perchè questo blog?

L'Italia è diventata da anni paese di immigrazione ma da qualche tempo si registra un crescere di fenomeni di razzismo. Dopo la morte di Abdul, ucciso a Milano il 14 settembre 2008, ho deciso che oltre al mio blog personale avrei provato a tenere traccia di tutti quei fenomeni di razzismo che appaiono sulla stampa nazionale. Spero che presto questo blog diventi inutile...


lunedì 25 maggio 2009

Serrano (IdV) nel mirino. Svastiche, croci e scritte razziste sui manifesti elettorali a Piazzola

Scritte razziste sui manifesti elettorali del candidato alle provinciali dell'Italia dei Valori Edgar Serrano. «Vai via sporco negro», «negri raus», «non sei italiano, vai a casa tua» e così via. Il tutto accompagnato da svastiche e croci celtiche disegnate sul volto del candidato di Villafranca, che nella passata amministrazione era stato anche assessore comunale alla partecipazione di Piazzola.

L?attacco a Serrano si è verificato un po' ovunque nel paese, dove sono strati strappati quasi tutti i manifesti elettorali. Soprattutto a Vaccarino e Tremignon, dove le scritte sono state pesanti e di matrice xenofoba, firmate da Forza Nuova. «Mi ha avvisato una signora sabato sera - racconta Serrano, che ieri pomeriggio ha presentato formale denuncia alla caserma dei carabinieri di Piazzola - Mi ha riferito che a Vaccarino erano comparse frasi ingiuriose nei miei confronti sui tabelloni elettorali. Verso le 23 sono andato a vedere: tutti i miei manifesti erano imbrattati di nero, con parole oltraggiose e xenofobe. Ieri ho controllato tutte le frazioni e mi sono reso conto di essere stato oggetto di un vero raid razzista: i manifesti erano tutti strappati nel volto quasi a voler cancellare l'identità. Non riesco a comprendere un gesto simile, che testimoniano solo ignoranza e intolleranza. Sono molto amareggiato. Non posso accusare nessuno, ma ritengo moralmente responsabili tutti quei politici che in questi ultimi mesi non hanno fatto altro che buttare benzina sul fuoco sulla questione dell'immigrazione. Chi mi conosce sa che mi sono sempre battuto per l?integrazione da una parte e per isolare gli immigrati delinquenti dall'altra. E questa è la ricompensa che ricevo».

Di origine venezuelana, Serrano è pedagogista, docente all'Università di Padova ed è stato commissario del ministro della salute Livia Turco. A Piazzola è stato assessore nella giunta Cavinato e proprio durante il suo mandato è stata istituita la consulta delle comunità straniere che tuttora è un singolare esempio di partecipazione e integrazione. «Non mi aspettavo un episodio del genere proprio a Piazzola - denuncia Serrano - Sapevo che ci sono gruppi di giovani poco tolleranti, ma al di là del loro gesto, la responsabilità è dei politici». «Un fatto grave e preoccupante - commenta il coordinatore provinciale IdV Giulio Civardi - L'ignoranza non ha proprio limiti. La mia solidarietà a Edgar, che si è molto prodigato per gli altri e ora riceve queste minacce assurde. E' avvilente. Oggi ne parleremo al Pedrocchi, alla presentazione della lista, e sicuramente domani interverrà anche Di Pietro a Padova».

fonte: Espresso

NUOVO EPISODIO DI RAZZISMO AL BENTEGODI

Durante l’incontro tra Chievo e Bologna, nuovo brutto episodio di razzismo. Il clivense Luciano, con un passato in maglia rossoblù, è stato oggetto di cori razzisti, ma l’intervento di Farina è stato pronto ed adeguato: ha fermato il gioco, parlato con il quarto uomo ed i capitani ed ha preteso che fosse rivolta un’ammonizione ai tifosi felsinei con la quale s’intimava la sospensione della gara nel caso in cui l’episodio si fosse ripetuto. La partita è poi ripresa e, nonostante i continui fischi per l'ala brasiliana, terminata senza ulteriori problemi.

fonte: Napolisport

domenica 24 maggio 2009

Il ragazzo originario del Marocco si è tuffato e ha avuto un malore: altri bagnanti sono rimasti immersi in acqua

Un quindicenne originario del Marocco è morto, probabilmente per un malore, mentre nuotava in una piscina pubblica a Scandiano, in provincia di Reggio Emilia. Y.H., residente ad Arceto, si è tuffato intorno alle 16 ma poco dopo si è sentito male. Un bagnino è immediatamente intervenuto e sono stati chiamati i soccorsi, ma inutilmente. Secondo le prime ipotesi il ragazzino, che frequentava la terza media, potrebbe essere stato vittima di una congestione. Nella piscina "L'Azzurra" c'erano anche altri bagnanti, oltre agli amici di Y.H. Alcuni non hanno lasciato la vasca, continuando a restare immersi durante le operazioni di soccorso a bordo piscina e nonostante gli inviti dei responsabili della struttura a uscire dall'acqua.

fonte: Corriere della Sera

Raid contro il capodanno Bangla Botte, insulti e sprangate. E corteo

Il Capodanno della comunità bengalese di Roma doveva cominciare sabato sera a Villa Gordiani, un parco nella periferia della Capitale. Quella di venerdì doveva essere l'ultima sera passata a montare stand e mettere a punto gli ultimi preparativi, come accade ogni anno. Ma cinque bengalesi che si trovavano nel parco a far sì che la festa fosse organizzata nel modo migliore possibile sono stati aggrediti da una ventina di ragazzi tra i 20 e i 25 anni, armati di spranghe e bastoni di ferro. Un raid razzista, un assalto squadrista contro cinque persone inermi. Ora la Digos indaga per capire chi ha tentato di cancellare l'integrazione in un quartiere che, già due anni fa, aveva conosciuto l'episodio xenofobo al Pigneto quando fu distrutto un negozio di immigrati. Uno di loro, Kalu, 35 anni, stava dormendo nel furgone quando, racconta, è stato svegliato «da violenti colpi di bastone contro il furgone che hanno fracassato i vetri. C'erano queste voci che ci insultavano, che dicevano 'ma che è questo capodanno bengalese? Bastardi, andate via. Ho avuto tanta paura». Ad avere la peggio è stato Mohammed Munshi, 34 anni, ferito a calci e pugni e finito in ospedale. Gli aggressori, secondo il racconto delle vittime, sarebbero giovani italiani tra i 20 e i 25 anni di età. «Avevamo chiesto al municipio se potevano organizzare la vigilanza, visto che c'era materiale in allestimento. Non ci hanno neppure risposto e abbiamo dovuto fare da noi», aggiungono i bengalesi.

