione il 24 dicembre. Un segnale. Un avvertimento. I titolari hanno subito chiamato la polizia. E la Digos ha consegnato un´informativa alla Procura: il fascicolo che ipotizza il deturpamento con l´aggravante delle finalità di discriminazione o odio etnico, razziale o religioso è stato affidato al pm Valter Giovannini, del pool antiterrorismo. Scritte razziste, insomma. E i negozianti temono per la loro sicurezza. Dice Attia, titolare della macelleria, dove campeggiano i quadretti dorati che raffigurano la Mecca coi versetti del Corano: «Certo che ho paura. Adesso mi hanno fatto questo, ma temo che qualcuno di notte possa venire a bruciarmi il negozio e possa fare del male ai miei quattro figli. Mai successo niente del genere: sono in Italia da 17 anni e nessuno mi ha mai fatto sentire "straniero".

fonte: La Repubblica

venerdì 16 gennaio 2009

Senzatetto morto a Milano per il freddo

Ancora una volta questo gelido inverno colpisce chi non ha un posto dove passare la notte. Ieri intorno alle 23.30, è stato trovato il cadavere di un uomo senza fissa dimora in Via Scarampo. L’uomo era senegalese, di circa 35 anni. Un passante ha chiamato il 118 ma non c’è stato nulla da fare.

Vorrei ricordare, forse non tutti lo sanno, che i senza fissa dimora che non hanno il permesso di soggiorno, non hanno nemmeno diritto ad accedere ai dormitori pubblici. Proprio questa mattina mi era capitato tra le mani un giornale che riportava la morte di un homeless senza permesso (quindi senza la possibilità di andare al dormitorio), deceduto a dicembre in Piazza Caneva.

fonte: 02 blog

mercoledì 14 gennaio 2009

Portogruaro. Insulti razzisti allo stadio: «Offesa perchè nera, non perdono»

«Come sto? Male. E questa volta non c’entra la delusione per la sconfitta». È ferito Francis Ibekwe. Perché in quanto accaduto domenica pomeriggio a Portogruaro non c’è la benché minima traccia di ragionevolezza, né alcun legame sportivo. Per tutta la sua permanenza in campo nel derby del Mecchia il ventiquattrenne nigeriano è stato fischiato da quelli che lo scorso anno erano stati i suoi “tifosi”, ai quali aveva regalato due gol tornati comunque utili nell’economia della storica promozione del PortoSummaga in Prima Divisione. Insulti e ululati che l’attaccante di Lagos, suo malgrado, non ha ricevuto per la prima volta.

«I fischi non li ho neanche sentiti, chi si è sgolato per via della mia pelle o perché ero un ex poco amato, lo ha fatto per niente – ironizza “Ibe” – Quello che è stato vergognoso e che non posso accettare è che in tribuna sia stata aggredita la mia ragazza, non solo verbalmente con frasi che di certo non potreste scrivere sui giornali, ma anche fisicamente con accerchiamenti e spinte».

Ancora scossa per quanto accaduto ventiquattro ore prima, Sandra Ibekwe ha comunque ricostruito i fatti. «Al termine del primo tempo mentre tanta gente scendeva al bar io sono rimasta seduta al mio posto quando un signore che avrebbe potuto essere mio padre – è il particolare riferito dalla ventottenne nigeriana – si è avvicinato a me appoggiando il suo piede sulla mia gamba. Io d’istinto ho allontanato la scarpa dai miei pantaloni e subito sono stata spinta e offesa. Altre parolacce mi sono giunte da altri adulti che, nemmeno me ne ero accorta, erano al mio fianco e alle mie spalle. In pratica ero circondata da perfetti sconosciuti che mi diceva che non avevo diritto di toccarli perché sono “negra”».
«Una coppia di amici con i quali avevo seguito la partita hanno provato a prendere le mie difese dicendo che la smettessero – prosegue – ma non c’è stato verso. Ormai ero in lacrime, nessuno intorno ha mosso un dito. All’inizio del secondo tempo avrei voluto spostarmi, ma la tribuna era stracolma, quindi sono rimasta lì e per tutto il tempo anche altra gente ne ha dette di tutti i colori a me e a Francis invitandoci a tornarcene a casa nostra, in Africa. Non so perché ce l’abbiano con lui, ma in ogni caso io cosa c’entro? Ho resistito in silenzio sino a fine gara, non ho replicato a nessuno perché i miei genitori mi hanno educato che non si alza mai la voce in casa altrui».

La giovane da sette anni è compagna di Ibekwe, con il quale tra qualche tempo vorrebbe pure sposarsi. La coppia vive a San Donà di Piave. «Stiamo bene, ci siamo integrati e abbiamo tanti amici a Mestre come a Portogruaro. Però appena arrivata allo stadio alcune amiche mi avevano messo in guardia che qualcosa sarebbe successo a me e a Ibe».

«Questa storia non finisce qui – conclude la punta del Venezia – non appena individueremo questi soggetti sporgeremo subito denuncia per andare in fondo a questa brutta storia».

Ben diversa è la versione della società portogruarese che, fatte le opportune verifiche presso numerosi spettatori presenti domenica alla partita nello stesso settore, ha emesso un comunicato stampa col quale si precisa che non esiste alcun episodio di stampo razzista da condannare, visto che tutto può essere ricondotto ad un semplice battibecco tra un paio di tifosi e la signora Ibekwe, escludendo ingiurie razziste d’alcun genere.

