perchè questo blog?

L'Italia è diventata da anni paese di immigrazione ma da qualche tempo si registra un crescere di fenomeni di razzismo. Dopo la morte di Abdul, ucciso a Milano il 14 settembre 2008, ho deciso che oltre al mio blog personale avrei provato a tenere traccia di tutti quei fenomeni di razzismo che appaiono sulla stampa nazionale. Spero che presto questo blog diventi inutile...


venerdì 20 settembre 2013

Urlano "sporco negro" e gli spezzano il braccio Padre e figlio rischiano 18 anni

Milano, 20 settembre 2013 - Hanno rotto un braccio ad un giovane senegalese, dopo averlo insultato con epiteti razzisti, come "sporco negro", in seguito ad una banale lite tra automobilisti. Ora, padre e figlio, rispettivamente di 44 e di 22 anni, sono imputati con le accuse di lesioni gravissime con l’aggravante dell’odio razziale davanti al gip di Milano, Enrico Manzi. I fatti risalgono al 24 giugno 2012, ma la vicenda è emersa solo oggi dopo la richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm Alessandro Gobbis. Siamo alla periferia sud del capoluogo lombardo vicino a dove la vittima, 36 anni, vive insieme alla, fidanzata.

La discussione nasce da un diverbio su chi ha la precedenza. Padre e figlio aggrediscono il conducente dell’auto che, a loro dire, è in torto. Durante il "confronto" non vengono risparmiati al giovane senegalese insulti a sfondo razziale ai quali tenta di ribattere sul piano verbale. I suoi interlocutori però passano alle vie di fatto, lo colpiscono e gli fratturano un braccio causandogli quella che, nel capo di imputazione, viene definita una "malattia insanabile". In sostanza, nonostante l’operazione a cui è stato sottoposto non potra’ piu’ recuperare completamente la mobilità dell’arto. I due imputati rischiano fino a 18 anni di carcere. L’udienza preliminare e’ fissata per il 22 novembre.

fonte: il Giorno

lunedì 26 agosto 2013

Violenza sulle donne, picchia e segrega la convivente romena

Un cinquantenne di Gela (Caltanissetta), Giuseppe Capizzello, e' stato arrestato dalla polizia con l'accusa di aver picchiato, violentato e segregato la sua convivente, una romena di 31 anni. La donna, giunta a Gela due anni fa, dopo la morte dell'anziana di cui era badante, si era trasferita nell'abitazione di Capizzello in via Giuffre', assieme alle figlie di 4 e 12 anni. Piu' volte, il compagno 'avrebbe picchiato con calci e pugni sia lei sia le ragazzine, e avrebbe costretto la romena a rapporti sessuali. Lei avrebbe subito tutto in silenzio, pur digarantire un tetto alle sue bambine.

La vicenda e' stata scoperta per caso quando il mese scorso agenti della polizia che si erano recati in casa di Capizzello avevano notato ematomi sulle braccia della romena e le avevano chiesto la cusa. La donna a quel punto aveva parlato delle violenze infertele dal convivente. I lividi erano stati provocati da utensili lanciati da Capizzello contro la romena, che la polizia aveva subito fatto trasferire con le sue figlie in una casa famiglia. Capizzello avrebbe poi continuato a perseguitarla con telefonate e minacce di morte, rivolte anche alla madre della donna, che vive in Romania, e alle sue amiche. L'uomo dovra' ora rispondere di maltrattamenti, lesioni e violenza sessuale.


martedì 23 luglio 2013

Cittadinanza italiana negata ad un figlio di italiano

PORDENONE. Mohamed non sa nulla. Dall’alto del suo anno e mezzo di vita, di queste beghe burocratiche francamente non sa che farsene. In realtà, anche se non lo sa ancora, lui è cittadino italiano. Non lo sa, o non lo vuole sapere, neanche l’anagrafe del Comune di Pordenone, che infatti ha spedito al suo papà una lettera di “preavviso di rigetto”, ovvero un documento in cui spiegano che la domanda di iscrizione di Mohamed all’anagrafe della popolazione residente di questa città non potrà avvenire perché lui, il piccino, entrato in Italia con passaporto nigerino benchè figlio di un cittadino italiano, o si dota di permesso di soggiorno o... nulla.