VIA DA CENTOCELLE - Negli anni passati la festa si era svolta al Parco di Centocelle ma che per motivi di sicurezza, in questa edizione, è stata spostata al parco di Villa Gordiani, «decisione non nostra - spiega il presidente del VI Municipio Giammarco Palmieri (Pd) ma del Campidoglio». Il portavoce della associazione bengalese Dhumchatu, Bachcu, ha ricordato che «erano quattro mesi che discutevano con l'amministrazione perchè temevamo problemi, ed ecco che i problemi ci sono stati. L'amministrazione non voleva questa festa: a Centocelle ci ha sgomberato la forza pubblica, qui invece ci hanno provato a sgomberare con questo raid». L'accordo per organizzare il Capodanno a Villa Gordiani era stato trovato nella mattinata di venerdì dopo che giovedì scorso il Dhuumcatu, insieme ad alcuni comitati di base, aveva occupato simbolicamente il Parco archeologico di Centocelle per chiedere al Comune di poterlo utilizzare per la festa. «Alla fine abbiamo convenuto che il parco non era a norma e abbiamo accettato di andare a Villa Gordiani - spiegano ancora - peraltro, ieri mattina, mentre alcuni ragazzi bengalesi portavano via il nostro materiale dal Parco di Centocelle, sono stati fermati e identificati dai vigili urbani che hanno cominciato a dire loro che erano clandestini, che ora ciò è un reato e poi l'hanno portati al commissariato. Un atteggiamento assolutamente non condivisibile perché, oltre ad impaurire delle persone che non stavano facendo nulla di male, appariva come una vera e propria minaccia dal momento che il reato di clandestinità, in Italia, non è ancora stato introdotto». La festa del capodanno Bangla era in programma da domenica 24 maggio a domenica 31 maggio nel parco di Villa Gordiani in via Prenestina 341. Tutti i giorni spettacoli di musica e danze tradizionali, stand di artigianato e bigiotteria indiana, tessuti e cucina sud-asiatica. Il programma completo è consultabile sul sito www.dhuumcatu.org.

fonte: Corriere della Sera

giovedì 21 maggio 2009

PADOVA: Circolare anti-clandestini Bufera sulla preside

Circolare «an­ti- clandestini» nella scuola professionale Leonardo Da Vinci di Padova. La preside An­na Bottaro, la scorsa settima­na, ha raggiunto con una co­municazione nelle classi tutti gli studenti stranieri extraco­munitari di quinta superiore invitandoli a presentare entro il giorno seguente il permesso di soggiorno. «Prevediamo che la commissione per l’esa­me di Stato vi richieda il per­messo di soggiorno quindi, vi invitiamo a consegnarlo entro domani», recitava la circolare che non poco scalpore ha su­scitato. Lettera scritta dalla preside che riportava i nomi e i cognomi dei ragazzi stranieri che a giugno dovranno affron­tare l’esame di maturità, nel­l’intestazione del documento c’erano i nominativi, che sono stati citati a voce alta nelle ri­spettive classi dai docenti mentre leggevano le direttive della preside. La circolare è stato spedito in via anonima dagli stessi insegnanti del Leo­nardo Da Vinci, sbigottiti per la decisione della preside, al sindacato Cobas scuola di Pa­dova che oggi, in un incontro organizzato assieme all’asso­ciazione Razzismo Stop, rivele­rà tutti i dettagli del caso che definiscono «un grave episo­dio di discriminazione e razzi­smo».

Gli studenti stranieri han­no visto il loro nome e cogno­me scritto in bella vista sulla circolare e li hanno sentiti pro­nunciare a voce alta dai docen­ti durante le lezioni. Come se fossero dei «fuorilegge». «E se la preside avesse sco­perto che non avevano il per­messo di soggiorno, avrebbe denunciato gli studenti per­ché sono clandestini?», si in­terroga Carlo Salmaso, rappre­sentate provinciale dei Cobas scuola. L’allarme del sindaca­to e dell’associazione Razzi­smo Stop punta il dito su quel­la che potrebbe leggersi come un’azione da «preside-spia», in pieno clima del pacchetto sicurezza varato del governo, che introduce in Italia il reato di clandestinità. «Non ci sono norme che impongano la deci­sione che ha preso la dirigen­te scolastica dell’istituto pro­fessionale di Padova, ha agito di sua iniziativa - spiega Sal­maso - . Inoltre, c’è una senten­za della Cassazione che fa da precedente, la corte si espri­me a favore di una ragazza straniera che era stata esclusa dall’esame di Stato perché pri­va di permesso di soggiorno. In quel caso la sentenza ha messo in chiaro che il diritto allo studio prevale e non può essere negato anche in assen­za di permesso di soggiorno».