Una dura condanna agli episodi di violenza e razzismo che si sono verificati sugli spalti dello stadio Pier Giovanni Mecchia è stata espressa anche dal sindaco di Portogruaro, Antonio Bertoncello, presente in tribuna, che ha pure espresso la propria solidarietà a Francis Ibekwe e a sua moglie.

fonte: Il Gazzettino

Razzismo: quando fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare

Gli autori di questo studio, pubblicato su Science, partono da una constatazione paradossale: nella nostra società il pregiudizio razziale è fortemente condannato, ma atti poco eclatanti di discriminazione avvengono quotidianamente e sotto gli occhi di tutti. Perché?
Dovidio e colleghi della York University di Toronto, della British Columbia e della Yale University suggeriscono che questo sia possibile perchè le persone sbagliano a predire come si sentirebbero e si comporterebbero se fossero testimoni diretti di un abuso di stampo razziale. Come a dire che … si sopravvalutano.
In teoria sarebbero disposte a giurare che si sentirebbero sconvolte da un atto razzista e agirebbero sicuramente con il rifiuto e l’indignazione, ma quando si trovano davvero in una situazione del genere, la reazione osservabile è una sostanziale e desolante indifferenza emotiva.
Attenzione, non si afferma (o almeno non qui) che le persone mentano o si descrivano consapevolmente come migliori di quello che sono per apparire più desiderabili socialmente. Si suggerisce che esse sbaglino cognitivamente, e direi in buona fede, nell’ anticipare quali sarebbero la propria reazione e il proprio comportamento concreti.
L’esperimento ha coinvolto 120 volontari non di colore. Metà di essi sono stati scelti per sperimentare una situazione di testimonianza diretta. lntercettati mentre aspettavano di svolgere quello che credevano essere il vero esperimento, hanno assistito a una scenetta organizzata ad arte dai ricercatori: una persona di colore (ritenuta semplicemente un altro volontario), va a sbattere contro un bianco e, quando l'altro esce dalla stanza, questi reagisce in tre modi diversi: non dice nulla, dà dell’imbranato allo spintonatore oppure dice una cosa tipo “odio i negri quando fanno così”.
I partecipanti dell’altra metà del gruppo hanno invece letto o guardato un video della scena e hanno dovuto specificare quale sarebbe stata la propria reazione se fossero stati lì.
A tutti è stato anche chiesto con quale degli altri partecipanti avrebbero desiderato lavorare per il successivo (inesistente) esperimento.
I risultati hanno dimostrato che chi non era stato fisicamente presente alla scena aveva maggiori probabilità di affermare che si sarebbe agitato moltissimo di fronte al brutto commento razzista e che si sarebbe rifiutato assolutamente di lavorare con il razzista.
Invece nel gruppo di coloro che avevano effettivamente assistito alla scena è stato possibile osservare un minor grado di attivazione emotiva negativa di fronte all'evento e il 63% di probabilità in più che i partecipanti scegliessero di lavorare proprio con il "carnefice".
I ricercatori spiegano questi comportamenti in termini di costi: i testimoni oculari sono meno propensi a pagare il costo psicologico di confrontarsi a muso duro col razzista o, almeno, meno propensi di quanto immaginino quando sono “al sicuro” davanti a una videocassetta….
Per risolvere la dissonanza cognitiva “se la racconterebbero” con pensieri quali “sta scherzando” o “è un commento innocuo”.

Purtroppo non ho potuto visionare il paper originale, che credo pieno di molte altre interessanti constatazioni e riflessioni. Se qualcuno riesce a procurarselo, me lo invii grazie!

fonte: PsicoCafè

Razzisti all’italiana

Un’aggressione dopo l’altra. Il 2008 ci ha lasciato in eredità una spirale di violenza di matrice razzista, impossibile da ignorare. La diffusa convinzione che in Italia, al contrario di quanto avviene in altri Paesi, come Germania, Francia o Inghilterra, non esista un problema razzismo, non rispecchia la realtà. Nel maggio scorso Amnesty International ha pubblicato un rapporto relativo alla situazione politica e sociale in Italia. L'organizzazione internazionale per la salvaguardia dei diritti umani, facendo riferimento al tragico omicidio di Giovanna Reggiani, uccisa nell’ottobre del 2007 per mano di un giovane rumeno, ha criticato l’atteggiamento dei mezzi di informazione italiani. L’omicidio Reggiani è stato presentato, come ha evidenziato Daniela Carboni, direttrice dell'ufficio campagne e ricerca, "non come l'ennesima violenza contro una donna, ma come il sintomo inequivocabile di una tendenza alla violenza e all'illegalità di gruppi di persone e di minoranze, in base alla nazionalità, all'appartenenza etnica, al luogo in cui dimorano". Nella relazione di Amnesty International si parla esplicitamente di xenofobia e intolleranza.
Gli italiani, dunque, sono diventati razzisti?

Il razzismo è, secondo la definizione che ne ha dato Albert Memmì, uno dei maggiori studiosi di questi fenomeni, “la valorizzazione, generalizzata e definitiva, di differenze, reali ed immaginarie, a vantaggio dell'accusatore ed ai danni della vittima, al fine di giustificare un'aggressione ed un privilegio". La tendenza ad estendere le colpe dei singoli individui ad interi gruppi etnici e il razzismo come valorizzazione negativa della differenza, sono ormai una triste realtà nel nostro Paese. Nell' ultimo decennio, in Italia, si è verificato un costante aumento del clima di intolleranza e discriminazione verso gli stranieri. Eppure gli italiani rifiutano l’infamante etichetta di razzisti. E’ stupefacente constatare come gli abitanti del Belpaese riescano ad assolvere sé stessi, negando l’evidenza. Una crescente ondata di razzisti inconsapevoli, sta invadendo la nostra società.