La vicenda è intricatissima solo in apparenza. Il papà di Mohamed, benchè originario del Niger, è italiano dal 2008. Intendendo con ciò che ha ottenuto la cittadinanza italiana ben 5 anni fa. Ora quest’uomo ha avuto, con una donna diversa dalla moglie, al di fuori del matrimonio, un altro figlio, il piccolo Mohamed, che peraltro ha riconosciuto.

Mohamed è nato in Niger e risulta figlio di suo padre anche per il test del Dna a cui ha dovuto essere sottoposto per ottenere un documento con cui lasciare il Paese natale. Il papà aveva tentato di far arrivare in Italia il bambino con un passaporto italiano, ma dopo peripezie varie durate mesi e viaggi estenuanti (dal villaggio alla sede consolare occorrono due giorni per andare e due per tornare), aveva rinunciato.

Seguendo un consiglio delle stesse autorità consolari, l’uomo decide quindi di chiamare qui il bambino e la madre con i documenti nigerini, ovvero il passaporto di quel Paese. Una volta giunto a Pordenone, il piccolo Mohamed che oltre al passaporto nigerino ha con sè anche l’estratto dell’atto di nascita, regolarmente tradotto e legalizzato dall’ambasciata italiana in Costa d’Avorio, nel quale si riportano maternità e paternità, chiede - attraverso il papà - di essere iscritto nel nucleo familiare come figlio di Massud (nome di fantasia), cittadino italiano.

Ma l’anagrafe dice no. Non importa, evidentemente, che Massud sia italiano e, ius sanguinis docet, lo sia anche suo figlio. Siccome il bimbo ha un passaporto nigerino, secondo l’anagrafe l’unica cittadinanza dimostrata è quella extracomunitaria. Da qui la necessità di un titolo di soggiorno. Titolo che per la questura non serve perché Mohamed, figlio di un italiano, è già italiano, e quindi non gli serve alcun permesso per risiedere in Italia. Chi risolverà l’arcano?

fonte: Messaggero Veneto

mercoledì 26 giugno 2013

Musicista senegalese aggredito a Milano


Venerdì 28 giugno 2013 alle ore 18.30 in Largo Fratelli Cervi, con artisti, associazioni e abitanti della zona 2.

Kal dos Santos, musicista, attore, compositore e fondatore dell’Associazione Culturale Mitoka Samba, prima orchestra di percussioni afro-brasiliana a Milano, artista che collabora con realtà musicali, associazioni, compagnie teatrali e di danza di respiro nazionale e internazionale (MUSE/Italia, PIME, Roda da Vida, Banda Osiris, Delma Pompeo, Gabriele Vacis, Miriam Makeba ecc.), è stato aggredito e picchiato brutalmente da un gruppo di persone.

Il fatto è avvenuto mercoledì 19 giugno in via Venini, angolo via Popoli Uniti intorno alle 19.00.

Kal era in zona Pasteur perché aveva consegnato l’auto al meccanico e stava tornando verso la metro a piedi, quando è stato indicato da un bambino come colui che il giorno prima lo aveva picchiato. In quell’istante sono arrivati tre uomini che lo hanno fermato e subito accusato del fatto. Kal non è riuscito nemmeno a dire di non conoscere quel bambino e di non essere di quella zona, che subito hanno iniziato ad aggredirlo brutalmente con calci, pugni, ginocchiate, sbattendogli la testa sulle auto parcheggiate, strappandogli i capelli e cercando di derubarlo della borsa e del cellulare

Durante l’aggressione ai primi tre uomini si sono aggiunte altre persone. Nessuno si è prodigato per aiutarlo, fatta eccezione per una persona che ha cercato invano di difenderlo.