Solo l’altro ieri è esploso un ca­so simile a Genova, dove una preside di tre istituti professio­nali si è recata nelle aule e ha scritto alla lavagna nome e co­gnome dei possibili studenti clandestini, invitandoli a pre­sentare i documenti in segrete­ria.

fonte: Corriere del Veneto

Sesso in carcere in cambio di favori

È stato ribattezzato «carcere a luci rosse»: quello di Pontedecimo, oggetto di un'inchiesta della Procura di Genova, in merito alla presunta richiesta di prestazioni sessuali alle detenute in cambio di favori da parte di agenti penitenziari. L'indagine è partita circa un mese fa, come riporta il Secolo XIX, quando una donna marocchina di 28 anni (ora reclusa a Monza) ha detto di aver fatto sesso con personale della struttura in cambio di vantaggi, facendo scattare l'ipotesi di reato di concussione. È stato sequestrato il cellulare della ragazza e un altro detenuto ha denunciato violenze.

ABORTO - Una vicenda che ora assume contorni ancora più inquietanti: si parla di un aborto. Una detenuta sarebbe uscita dal carcere, di notte, per interrompere la gravidanza frutto di un rapporto con una guardia. Otto agenti penitenziari sono stati ascoltati come persone informate sui fatti e anche alcune detenute ed ex detenute sono state sentite dagli inquirenti. Una è arrivata, sotto scorta, dal carcere di Napoli dove si trova attualmente, le altre sono tuttora a Pontedecimo. Quattro persone sono state iscritte nel registro degli indagati, compreso il poliziotto coinvolto nell'interruzione di gravidanza.

fonte: Corriere della Sera

I Cie sono lager

Esatto: era proprio quel che in tanti abbiamo cercato di far sapere per anni: i Cie [Centri di identificazione ed espulsione, di permanenza temporanea quando i pudichi Livia Turco e Giorgio Napoletano li crearono] sono dei lager. In quello romano di Ponte Galeria, ad esempio, come raccontano i consiglieri regionali che lo hanno visitato la scorsa settimana [tra loro la nostra Anna Pizzo, che ne scrive su Carta in uscita venerdì], la condizioni di detenzione dei «trattenuti» – è la dizione ufficiale – e l’incertezza sul loro futuro sono tali che prima un algerino vi è morto senza che per una notte, hanno detto i compagni di lager, ci si preoccupasse di dargli le cure necessarie; poi una donna tunisina, che viveva in Italia da trent’anni e che era stata espulsa verso un paese a lei ormai estraneo, si è suicidata.
Alla Asl che ha la competenza territoriale è stato impedito di entrare, perché – ha detto il nuovo direttore ai consiglieri regionali – il posto è «secretato», termine che fa correre un brivido lungo la schiena a chi abbia vissuto la stagione delle stragi, da Ustica a Bologna, ecc. Il direttore è nuovo perché il precedente è stato discretamente rimosso, dopo le due morti nel lager: oltre al resto, correva voce che costui ricoprisse nello stesso momento gli incarichi di medico della Polizia di Stato e di direttore del Centro per conto della Croce rossa, con relativi doppi emolumenti e soprattutto sguazzando in un evidente conflitto di interessi. Dettaglio tipico dello stile berlusconiano, feroce e clownesco.

Il quale appunto, come i socialisti della famosa rubrica di Cuore, ha la faccia come il culo [scusate la parola volgare: Berlusconi intendo]. I Cie dunque sono lager, spericolata affermazione che dovrebbe spingere alle dimissioni il ministro Maroni, non fosse che lo scopo del suo capo è di dire che i lager non devono più essere nel territorio patrio, bensì in Libia, dove evidentemente non saranno più lager, considerata l’umanità con cui le polizie di Gheddafi trattano migranti e rifugiati. Sarebbe abbondantemente documentato il contrario, ossia che i disgraziati subiscono violenze, sevizie, detenzioni inumane, stupri, sfruttamento selvaggio, disprezzo e razzismo [e non lo dice più solo un piccolo giornale tendenzioso e bugiardo come il nostro o il film autoprodotto «Come un uomo sulla terra», ma il Corriere della Sera, la Repubblica, ecc.], eppure c’è chi crede talmente alla «fiction» trasmessa a reti unificate da offrire a Gheddafi la laurea honoris causa in legge. Accade a Sassari, dove il rettore, Maida, si dice su discreta pressione del sardo Pisanu, ha in pratica imposto alla facoltà di legge l’insana decisione, provocando per altro repulsione e ribellione.

Siamo in attesa di ascoltare la «lectio magistralis» con cui il dittatore libico accetterà la laurea. Magari ci spiegherà in che modo il diritto internazionale consenta deportazioni in massa di gruppi di persone la metà delle quali – dice l’Onu – ha il diritto a presentare domanda di asilo. Da quel che dicono Gasparri e Cicchitto non l’abbiamo capito. Ed è per questo, per approfondire, che Carta in edicola da venerdì non si occupa solo di quel che accade in Italia, ma compie una escursione negli Stati uniti, dove i lager, il «reato di clandestinità», i «respingimenti alla frontiera», in generale la colpevolizzazione di intere categorie sociali [prima i cinesi, poi gli italiani, da ultimo i «latinos»] sono esiti di una lunga storia di razzismo differenzialista legalmente stabilito. Con almeno una differenza decisiva, fin qui: quando George W. Bush tentò di imporre un suo «pacchetto sicurezza» in cui l’essere senza documenti diventata reato, così come aiutare, in un ospedale, in una scuola o in una chiesa, gli «undocumented», milioni di «latinos», principalmente messicani, inondarono le strade e impedirono il varo della legge. Bene, nei prossimi giorni a Milano e a Roma si terranno manifestazioni di migranti: speriamo sia l’inizio di una nuova stagione.

fonte: Carta

mercoledì 20 maggio 2009

Genova, la preside segna i 'clandestini' alla lavagna

Shock a Genova, in tre istituti professionali di Sampierdarena: Casaregis, Einaudi e Galilei dove la preside ha scritto alla lavagna l'elenco dei possibili studenti clandestini. Proteste degli insegnanti, segnalazioni al provveditore. La preside si è giustificata dicendo di averli scritti perché temeva di sbagliane la pronuncia ed era un invito agli studenti a presentare i documenti in segreteria ma è esplosa la polemica.