In Italia non esiste il problema del razzismo. Abdul Salam Guibre aveva 19 anni. E’ morto sotto i colpi di Fausto e Daniele Cristofoli, padre e figlio, proprietari del bar “Shining”. Lo hanno inseguito e coperto di ingiurie, offese e insulti razzisti. Lo hanno massacrato armati di spranghe e bastoni con rabbia e violenza inaudita. Abba aveva rubato una scatola di biscotti. Ma non è il caso di allarmarsi. Gli italiani non sono razzisti, perché un saggio e dotto pm ha escluso la matrice xenofoba dell’omicidio e ci ha spiegato che un epiteto volto a denigrare un essere umano per il colore della pelle non è un insulto razzista, ma soltanto “una generica espressione di antipatia”. L’onore della patria è salvo.

Gli italiani sono immuni dal germe del razzismo. Bonsu Emmanuel Foster è stato insultato e pestato dalla polizia municipale di Parma nel corso di una retata antidroga; la pelle nera del giovane ghanese è stata sufficiente per indurre i vigili a pensare che Emmanuel fosse uno spacciatore. Pugni, manganellate, insulti, e poi quel verbale indegno di un Paese civile. Non se ne è più parlato. Un “incidente” già dimenticato. Possiamo tranquillamente quietare le nostre coscienze, anche in questo caso, non si può parlare di razzismo.

Gli italiani non sono razzisti. Una cittadina italiana di origine somala è stata fermata all’aeroporto di Ciampino, umiliata, insultata, fatta spogliare nuda e denunciata per resistenza a pubblico ufficiale per aver rifiutato di subire un’ispezione rettale e vaginale senza la presenza di un medico in grado di eseguirla. In seguito alla decisione della donna di denunciare l’accaduto, la polizia ha risposto con una denuncia per calunnia, forte anche dell’appoggio del ministero dell’Interno che ha pensato bene di costituirsi come parte civile al processo.

Il razzismo, però, non c’entra, perché quella donna era una pericolosa trafficante di droga? Oppure no? L’elenco di episodi sulla falsariga di quelli appena ricordati, è interminabile e si arricchisce ogni giorno di più. Umiliazioni, sopraffazioni ed ingiustizie ai danni di cittadini stranieri non fanno quasi più notizia. E perché dovrebbero? Se Walter Veltroni dichiara che "prima dell'ingresso della Romania nell'Ue, Roma era la metropoli più sicura del mondo", e il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, definisce Barack Obama “abbronzato”, per quale motivo dovremmo stupirci dei piccoli razzismi di ogni giorno dell’italiano medio? L’Italia del nuovo millennio non ha saputo affrontare la sfida di una società multietnica e sente quindi bisogno di legittimare l’odio, l’intolleranza e la paura demonizzando la vittima del proprio pregiudizio. E grazie ai media, che alimentano lo stereotipo dello straniero diverso e pericoloso, i bravi e spesso indifferenti cittadini italiani, possono continuare a credere che i colpevoli siano sempre e solo gli altri.

Le galere piene di clandestini, diventano l’egida dietro cui gli “italiani brava gente” possono nascondere la propria colpa e non la prova che l’Italia non è in grado di garantire, o quantomeno favorire, una piena integrazione a quanti arrivano nel nostro Paese. “Loro” mettono a repentaglio “la sicurezza delle nostre famiglie”. “Loro”, i romeni, gli africani e gli albanesi, rubano, uccidono e stuprano. “Loro” sono sporchi, brutti e cattivi. “Io non sono razzista, ma…”, lo dicono in tanti; “io non sono razzista, ma”, è la giustificazione alla discriminazione, al fanatismo, al pregiudizio, all’odio verso il diverso. La domanda era: gli italiani sono diventati razzisti? La risposta, purtroppo, è sì. Nonostante i distinguo, i ma e i però, oggi la società italiana non può non dirsi razzista.

fonte: Ghigliottina

domenica 11 gennaio 2009

Tassa di 200 euro per il permesso di soggiorno

"Volevamo fargli lo sconto": così il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha commentato l'emendamento al decreto anti crisi della Lega per istituire una tassa di 50 euro sulla richiesta dei permessi di soggiorno che è stato bocciato ieri dal governo. Intervenendo al congresso provinciale del Carroccio a Varese, Maroni ha infatti letto parola per parola il comma del disegno di legge sulla sicurezza che prevede una tassa di 200 euro sulla richiesta di rilascio del rinnovo del permesso di soggiorno.

"Questo è un emendamento che la maggioranza ha scritto, sostenuto e votato nel disegno di legge sulla sicurezza che va in Aula martedì al Senato" ha detto il ministro. "Sono francamente un po' sorpreso delle polemiche. La Lega ha solo cercato di anticiparlo nel decreto legge e mi aspetto che il Senato confermi una decisione che tutta la maggioranza ha condiviso". "Volevamo fargli lo sconto" ha concluso fra gli applausi. "Hanno bocciato i 50 euro? Torneremo ai 200".

fonte: La Repubblica

venerdì 9 gennaio 2009

Tassa di 50 euro sul permesso di soggiorno

Una tassa di 50 euro per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno e una fideiussione obbligatoria da 10mila euro per gli stranieri che aprono una partita iva.