Gli aggressori hanno rotto delle bottiglie e si stavano avvicinando minacciosi con i cocci, quando l’arrivo di una pattuglia della polizia li ha messi in fuga. Sembravano italiani e parenti del bambino che aveva indicato Kal come colui che gli aveva dato uno schiaffo il giorno prima.

Kal è stato ricoverato fino al giorno seguente ed è dovuto tornare per altre medicazioni in ospedale. Un presidio festoso, di denuncia e solidarietà, può essere il modo migliore di sanare le sue ferite fisiche e morale e dare forza a chi, nella comunità brasiliana e a Milano, rifiuta questa brutale violenza

domenica 26 maggio 2013

Donna cubana colpita da colpi di pistola dall'ex italiano a Genova

Una cubana di 41 anni e' stata ferita da uno o piu' colpi di pistola nel quartiere di Marassi a Genova da un uomo che l'ha buttata fuori dall'auto e le ha sparato alla schiena. L'uomo, un italiano di 58 anni, e' gia' stato fermato dai carabinieri con l'accusa di tentato omicidio. Lei e' gravissima. E' successo in via Balbi. Testimoni hanno riferito di aver visto la donna cadere dall'auto e un uomo spararle alla schiena prima di fuggire. L'uomo e' stato fermato poco dopo in piazza Corvetto.

"Avevo il sospetto che Yamila si prendesse gioco di me, che mi volesse lasciare. Io le avevo anche prestato alcune migliaia di euro per aiutarla a vivere a Genova". Lo ha detto Bruno Calamaro, l'uomo di Prà che stamani in via Biga, a Marassi, ha sparato a una quarantenne cubana, durante l'interrogatorio tenuto dal sostituto procuratore Luca Scorza Azzarà nel comando provinciale dei carabinieri ha ammesso le sue responsabilità. Temendo che la donna potesse avere altre relazioni sentimentali e che potesse lasciarlo, Calamaro questa mattina ha cercato un chiarimento: "Sono andato a prenderla a casa - ha spiegato - per accompagnarla al lavoro. Poi in auto abbiamo litigato e non so cosa mi è successo". Calamaro ha chiesto scusa per il gesto e ha aggiunto: "Non avevo intenzione di uccidere Yamila". L'uomo, incensurato, è stato sottoposto alla prova forense dello stub per avere la certezza che abbia sparato. Il pm gli ha contestato il reato di tentato omicidio e porto abusivo d'arma da fuoco. Resta, invece, ancora al vaglio della Procura l'aggravante della premeditazione. Calamaro è stato rinchiuso nel carcere di Marassi.


fonte: Ansa

Femminicidio a Lodi: italiano uccide ex compagna rumena

Ancora un caso di femminicidio, questa volta a Guardamiglio, nel lodigiano, dove un uomo di nazionalità italiana ha ucciso la sua ex convivente, una rumena. Secondo la prima ricostruzione, l’uomo avrebbe atteso la vittima fuori dalla casa dove questa stava lavorando e l’avrebbe trascinata con la forza in un parco pubblico, dove poi l’avrebbe uccisa con una decina di coltellate, dopo averla portata dietro una siepe, con l’intento di non attirare l’attenzione delle persone presenti nel giardino.

Vani sono stati i tentativi di alcuni passanti di fermare la furia omicida dell’uomo, che però è stato bloccato e poi consegnato ai carabinieri.

A quanto pare, le vessazioni da parte dell’uomo nei confronti dell’ex convivente duravano da oltre un anno, tant’è che l’amministrazione comunale del paese in provincia di Lodi si era prodigata per trovata una soluzione e aveva assegnato alla donna, che viveva col figlio 13enne, un alloggio popolare. Oggi l’esito tragico e sconcertante della vicenda.