Una vicenda «gravissima», dice Roberta Pinotti, responsabile Difesa del Pd, quella degli Istituti Casaregis, Einaudi e Galilei di Genova dove la preside avrebbe fatto scrivere sulle lavagne i cognomi agli alunni immigrati in procinto di diventare maggiorenni, e dunque in "odore di clandestinità". «Solleverò la questione nell'aula del Senato - annuncia la parlamentare -. Io e l'onorevole Sabina Rossa stiamo presentando interrogazioni al governo nei due rami del Parlamento perchè il ministro Gelmini dia precise spiegazioni e intervenga immediatamente».

«Avevamo denunciato - sottolinea Roberta Pinotti - che il disegno di legge sulla sicurezza, mantenendo il reato di immigrazione clandestina, avrebbe implicato la possibilità di denuncia da parte di presidi, insegnanti e medici. Purtroppo questa possibilità sembra concretizzarsi ancora prima che il provvedimento diventi legge. Si tratta di fatti gravissimi, che spingeranno gli studenti immigrati quasi maggiorenni a non frequentare più le aule scolastiche. Qualcuno pensa davvero che spingere i ragazzi fuori dalla scuola sia un modo per aumentare la sicurezza dei cittadini italiani o di governare il fenomeno dell'immigrazione?».

fonte: Unità

Teneva segregata una sedicenne rumena

"E' la mia schiava" così l'italiano, 52 anni, che ha tenuto per giorni chiusa in una roulotte una ragazzi di 16 rumena, a Cologno Monzese, periferia di Milano.

fonte: Gazzetta della Martesana

Tettamanzi, l’Expo e la solidarietà: «Milano smarrita, torni capitale morale»

Una città smarrita, frantumata, in­cattivita. Cadono i miti in questa Milano con poco orgoglio e molte paure. Era la città dell’accoglien­za. Oggi si discute di apartheid in metrò. Soffia un vento di intolleranza: e a volte il Duomo sembra un fortino assediato. Tempo fa sventolava uno stri­scione della Lega: «Vescovo di Kabul». C’è chi esa­gera, anche con le minacce. Il cardinale Dionigi Tettamanzi considera gli im­migrati una risorsa e parla a una città che ha perso un po’ della sua anima. «La diversità è sempre un problema — dice — ma noi dobbiamo avere la vi­sta lunga dei profeti, preparare il domani. L’inte­grazione è più avanti di quel che si pensi: basta im­parare dal mondo dei ragazzi, recuperare un po’ della loro saggezza». C’è una paura che nasce dal­l’egoismo, dall’assenza di visione. «Alla Milano di oggi manca la consapevolezza del suo ruolo, della sua responsabilità verso i propri abitanti e il Paese, della sua vocazione europea». Non c’è futuro senza solidarietà, gli ha scritto una giovane studentessa. La lettera è diventata il titolo del suo ultimo libro. Con la crisi bisogna ri­tessere tessuti sociali sfilacciati, riscoprire la so­brietà, lavorare per una convivenza più umana. «Dobbiamo assumerci tutti le nostre responsabili­tà — spiega — chi non lo fa non è solo inutile, è anche dannoso». La notte di Natale ha messo a di­sposizione dei nuovi poveri e di chi ha perso il po­sto qualcosa di suo e poi ha detto: ai poveri le case dei preti. Certi immobili del clero sono troppo grandi, possono essere usati da chi ha più biso­gno. È il concetto del buon samaritano. Si sono per­se queste pratiche solidali nella città di Milano? «No. La solidarietà non si è persa a Milano. Ne ho prove concrete. Il Fondo Famiglia-Lavoro ha raccolto in poco più di quattro mesi 4,3 milioni di euro tra la gente. E al tempo stesso nelle parroc­chie sono state donate ingenti quantità di denaro per i terremotati d’Abruzzo, in Quaresima dalle mille comunità della Diocesi sono scaturiti senza clamore altrettanti rivoli di solidarietà che hanno dissetato i bisogni di tanti poveri assistiti dai mis­sionari ».
...
Questa forma di soli­tudine genera in sequenza paura, chiusura, rifiuto dell’altro, specie se portatore di una diversità. Co­me purtroppo accade verso gli immigrati».
Trova una maggior difficoltà nella borghesia di oggi a donare un po’ del superfluo per chi ha bisogno?
«Da sempre l’esercizio della carità — un eserci­zio discreto, silenzioso, evangelico — è patrimo­nio per tante famiglie di ogni estrazione sociale. È un modo per essere responsabili verso la società. Piuttosto mi domando se esista ancora la borghe­sia della Milano dei decenni scorsi...».
Dov’è Milano e dove sono i milanesi è una do­manda ricorrente in questi giorni. Qual è la Mi­lano che si vede dalla stanza del cardinale?
«Milano è una città che sfugge alle semplifica­zioni immediate e chiede tempo e perspicacia per essere conosciuta e amata. Io vedo una Milano ge­nerosa nell’aiutare ma talora diffidente ad aprirsi e a intrecciare legami di conoscenza e arricchimen­to reciproco, specie se l’altro è portatore di qual­che diversità. Vedo anche una città piena di ener­gia, di creatività, di risorse, con la fatica però a fa­re sistema, a dare piena espressione alle proprie potenzialità attraverso progetti concreti e condivi­si di grande respiro e di corale coinvolgimento. L’Expo rappresenta, in questo senso, una grande chance».
Tra polemiche e ritardi, la partenza però non è stata incoraggiante. Bisognerebbe spiegare a Milano cos’è Milano, riunire le tante radici posi­tive in un disegno comune...
«Ci sono oggi tante città impenetrabili: la città della fiera, la città della moda, della finanza, di un gruppo etnico, le periferie, il centro storico... Ma solo una città che ritrova l’ambizione della pro­pria identità civica — pensata come sintesi viva delle sue tante originalità — può tornare a fare ap­passionare al bene comune e a suscitare il deside­rio di una partecipazione responsabile. Una città così ritiene dovere fondamentale garantire un’abi­tazione decorosa ai suoi abitanti, si preoccupa di tutelare tutti e in modo particolare i deboli. Se in­vece si alimentano le contrapposizioni questa identità non si realizza, l’atteggiamento della cor­responsabilità decresce e scompare, ad alcune ca­tegorie di persone non vengono riconosciuti tutti i diritti».
...
Come dovrebbe essere la politica dell’acco­glienza nella legalità?
«Occorre intervenire per regolare doverosa­mente il fenomeno migratorio, garantendo la lega­lità, attivandosi di concerto con le altre nazioni e le istituzioni sovranazionali, sempre nel rispetto dell’inviolabile dignità di ogni persona. Una digni­tà spesso umiliata nei paesi d’origine degli immi­grati: non possiamo dimenticare da quali condizio­ni fuggono coloro che bussano alle nostre porte. La politica deve muoversi — ma qui le lacune so­no evidenti — sul piano della progettazione, per immaginare e realizzare modelli di convivenza e di integrazione, aggregando tutte quelle forze so­ciali, culturali, educative, istituzionali che ne han­no competenza. Chiesa compresa».