A proporle, con due emendamenti al decreto anticrisi in discussione alla Camera, è la Lega Nord, che ha incassato i pareri positivi dei relatori e del governo.

"Sono norme razziste, discriminatorie e prive di buon senso, che fanno pagare agli immigrati la crisi e che avranno l'effetto di alimentare la clandestinità e l'insicurezza. Il risultato è che avremo un paese più povero e meno civile" attacca la capogruppo del Pd nella commissione Affari sociali della Camera, Livia Turco.

fonte: Stranieri in Italia

An ripropone un limite al numero di bimbi stranieri

«Tetto di stranieri negli asili nido». Il capogruppo di Alleanza Nazionale, Marco Butti torna alla carica sulla rivisitazione del regolamento comunale riguardo proprio ai nidi. Tetto degli stranieri e revisione delle tariffe.
Su entrambe le questioni la discussione si era arenata la scorsa primavera con alcuni dissidi all’interno della stessa maggioranza, in particolare dentro Forza Italia. Ora Butti, con una lettera a nome di tutto il gruppo di An al sindaco Stefano Bruni, all’assessore all’Istruzione, Anna Veronelli e al presidente del consiglio, Mario Pastore, chiede che la discussione possa riprendere prima all’interno della maggioranza e in seguito in consiglio comunale. La speranza del capogruppo è infatti che anche la minoranza possa appoggiare l’idea del tetto.
«Il tempo si è rivelato galantuomo - scrive Butti - dal momento che, soprattutto per quanto riguarda la presenza di alunni stranieri, l’amministrazione provinciale di Bolzano, con l’assessore all’Istruzione di centrosinistra, ha deliberato che dal prossimo anno scolastico entrerà in vigore il tetto del 30% di stranieri nelle scuole di ogni ordine e grado».
An al momento chiede questo tetto soltanto per la prima infanzia, dato che il regolamento in discussione riguarda unicamente i nidi, ma la proposta potrebbe essere allargata anche alle elementari.

fonte: Il Corriere di Como

Padriciano, rivolta contro i nomadi

A Padriciano tira una brutta aria. Musi lunghi, incredulità, tristezza, in qualche caso rabbia. La gente, del campo di transito per nomadi, qui non vuole nemmeno sentir parlare. «Non si farà. Daremo battaglia».
E non è una questione di «casta». Qui non si parla di ricchi o poveri; di «padricianesi» doc e residenti di nuova generazione coi villoni. Non si parla nemmeno di italiani o minoranza slovena. Quello che sta montando è un malumore generalizzato, che unisce in toto gli abitanti di questo borgo carsico che conta circa 900 anime. Malumore pronto a scoppiare in raccolte di firme e riunioni fiume a difesa del territorio, dei confini, dell’identità.
La giunta Dipiazza ha votato all’unanimità una delibera che apre l’iter per realizzare la struttura per i nomadi a circa 300 metri di distanza dal centro della frazione carsica, in un terreno adiacente all’ingresso del Parco Globojner. E a pochi passi da quel gioiello internazionale che è l’Area di ricerca. E la gente non ci sta.
Il più arrabbiato è Drago Gregori. Lui che, a lato dell’unica piazzetta di Padriciano, vicino all’unico bar e all’unica tabaccheria, indica una vecchia pietra-monumento su cui campeggia la scritta: «1585-1985. Padrice». E sbotta: «Qui gli zingari non devono stare, qui non devono venire. Questo splendido paese ha quattro secoli di vita e non lasceremo che venga rovinato. Ci riuniremo nelle sale del nostro Consorzio boschivo, raccoglieremo firme, alzeremo la voce se necessario. Il Comune non può metterci i piedi in testa. Siamo stufi: abbiamo ospitato diversi campi profughi per decenni e siamo circondati da caserme abbandonate lasciate a marcire. Ci hanno preso per la discarica della città? Io non ho niente di personale contro i nomadi - spiega Dario Gregori - ma qui non c’è posto per loro.

fonte: Il Piccolo

giovedì 8 gennaio 2009

«Niente cure mediche ai clandestini in Friuli»

«I clandestini, in teoria non esistono: però ci sono». La sintesi è di Danilo Narduzzi, capogruppo della Lega nel consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia. In effetti, i sindacati calcolano che in Friuli gli immigrati irregolari siano circa 20 mila, che tra loro ci siano 11 mila badanti, e che molti altri siano transfrontalieri che vorrebbero regolarizzare (diritti ma anche doveri) la loro posizione.

Insomma, gli irregolari ci sono e le conseguenze sono varie. In materia sanitaria, per esempio: il clandestino se sta male va dal medico, spesso al pronto soccorso, e chiede di essere curato. In questo non si distingue da chi ha il permesso di soggiorno o da un italiano. Ma a quel punto il dottore cosa deve fare? L'azienda per i Servizi Sanitari numero 6, quella di Pordenone, ha invitato con una lettera tutte le strutture pubbliche della Regione a continuare nei programmi di assistenza e cura degli immigrati irregolari avviati dalla giunta di centrosinistra che ha governato il Friuli fino alle scorse elezioni. E infatti: «Bisogna curare e garantire assistenza a tutti, senza distinzione» afferma Luigi Conte, presidente dell'Ordine dei medici di Udine. Lui considera intollerabile la posizione della Lega, che vuole limitare le cure per i clandestini agli interventi urgenti e non differibili, e vorrebbe anche che i pazienti senza permesso di soggiorno fossero segnalati alle autorità. «Il medico non è un delatore» tuona Conte, preoccupato dal pericolo «per gli individui e la collettività» che verrebbe dalla nascita di una «clandestinità sanitaria», o una «sanità parallela» priva di controllo. «Uno dei rischi — spiega — è che aumenti la diffusione di patologie».