Solo a maggio è il settimo caso di femminicidio, dopo le tragiche morti di Ilaria Leone, Alessandra Iacullo e Chiara Di Vita nei primi giorni del mese, il duplice omicidio di Palermo di dieci giorni fa e la morte di Silvana Cassol, la 50enne padovana giustiziata nel sonno dal marito, un agente di Polizia che poi si è tolto la vita, perché non accettava il logorarsi del loro rapporto.


fonte: diretta news

mercoledì 20 febbraio 2013

Botte tra ragazzine sulle Mura di Grosseto i maschi le incitano e mettono i video online

«E la negra ce le busca!». La negra, la «zoccola», è un’adolescente in felpa grigia, fuseaux neri, scarpe da tennis. In mezzo al branco che la assale, sulle Mura di Grosseto, di giorno, nel centro storico, spiccano la sua gamba affusolata che tira un calcio di difesa e i capelli lunghi, facili da tirare. Intorno urlano tutti. Quelli che picchiano e quelli che incitano a picchiare. Ma una voce si distingue: «Levati, devo filmare. Questo va su Youtube».

E infatti il video viene caricato proprio su Youtube il 17 febbraio da un utente - presumibilmente un ragazzo di 15 anni - che posta anche un altro filmato (da ieri sera, 19 febbraio, entrambi sono stati rimossi). Mostrano un assalto di gruppo a una ragazza che viene insultata e presa a schiaffi. Quando, poi, la ragazza riesce a sottrarsi alla furia del gruppo, uno si domanda: «Dov’è la negra?».

Pare dispiaciuto che l’aggressione sia finita. Ma qualcuno, con tono di trionfo già commenta: «La negra se ne va!». Il secondo filmato è meno dettagliato del primo, ma non meno preoccupante. Di nuovo botte, anche se non si capisce bene chi le prenda e chi le dia. Protagoniste della rissa sono sempre ragazze, lo scenario sono ancora le Mura. Anche in questo caso una folla di ragazzi assiste all’assalto, divertita. A quanto risulta, nessuna denuncia è stata presentata. E nessuna indagine, al momento, è in corso.

Fonte e video su il Tirreno

lunedì 28 gennaio 2013

Cittadinanza negata a stranieri down

In Italia abbiamo una legge sulla cittadinanza vecchia e arretrata. Concedere la cittadinanza alle persone che decido di vivere stabilmente nel nostro paese è uno strumento di integrazione e di riconoscimento di diritti umani e civili fondamentali. Attualmente si può richiedere la cittadinanza, oltre che per matrimonio, se si soggiorna legalmente e senza interruzioni in Italia per più di 10 anni o se si nasce in Italia e vi si risiede senza interruzioni fino al compimento del diciottesimo anno d’età.

Una legislazione moderna prevederebbe che tutte le persone nate in Italia possano essere considerate italiane, da subito, e che la cittadinanza possa essere chiesta dopo 5 anni di permanenza sul nostro territorio perchè se pago le tasse, lavoro, vivo in una terra è giusto che io possa, a pieno titolo, agire sulla gestione di quel paese.

Ma oltre a questo la legislazione attuale ha dentro di se una profonda distorsione: per conseguire lo status di cittadino italino bisogna pronunciare un giuramento, ma le persone per le quali viene decretato l’incapacità di intendere e di volere non possono giurare.

E’ il caso di molti disabili psichici e delle persone affette della Sindrome di Down in particolare. Il caso si è appena proposto quando un giovane ragazzo albanese, di diciott’anni, affetto da questa malattia, ha chiesto di diventare cittadino italiano, essendo nato in Italia. Richiesta respinta.

La Ledha sostiene che la questione si possa superare applicando la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, ratificata dal nostro Paese con la legge 18 del 2009, che obbliga gli Stati firmatari a riconoscere alle persone disabili la libertà di movimento, il diritto di scegliere la propria residenza e quello di cambiare cittadinanza. Un motivo in più per cambiare la legge sulla cittadinanza.