fonte: Corriere della Sera

venerdì 15 maggio 2009

Milano, il chiaro scuro dell'integrazione

Porta Venezia, Milano.

Clicca sulla foto per vedere il video

Non sa l'italiano, sindaco nega cittadinanza

Dall’Ansa

Un immigrato egiziano non sa leggere l’italiano e il sindaco leghista di Caravaggio (Bergamo) non gli concede la cittadinanza.

La questione è questa. Lui è egiziano, sposato con un’italiana, ha i requisiti per la cittadinanza, ma non è in grado di leggere il giuramento sulla costituzione. Il sindaco lo rimanda a settembre.

Questo significa che tipo un analfabeta straniero non potrà mai prendere la cittadinanza italiana? Sarebbe comunque interessante, come dice anche l’ottimo Alessandro Gilioli, fare un giro tra le valli del bergamasco, fare leggere il medesimo giuramento ad un tot di persone locali e vedere cosa ne viene fuori.

fonte: disma.biz

mercoledì 13 maggio 2009

Folle massacra una coppia a martellate Due clandestini lo immobilizzano

Un folle massacra una coppia a martellate alla stazione di Palermo, due migranti lo bloccano e ne consentono la cattura fra le urla e lo sgomento dei tanti passeggeri. Tutto si è svolto rapidamente: l'uomo, quasi certamente uno piscolabile, si è scagliato contro l coppia che si trovava nella biglietteria. Ora i due sono ricoverati in ospedale in gravissime condizioni.

Le vittime. Fabio Conti Tozzo, di 38 anni, arrestato dalla polizia ha colpito ripetutamente alla testa Antonino Raccuglia e Marianna Ruvolo, entrambi di 67 anni, ricoverati in due ospedali della città. Il più grave è l'uomo, trasferito in coma farmacologico nel reparto di Rianimazione del Policlinico. Secondo i medici avrebbe perso anche materia cerebrale. La donna si trova all'ospedale Civico di Palermo. È in prognosi riservata, anche se non sarebbe in pericolo di vita.

Aggressione cruenta. «L'aggressore, alto circa due metri e molto robusto ha colpito, con il martello dall'alto verso in basso, le due vittime. L'uomo le ha raggiunte correndo e questo ha dato più forza ai colpi sferrati. Poi quando le ha viste per terra ha continuato a colpirle». Lo ha raccontato il dirigente della Polfer, Maurizio Ficarra che ha interrogato l'aggressore accusato di tentato omicidio.

I nigeriani: non siamo eroi. «Non siamo eroi, lo abbiamo fatto perché abbiamo sentito nel nostro cuore che in nome di Dio questa era la cosa giusta da fare: fermare quell'uomo che poco prima aveva aggredito una coppia». Così Kennedy Anetor e John Paul, entrambi nigeriani, arrivati qualche mese fa in Italia, sbarcati a Lampedusa da un carretta del mare, respingono l'appellativo di eroi.

fonte: Il Messaggero

martedì 12 maggio 2009

Razzismo a Vicenza: «Togliti il velo» e prende a pugni una marocchina

Lesioni gravi inferte con l'aggravante di aver agito per motivi di odio razziale: è l'accusa mossa nei confronti di un uomo di 60 anni che venerdì scorso ha preso a pugni una marocchina di 46 con il volto coperto da una mascherina sanitaria.

L'uomo, originario del sud Italia, ma residente a Vicenza, aveva apostrofato l'immigrata con insulti irripetibili, dicendole tra l'altro: «Abbi il coraggio di farti vedere in faccia, marocchina che non sei altro, togli quella mascherina, oppure te la tolgo io». La donna, però, non lo poteva assecondare in quanto, ha cercato di spiegare, è costretta a portare la mascherina perchè le sue capacità di risposta immunitaria sono state abbattute da un problema medico dimostrato e certificato. L'uomo non ha sentito ragioni e, dopo averle intimato di scoprirsi, le ha sferrato due pugni al volto.