La Lega ribatte a muso duro: «Questo è terrorismo mediatico. Epidemie non ce ne sono mai state, al limite il pericolo è quello di attentati» dice Narduzzi. Che poi presenta in questi termini la questione-sanità: «Grazie a progetti della precedente amministrazione di centrosinistra, i clandestini in Friuli godono di assistenza gratuita per prestazioni di ogni tipo, persino la pulizia dei denti... Certo, la Bossi-Fini prevede che chiunque abbia bisogno di cure urgenti debba essere assistito, anche se è irregolare. Noi, però, crediamo che le terapie non urgenti vadano sospese, perché i clandestini sono da espellere». Non tutti, nella maggioranza di centrodestra che governa la Regione, la pensano così. Sia l'assessore alla Sanità Vladimir Kosic, un tecnico, sia il vicepresidente della commissione sanità in consiglio Massimo Blasoni, del Pdl, sono convinti che per questioni di civiltà e tutela della salute tutti vadano curati. «Proporremo una mozione per definire linee di politica sanitaria che seguano i principi del centrodestra — attacca la Lega —. Non solo: chi è curato e non ha il permesso di soggiorno deve essere segnalato».

È la stessa querelle che si scatenò a livello nazionale in autunno, dopo la presentazione del pacchetto sicurezza. Un emendamento prevedeva che i dottori denunciassero eventuali pazienti-irregolari. Anche in quel caso i medici si opposero. L'emendamento, per ora, è stato ritirato. Narduzzi spera che venga riproposto in Consiglio dei ministri. Nell'attesa, in Friuli la Lega ha tentato una fuga in avanti. Tanto che l'Udc, che qui è nella coalizione di governo, chiede una verifica: «Qualunque essere umano va assistito — dice il segretario regionale, Angelo Compagnon —. Poi, in seconda battuta, bisognerà segnalare il fatto alle autorità. In ogni caso di tutto ciò non c'è traccia nel programma, la maggioranza dovrebbe sedersi attorno a un tavolo e discuterne». E ancora non basta: da due giorni la Cgil chiede le dimissioni del presidente del consiglio regionale, il leghista Edouard Ballaman, famoso per aver diffuso in Italia il film contro l'Islam radicale di Theo Van Gogh. È accusato di aver tradito «lo spirito super partes del suo ruolo» schierandosi a favore della Lega sulle cure agli irregolari. Il Pd considera la sua uscita «censurabile e inaccettabile». L'Udc sottolinea che «i compiti istituzionali non hanno colore politico». E tutto questo, in fondo, perché è solo nelle teorie che i clandestini non esistono.

fonte: Corriere della Sera

Dietro front della LEGA

lunedì 5 gennaio 2009

I CLOCHARD OGNI NOTTE DORMONO AL FREDDO E ALL'ADDIACCIO E I POTENTI PENSANO ALL'EXPO

A Milano, mentre il cardinale Tettamanzi stanzia un milione per i senza lavoro ed i bisogni dei cittadini più poveri, 800 clochard vivono all'addiaccio. Un numero rilevante di persone di diverse nazionalità: italiani, marocchini, tunisini, ucraini, romeni, africani. Sono uomini e donne. Molti sono alcolizzati, altri hanno problemi psichici, altri sono senza fissa dimora, e altri non hanno un lavoro. Dormono sotto la Stazione Centrale, negli androni dei palazzi in Corso Vittorio Emanuele avvolti nei cartoni o nelle coperte, e altri sulle grate della metropolitana dove c'è più calore. Generalmente sono clandestini che non trovano posto nei dormitori pubblici dove sono ricoverate già 2.500 persone per notte, oppure si rifiutano di andarci per i motivi più disparati. Si tratta di un'emergenza vera e propria se consideriamo che di notte la temperatura scende sotto lo zero. E fino all'Epifania le previsioni a Milano sono drammatiche. La responsabile del piano anti freddo , l'assessore del Comune di Milano all'assistenza Mariolina Moioli (coordinatrice della Lista Moratti) è convinta che bastino 5 unità mobili in una città che ospita 1.600.000 abitanti. No, cara Moioli. Il tuo assessorato gestisce il 40% del bilancio comunale e anziché regalare stipendi favolosi a manager, a spin doctor e ai futuri consiglieri dell'Expo 2015 spa, è necessario fare di più per gli ultimi, i disperati, e coloro che non contano nulla. Essi sono stati privati della loro dignità personale e ora vivono ai margini della società ricca e opulenta, della società che vuole fare l'esposizione dell'Expo nel 2015 ma si dimentica dei suoi 800 barboni. La città della moda, la città del terziario avanzato, della Borsa, dei quotidiani più importanti del Paese, delle Banche e delle Assicurazioni che pensa al profitto, e non già alla solidarietà. Non basta dire che i clochard non vogliono andare a dormire nei dormitori pubblici, non basta regalare qualche coperta. Qui manca una strategia, manca un piano d'azione, manca un progetto per questi poveri cristi. Questi uomini e queste donne rischiano la morte ogni notte e voi avete il coraggio di parlare di piano antifreddo. Ma almeno sapete cosa significa dormire con pochi abiti e una coperta? Sapete cosa vuol dire desiderare la morte piuttosto che vivere in condizioni disumane? Allora avete l'obbligo morale di aprire la metropolitana di notte, di reclutare vigili urbani per garantire sicurezza nel corso della notte come fanno a New York. Signora Moioli vada negli Usa se vuole capire cos'è un piano anti freddo. Scambi le sue scarse e modeste esperienze in una metropoli come Milano con quelle di altre metropoli e vedrà che l'apertura della metropolitana per una o due settimane è un fatto del tutto normale, lecito e consentito. Ma a Milano si scelgono 5 unità mobili, due volontari e due vigili per unità che invece dovrebbero essere 20 come le vecchie zone della città attualmente diventate nove. Con 20 unità si può monitorare il territorio milanese di 182 Kmq, ma con 5 non fa nulla. E i cittadini più emarginati rischiano la pelle. I soldi ci sono. Attingete dal bilancio per l'assistenza e garantite il soddisfacimento dei bisogni per queste persone. Il compito della politica è quello di interpretare i bisogni della gente e dare ad essi una risposta concreta ed efficace. Stasera e stanotte le previsioni metereologiche prevedono per Milano la neve e il peggioramento delle condizioni del tempo non aiuta. Dov'è finita Milano col cuore in mano? No. Sono cambiati i tempi. C'è molto egoismo, molto individualismo, indifferenza tra i cittadini e anche nelle Istituzioni. Non esiste una cultura della solidarietà. C'è la corsa al denaro, al potere, e alla carriera. Rimpiangiamo tutti il cardinale Carlo Maria Martini che con la sua Lettera Pastorale "Farsi prossimo" (1985) ci aveva indicato le linee di attuazione di codesta cultura. E ancora: la cultura dell'accoglienza verso gli stranieri non c'è e non viene attuata. Ci sono molto razzismo , xenofobia e un sacco di pregiudizi verso gli stranieri eccetto quando qualcuno fa business su di loro. La Sindachessa Letizia Moratti è in vacanza e ha dato la delega all'assessore Mariolina Moioli e ci auguriamo vivamente che si tenga in contatto con la sua subordinata per informarsi costantemente della situazione di questi 800 clochard e dia disposizione di aprire la metropolitana di notte. A Milano esistono purtroppo ancora situazioni di autentica povertà fisica e psicologica: gruppi di persone o singoli individui conducono una vita non certamente adeguata alla loro dignità umana; soffrono atrocemente la solitudine, l'abbandono, l'emarginazione, la discriminazione. Si assiste al fenomeno dell'emergenza dei nuovi poveri: i disabili fisici e psichici, per i quali le moderne leggi hanno sì approntato provvedimenti adatti alle loro menomazioni, ma che hanno urgente bisogno dell'affetto e della disponibilità di tutti, di una vera conversione di mentalità nei loro confronti; gruppi di giovani - e il fenomeno è ormai salito a preoccupanti livelli di guardia - i quali, disillusi, cercano nella droga l'appagamento dei loro sogni spezzati; gli anziani, molti dei quali vivono in situazioni veramente drammatiche. È qui, nel mondo di tanti e tanti nostri fratelli bisognosi del nostro aiuto, del nostro affetto, delle nostre cure, che si inserisce l'opera permanente, indispensabile, continua, metodica della "Caritas", la quale deve anzitutto formare le coscienze dei fedeli all'imprescindibile esigenza dell'apertura, della disponibilità, della dedizione verso gli altri, con la convinzione che ogni contributo che si da alla comunità ecclesiale nella sua capacità di donarsi, costituisce un aiuto per la sua crescita nella maturità cristiana e per la incisività della sua testimonianza nel mondo. Giovanni Paolo II diceva: "Quando una società, lasciandosi guidare unicamente dai criteri del consumismo e dall'efficienza, divide gli uomini in attivi ed inattivi, e considera i secondi come cittadini di seconda categoria, abbandonandoli alla loro solitudine, non si può chiamare veramente civile. Quando una famiglia non vuole in casa le persone del proprio sangue, della prima e della terza età, i bambini e gli anziani, e gli uni e gli altri trascura in qualche modo o forma, non merita certo il titolo di comunità di amore." L'uomo è la base di ogni cosa. Esso deve essere rispettato nella sua personale e trascendente dignità. La sua dimensione sociale deve essere rispettata: la personalità umana e cristiana non può realizzare se stessa, in effetti, se non nella misura in cui l'egoismo esclusivista viene respinto, poiché la sua chiamata è insieme personale e sociale. I valori umani, i valori morali sono alla base di tutto. La legge non può prescinderne, né nei suoi obiettivi, né nei suoi mezzi. Per queste ragioni ci auguriamo che la persona venga messo alla centro dell'attività politica della Giunta Moratti. Non è tempo di sprechi e di regalie. E' tempo invece di sobrietà e di austerità e di aiuto per coloro che sono in difficoltà come gli 800 clochard milanesi.

fonte: IMG Press

Quale sicurezza?