Sono stati alcuni testimoni, fra i quali un avvocato, a chiamare la volante per soccorrerla. La donna è stata portata in ospedale: ne avrà per trenta giorni, con denti rotti e altre contusioni e il giorno dopo ha firmato una querela contro il suo aggressore, già identificato dalla polizia . La contestazione è di lesioni gravi, ma con l'aggravante dell'odio razziale.

fonte: Il Messaggero

Milano, avviata la procedura di revoca dello status di rifugiato per leader delle proteste

Il cittadino eritreo Paulus Yacob Gabrazat, leader dei circa duecento rifugiati e richiedenti asilo che nei giorni scorsi avevano protestato per la loro condizione in diverse vie e piazze milanesi, ha ricevuto la notifica dell'avvio del procedimento di revoca del suo status di rifugiato politico. Con lui, hanno ricevuto un simile provvedimento anche due cittadini sudanesi e un cittadino etiope.
La vicenda dei rifugiati e dei richiedenti asilo era cominciata quando erano stati fatti sgomberare dal'ex hotel di via Senigallia di Milano. In seguito erano stati ospitati nel dormitorio di via Saponaro, ma dalla fine di aprile, i rifugiati erano costretti a dormire all'aperto, in città, per mancanza di una struttura che li potesse ospitare.
i rifugiati hanno più volte incontrato i rappresentanti delle istituzioni cittadine, nazionali ed europee, ma nessuno è stato in grado di trovare loro una sistemazione.
Per questo, i circa duecento - alcuni in Italia con lo status di rifugiato politico, altri con lo status di rifugiato per motivi umanitari, altri ancora in attesa di incontrare la commissione per il riconoscimento della protezione internazionale - hanno più volte manifestato, sempre pacificamente, per le vie della città.
Oggi, Paulus e altri, hanno ricevuto la comunicazione dell'avvio del procedimento della revoca del loro status di rifugiati. Evidentemente, le loro proteste milanesi, che non hanno risolto il problema delle loro sistemazioni, hanno compiuto il miracolo di rendere la situazione dei loro paesi di origine (Etiopia, Eritrea e Sudan) finalmente tranquilla.

fonte: Peacereporter

un afgano di 26 anni minaccia buttarsi da 20 metri.

Il ragazzo afghano di 26 anni che minacciava di buttarsi giù dall'Altare della Patria è stato convinto a scendere dal cornicione dove era rimasto per più di due ore dopo un colloquio con il presidente dell'associazione Italia-Afghanistan, Ismaili Corbanali. L'uomo aveva compiuto il gesto perché chiede asilo politico in Italia essendo stato respinto da diversi paesi. Lo aveva spiegato anche ai carabinieri e ai vigili del fuoco che sono accorsi nel pomeriggio e che avevano messo in sicurezza l'intera area e posto teloni in via dei Fori Imperiali.

«Shokur è un afghano di circa 25 anni che richiede asilo politico perché era l'autista di un comandante di una provincia vicino Kabul ed un ex militare ora ricercato dai talebani». È quanto afferma Esmaeli Qorbanali, il presidente dell'associazione Italia Afghanistan. «Tre giorni fa gli hanno incendiato la casa in Afghanistan e moglie e figli sono in mezzo alla strada. Shokur, da un paio di mesi in Italia, è stato trasferito dalla Germania su richiesta italiana per la convenzione di Dublino, ma l'Italia non gli offre la stessa accoglienza della Germania». «È la seconda volta - ha proseguito - che tenta il suicidio, ma le promesse fatte quando minaccia di buttarsi giù non vengono poi mantenute. In Italia divide una stanza con altre persone all'interno di un centro di accoglienza, ma avendo problemi seri dal punto di vista politico vorrebbe che gli venissero riconosciuti i diritti previsti dalla convenzione di Ginevra». Qorbanali ha infine raccontato che «oggi gli hanno promesso che verrà discussa presto la sua richiesta d'asilo; dopo ci auguriamo che il Comune di Roma faccia qualcosa per migliorare l'accoglienza». Intanto il ragazzo è stato accompagnato al centro Astalli, dove verranno effettuati tutti gli accertamenti sanitari. Il giovane ha anche chiesto un biglietto aereo per la Svezia.

fonte: Corriere della Sera

giovedì 7 maggio 2009

Migranti respinti in Libia - Italia e Malta si avvitano nelle pratiche di disumanità

I telefoni cominciano a squillare al mattino. Organizzazioni umanitarie presenti a Lampedusa : Medici Senza Frontiere, Save the Children, non parliamo dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati…tutti in fortissimo allarme. Quanto è successo nella notte è gravissimo. Respingimento di 227 persone tra cui donne e minori. Persone disperate, soccorse su tre barconi a sud di Lampedusa. Italia e Malta hanno giocato al solito rimpallo. Poi l’intervento di Guardia Costiera e Guardia di Finanza, il trasferimento dei migranti su tre motovedette che hanno fatto rotta su Tripoli. Respinti. Senza essere prima identificati. Senza verificare in alcun modo se ci fossero casi di richiedenti asilo.
Mai prima d’ora un governo italiano si era macchiato di una così evidente violazione della Convenzione di Ginevra sui diritti umani e del principio di non respingimento che ne è la sua pietra miliare.
Respinti e dirottati su un Paese, la Libia, che non ha aderito alla Convenzione di Ginevra e che non da’ alcuna garanzia che i migranti non siano rimandati nei paesi di origine. Persone forse a rischio di arresto, tortura, morte. Non lo sapremo mai.
Svolta storica, giornata storica, la definisce il ministro Maroni. E rischia davvero di esserlo, di fissare un pericoloso precedente, se la gravità di quanto accaduto non trovasse adeguata denuncia.
Una cosa i giornalisti possono fare: non spegnere i riflettori su questa vicenda. Sottrarsi alla propaganda. Dare voce a tutti, non solo alla politica ma anche a chi si batte per il rispetto dei diritti dell’uomo. Diritto alla vita, alla dignità. Diritto a essere soccorsi, accolti e protetti. Cosucce forse un po’ più importanti delle tante, troppe futili notizie che riempiono giornali e telegiornali.

fonte: Articolo21, ma anche Meltingpot

PROVINCIALI, PICCINNI (LEGA): "VAGONI METRO' PER SOLE DONNE"