SICUREZZA. Altro tema centrale fra le GRANDI PROMESSE della campagna elettorale. Dalla “paura tenebrosa che avvolgeva l’Italia prodiana” all’isola della felicità dell’Italia berlusconiana. Basta leggere i titoli dei giornali e di tutti i Tg. E’ un ventaglio di macerie. Dalla riscoperta della CORRUZIONE amministrativa, mai sopita nel Bel paese. alla farsa mediatica montata occhiutamente per mettere alla gogna il Pd, nonostante il Pdl abbia un Silvì-Babà a Palazzo Chigi con suoi bei 40 ladroni. Tutti inquisiti, imputati o condannati ma tutti premiati e assisi in Parlamento. TRUFFE di ogni tipo, perfino quelle alimentari per avvelenare le feste e i festeggianti, stanno dilagando in tutta Italia. Come dilagano le MORTI BIANCHE sul lavoro, dette così per non essere mai state comprese neppure fra le “nere” e mai hanno quindi avuto voce né eco nell'informazione. Ininterrotte anche le STRAGI del sabato sera e le CAVALLERIE RUSTICANE giovanili a suon di coltelli. Decuplicato nelle discoteche, nelle palestre e nelle scuole, in primis quelle dell’obbligo, il consumo di COCAINA. Raddoppiati gli arrivi di CLANDESTINI e con essi il razzismo verso di loro e verso tutti i deboli e gli “invisibili”. In questo fine anno a marchio berlusconiano, non c’è da registrare niente di concreto ed effettivo finora costruito da questo governo per l'Italia e per gli italiani. C'è stato un grande aumento della MISERIA, la persecuzione di Immigrati e Rom e di poveri CLOCHARD, sgraditi anche alle amministrazioni comunali e per questo finiti bruciati vivi o lasciati morire sulle panchine sfilando loro persino le coperte e i cartoni. Non dimenticando infine l’aumento esponenziale di PIRATI della strada e di quello non meno orribile dell’AMORE CRIMINALE contro le donne che non vogliono più accettare soprusi, botte e mancanza di rispetto.

fonte: Articolo 21

Risposta ad una lettera

Lettera

Risposta

Le migrazioni, nell’epoca contemporanea, costituiscono una delle questioni centrali e, per le proporzioni che stanno assumendo, uno dei fenomeni più urgenti e gravi dei Paesi dell’Occidente. L’attuale andamento della globalizzazione, come ormai si constata, è fattore di ulteriore disuguaglianza tra Paesi ricchi e Paesi poveri. Interi gruppi umani fuggono dalle zone di guerra e di miseria, e si spostano forzatamente verso il Nord del mondo, alla ricerca di condizioni di vita sostenibili.

Le migrazioni, anche in Italia, sono entrate ormai nella seconda fase, che non riguarda soltanto persone singole, ma anche gruppi e aggregazioni. I problemi non ammettono soluzioni semplicistiche, che tanto più attraggono quanto più sono demagogiche e velleitarie. Una giusta e solidale convivenza rende necessaria una legislazione che riconosca diritti e doveri sia dei migranti sia dei cittadini delle nazioni che li accolgono. La sicurezza è da garantire, ma non deve diventare un pretesto per non fare nient’altro e per non distinguere tra l’irregolare e il delinquente.

Nel nuovo e irreversibile contesto pluriculturale e plurirazziale, fino a che punto ci si può spingere nell’accettazione delle tradizioni di vita di chi arriva da altre tradizioni? Come dev’essere la società perché sia a servizio delle persone e dei diversi gruppi umani che la compongono? La risposta, a breve e a lungo termine, va trovata nella costruzione di una società che non si limiti a tollerare (e sarebbe già tanto!), ma si impegni a includere le differenze nel riconoscimento e valorizzazione delle rispettive identità di chi ospita e di chi è ospitato.

La Chiesa cattolica è stata ed è presente al migrante con il suo ricco insegnamento, con le varie istituzioni: la fondazione Migrantes, la Caritas a livello internazionale, nazionale, diocesano, parrocchiale; ha avviato cattedre universitarie e, tra queste, la Scalabrini International Migration Institute.

Rispetto a un passato anche recente, il migrante non è considerato dalla Chiesa semplicemente come il povero e il bisognoso e, quindi, in termini di assistenza e beneficenza, ma come soggetto di diritti e portatore di valori. Non è visto unicamente come prestatore di lavoro, ma come soggetto di una libera storia. C’è da domandarsi, però, fino a che punto il qualificato insegnamento della Chiesa ha raggiunto le coscienze dei fedeli, modificandone il pensiero e il comportamento nel privato e nel pubblico, e ha condizionato la politica del nostro Paese.

La Chiesa pratica una pastorale per i migranti (singoli e associati) che comporta importanti scelte politiche. Le comunità ecclesiali svolgono una funzione di facilitazione dell’insediamento nel territorio: sul piano culturale, contrastando gli atteggiamenti xenofobi; sul piano politico, favorendo politiche di inclusione e integrazione; sul piano sociale, offrendo servizi alle persone, in particolare agli strati più deboli, compresi gli immigrati irregolari.