"La metropolitana fa schifo ed è sporca. Cosa ci vuole ad aggiungere un vagone per sole donne?". A lanciare la proposta è la candidata al consiglio Provinciale nella circoscrizione 19 per la Lega Nord, Raffaella Piccinni. E alla domanda se anche per gli extracomunitari lei pensa sia necessaria una soluzione del genere, la giovane candidata del Carroccio ha detto: "sì, anche se poi arriverà Franceschini, con il mocassino, a dire che stiamo ghettizzando. Però intanto lui gira con la scorta". La richiesta di un vagone per sole donne, ed eventualmente per soli extracomunitari, è spiegata secondo Piccinni dal fatto che "ci sarebbe più sicurezza, non ci sarebbe quello che ti affianca e si struscia". "Ho preso una volta la metropolitana - ha spiegato - e sembra l'inferno. Tutti i giorni le persone si svegliano, vanno a lavorare con la metro e sembra che debbano subire l'espiazione di una colpa come in un girone dantesco".

fonte: Il Giornale

Tunisina suicida nel Cie di Ponte Galeria

Una donna tunisina di 49 anni, ospite del Centro di indentificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma, si è suicidata. Il corpo, rende noto la Croce Rossa Italiana che gestisce il Cie, è stato trovato questa mattina intorno alle 6,45.

«Alle 6,45 il medico della Cri in servizio presso il Cie, chiamato d'urgenza dai nostri operatori, non ha potuto far altro che constatare la morte di M.M., cittadina tunisina di 49 anni, ospite del centro dal 24 aprile scorso - ha reso noto Claudio Iocchi, direttore del comitato provinciale della Cri di Roma -. Il decesso è avvenuto per suicidio. La Cri è profondamente addolorata per la scomparsa di M.M. dovuta ad un gesto di cui nessuno aveva avuto sentore, nemmeno le sue compagne di stanza. Del resto - conclude Iocchi - l'ospite non aveva mai dato segnali in tal senso, né era stata sottoposta a qualsivoglia tipo di cure farmacologiche o psicologiche»

M.M. era in Italia da oltre 20 anni e rischiava l'espulsione.

fonte: Il Messaggero

Bolzano, riparte la campagna anti-italiani

A occhio nudo è tutto perfetto. In piazza Vitto­ria, sulle rive dell’Adige, tra aiuole fiorite e auto di grossa ci­lindrata parcheggiate con geo­metrico rigore, la nuova scintil­la che si è accesa nel paradiso chiamato SudTirolo non man­da alcun bagliore. Ma appena gi­rato l'angolo è scritta in tede­sco su un muro, con spray mo­derno e storia antica. «Via dal­­l’Italia ». Qualunque cosa sia, sta succedendo in fretta. Con brusche accelerate, come il vo­to nel parlamento della Provin­cia, che ieri ha consegnato una vittoria storica a Eva Klotz, pa­sionaria dell'autodeterminazio­ne tirolese. Adesso è ufficiale, gli uomini condannati negli an­ni Sessanta per aver messo bombe contro gli italiani sono «combattenti per la libertà», at­tivisti e non più terroristi. E an­che nelle valli, in paesi come Montagna (Montan in tedesco) e Termeno (Tramin), i voti di Südtiroler Volkspartei, il parti­tone di maggioranza, vengono usati per cancellare la denomi­nazione Alto Adige da docu­menti, timbri e cartelli comuna­­li, accontentando la Klotz e le al­tre formazioni di estrema de­stra, per le quali la denomina­zione presentava una «connota­zione fascista».

«Il nostro partito-anima ha perso la bussola», dice sconso­lato lo storico Leopold Steurer. Dopo un paio di sconfitte eletto­rali a vantaggio dell’estrema de­stra tedesca, spiega, la Svp si è messa a rincorrerne le pulsioni. «Senza tenere conto degli effet­ti della scelta su una gioventù imbevuta di irredentismo e na­zionalismo». L’inizio del guaio gira naturalmente intorno al 25 aprile. Oswald Ellecosta è un dirigente della Svp, modi garbati e idee persino troppo chiare. «L’unica co­sa che mi interessa è difendere i diritti della popolazione te­desca della mia ter­ra». Dal dicembre 2008 è vicesindaco di Bolzano, coronamento di una quaranten­nale militanza nel Consiglio co­munale. Un uomo che parla co­me al bar, e pazienza se le paro­le non si abbinano alla fascia tri­colore. «Non è la nostra festa» dice per l'occasione. «Noi sudti­rolesi siamo stati liberati nel 1943 dalla Wehrmach.

...

Nelle ultime due settimane, sotto al sole quieto di Bozen le cose vanno a velocità da centri­fuga. Il Pdl chiede il commissa­riamento del comune, «perché non difende l’antifascismo». Gli Schützen marciano per l’abolizione del monumento dell’Alpino di Merano, «fasci­sta», anche se da decenni è ri­dotto ad un torsolo a causa di una bomba anti-italiana. Il gior­no della manifestazione a presi­diarne i resti ci sono 600 poli­ziotti, esibizione muscolare che la comunità tedesca non gradi­sce. I fiori alla base della statua vengono poi trafugati da due in­segnanti tedeschi, denunciati per furto aggravato dai carabi­nieri, accusa valutata come un’altra provocazione. «La poli­tica debole produce frutti mala­ti» dice il presidente del Consi­glio provinciale Riccardo Dello Sbarba. «Tre giorni fa — accusa — l’Svp ha modificato il pro­prio statuto per non permette­re più la candidatura di perso­ne di lingua italiana. Per paura del declino, rompe la conviven­za democratica, e rischia di can­cellare tutto quel che è stato co­struito con fatica».