La missione di annunciare e praticare l’ospitalità verso lo straniero è una caratteristica della cattolicità (universalità) della Chiesa, che è segno e strumento dell’unità della famiglia umana.

fonte: Famiglia Cristiana

Rom: chi ruba per davvero (la vita e i diritti)

La Dichiarazione universale dei Diritti Umani afferma che è lecito ribellarsi all'oppressione e alla persecuzione, quando la vita e la dignità di se stessi e dei propri cari è messa in pericolo, quando manca il rispetto dei diritti fondamentali di una persona o di un popolo. Alcuni giorni fa conversavo con un agente di forza pubblica, il quale mi diceva: «Sinceramente, non so come facciano i Rom a sopravvivere, specie adesso che fa freddo. Qui in Italia si sta esagerando con il razzismo e non vedo come possano andare avanti a lungo senza rubare». La risposta è una sola: non possono. Tutti noi che ci occupiamo dei diritti del popolo Rom perseguitato, assistiamo impotenti a una lotta per la sopravvivenza che non ha più leggi, perché di fame, di freddo, di abbandono istituzionale si muore. Impotenti, perché la maggior parte di noi, dopo avere effettuato interventi umanitari di ogni genere, sopperendo alla latitanza dei servizi sociali e delle associazioni governative o comunque finanziate con denaro pubblico, abbiamo esaurito - o siamo in procinto di esaurire, nel migliore dei casi - ogni risorsa economica personale.

Sì, i Rom, adesso, ridotti in condizioni inumane da Istituzioni e autorità, rubano. Rubano, chiedono l'elemosina in maniera "molesta" e partecipano tutti alla questua, anche i bambini, perché i bambini Rom, discriminati e annientati come i loro genitori, sono pienamente partecipi alla tragedia del loro popolo. I Rom stanno annegando nel mare oleoso dell'indifferenza, travolti dalla tempesta dell'odio. Rubano per consentire ai loro malati, ai loro bambini, ai loro cari che tremano di freddo e guardano il mondo materialista con occhi ormai senza speranza di continuare a respirare. Rubano e se noi "attivisti" siamo ancora esseri umani, se crediamo gloriosa l'azione di salvare vite umane innocenti, dovremmo continuare a restare vicini a loro ed essere pronti, a nostra volta, a rubare, a praticare un'elemosina molesta, a ribellarci senza temere per il nostro futuro a tutto questo orrore, a questo razzismo che uccide come i gas di Auschwitz. A Roma le forze dell'ordine hanno controllato ieri decine di Rom in ogni angolo della città, allertati da cittadini che denunciavano furti e tentati furti. Tre giovani "zingare" sono state arrestate. Sotto le loro gonne, violate da mani di sgherri, vestiti e copertine, per sopravvivere qualche altro giorno al freddo artico. Se questo è rubare, chi - fra le persone che non hanno perso la via dei Diritti Umani - vuole essere "guardia" e chi "ladro"?

fonte: Movimento RadicalSocialista

Rom: chi ruba per davvero (la vita e i diritti)

La Dichiarazione universale dei Diritti Umani afferma che è lecito ribellarsi all'oppressione e alla persecuzione, quando la vita e la dignità di se stessi e dei propri cari è messa in pericolo, quando manca il rispetto dei diritti fondamentali di una persona o di un popolo. Alcuni giorni fa conversavo con un agente di forza pubblica, il quale mi diceva: «Sinceramente, non so come facciano i Rom a sopravvivere, specie adesso che fa freddo. Qui in Italia si sta esagerando con il razzismo e non vedo come possano andare avanti a lungo senza rubare». La risposta è una sola: non possono. Tutti noi che ci occupiamo dei diritti del popolo Rom perseguitato, assistiamo impotenti a una lotta per la sopravvivenza che non ha più leggi, perché di fame, di freddo, di abbandono istituzionale si muore. Impotenti, perché la maggior parte di noi, dopo avere effettuato interventi umanitari di ogni genere, sopperendo alla latitanza dei servizi sociali e delle associazioni governative o comunque finanziate con denaro pubblico, abbiamo esaurito - o siamo in procinto di esaurire, nel migliore dei casi - ogni risorsa economica personale.

Sì, i Rom, adesso, ridotti in condizioni inumane da Istituzioni e autorità, rubano. Rubano, chiedono l'elemosina in maniera "molesta" e partecipano tutti alla questua, anche i bambini, perché i bambini Rom, discriminati e annientati come i loro genitori, sono pienamente partecipi alla tragedia del loro popolo. I Rom stanno annegando nel mare oleoso dell'indifferenza, travolti dalla tempesta dell'odio. Rubano per consentire ai loro malati, ai loro bambini, ai loro cari che tremano di freddo e guardano il mondo materialista con occhi ormai senza speranza di continuare a respirare. Rubano e se noi "attivisti" siamo ancora esseri umani, se crediamo gloriosa l'azione di salvare vite umane innocenti, dovremmo continuare a restare vicini a loro ed essere pronti, a nostra volta, a rubare, a praticare un'elemosina molesta, a ribellarci senza temere per il nostro futuro a tutto questo orrore, a questo razzismo che uccide come i gas di Auschwitz. A Roma le forze dell'ordine hanno controllato ieri decine di Rom in ogni angolo della città, allertati da cittadini che denunciavano furti e tentati furti. Tre giovani "zingare" sono state arrestate. Sotto le loro gonne, violate da mani di sgherri, vestiti e copertine, per sopravvivere qualche altro giorno al freddo artico. Se questo è rubare, chi - fra le persone che non hanno perso la via dei Diritti Umani - vuole essere "guardia" e chi "ladro"?

fonte: Movimento RadicalSocialista