fonte: Repubblica

Al bar e sul bus

Il pacchetto sicurezza, di cui il governo sta approvando in questi giorni alcune delle norme più odiose, è una stretta micidiale sui diritti di tutti, ma in particolare per i migranti. E, soprattutto, è un intervento che non ha molti precedenti. Di questo bisognerebbe trovare il modo e il tempo per parlarne nei luoghi di lavoro, nelle scuole, a casa, nelle strade del nostro quartiere, mentre facciamo la spesa o al bar, in chiesa, sull’autobus, ovunque.
Per i migranti il destino è segnato in particolare dall’introduzione del reato di ingresso e soggiorno irregolare, ma anche da altre, ormai certe, restrizioni: il trattenimento nei centri di detenzione verrà prolungato a centottanta giorni, i permessi di soggiorno di lungo periodo verranno subordinati al superamento di un test di lingua italiana, i ricongiungimenti familiari assumeranno criteri più proibitivi, il permesso di soggiorno verrà collegato a una «raccolta punti», la concessione della cittadinanza avrà tempi ancor più proibitivi. Di fatto, si tratta di una sospensione di numerose garanzie democratiche per specifiche categorie connotate per la loro origine. Poco importa, dunque, se il consiglio dei ministri ha accettato di abolire la norma sulla scuola dell’obbligo vietata ai figli dei «clandestini», se resteranno tutte quelle norme.
Le agenzie, intanto, dicono che un altro barcone con a bordo decine di persone è stato localizzato nel Canale di Sicilia. Il rischio di un nuovo caso Pinar è alto. Ma cosa accade ai migranti rischia di diventare per tutti soltanto un rumore di fondo, qualcosa di già visto e sentito.
La normalizazione del razzismo sta diventando una cultura, piuttosto condivisa da élite politiche come da settori popolari e media.

fonte: Carta

Una mamma denuncia: "Anche mia figlia insultata dai razzisti"

Cara Maria Silvia,

ho letto la tua lettera, che mi ha profondamente toccato. Sono la mamma affidataria ormai da ben 12 anni di una bimba cinese. Ho preso mia figlia (perché questo lei è per me e la mia famiglia) quando aveva poche settimane di vita. Anche lei come te si sente fiorentina anche se ha gli occhi a mandorla. Fin da quando era più piccola ci sono stati giorni in cui è tornata a casa da scuola piangendo perché l´offendevano con parole pesanti, per il fatto di essere cinese.

Negli ultimi tempi la situazione non è migliorata, anzi crescendo e frequentando la scuola media gli episodi sono sempre più frequenti. In questi giorni poi è successo un fatto che ci ha lasciati ancora più amareggiati: attraverso il programma di messenger sul computer di casa è arrivato un messaggio diretto a lei in cui le uniche parole ripetibili sono «cinese di merda torna al tuo paese», figuratevi il resto.

È uno dei tanti episodi di razzismo a cui purtroppo anche lei è sottoposta e la cosa più preoccupante e che ci deve fare riflettere è che tutto questo viene da ragazzini e anche ragazzine coetanee o poco più grandi. Il problema è che questi ragazzi vengono educati dalle proprie famiglie senza alcun rispetto per gli altri e neppure per se stessi. E questo succede a Firenze che si dichiara «una città aperta». Voglio precisare che fortunatamente come te la bimba ha il sostegno dei suoi compagni di classe che le sono molto affezionati.

Stefania

fonte: Repubblica

«Hai perso il lavoro? Tornatene al tuo Paese»

L'ha detto anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini l'altro giorno a San Donà di Piave: «Anche nel Veneto si sfruttano i clandestini e bisogna dire no a lavoro nero e razzismo». Mai parole furono più sagge, ma in tempo di crisi economica a rimetterci di più restano sempre loro, gli immigrati. Operai che alle spalle hanno un mutuo da pagare, una famiglia da mantenere e più volte sono costretti a rivolgersi ai servizi sociali dei Comuni quando non ce la fanno a pagare le bollette, ad acquistare i viveri di prima necessità, a pagare le spese per i figli a scuola. E dall'altra parte che cosa si sentono dire? «Non ce la fai a restare? Torna nel tuo Paese d'origine, magari hai maggiori possibilità per un reinserimento lavorativo. Forse, ritrovi la tua famiglia pronta a darti una mano. E se vuoi siamo anche disposti ad agevolarti, con un aiuto economico, per il viaggio... ».
Finora, di rimpatri assistiti c'erano quelli della Caritas diocesana: si rivolgevano, soprattutto, a persone con gravi problemi di salute. Stranieri che difficilmente si sarebbero potuti inserire in un ambiente lavorativo o all'interno di una comunità. Senza contare che, nella maggior parte dei casi, si trattava di persone sole, che alle spalle avevano storie di alcolismo o altre patologie.
La Caritas aveva creato una sorta di catena che permetteva di rintracciare i parenti in patria e di farli seguire una volta arrivati, qualora ce ne fosse stata la possibilità. In 5 anni i rimpatri partiti da contrà Torretti sono stati 64, tra questi c'erano 30 donne con sei minori.
«Ma qui il discorso è diverso - spiega Fabiola Carletto della segreteria provinciale della Cgil - ci sono amministrazioni, e non mi riferisco solamente a quelle di una certa area politica, che hanno scelto questa strada per risolvere quella che loro considerano una crisi anche per le casse dei Comuni».
«Credo - prosegue la sindacalista - che gli stranieri abbiano già pagato abbastanza, in tutti questi anni, ed ora trattarli in questo modo mi sembra veramente eccessivo. Certo, in alcuni casi se ne vanno, ma lo decidono loro. Fanno partire moglie, figli e il capofamiglia rimane in attesa che la crisi passi e il lavoro posso tornare ad essere una sicurezza anche sul nostro territorio».
La Cgil, in questi ultime settimane, ha avviato una serie di "audizioni" divise tra le varie etnie in cui si fa il punto sui problemi che la comunità manifesta, sente e vive.
«Ho incontrato i somali a Bassano, i cittadini del Burkina Faso domenica scorsa nella sede del centro Tecchio di viale S. Lazzaro e ancora i rappresentanti della Costa D' Avorio. Da tutti - prosegue Fabiola Carletto - arrivano le medesime preoccupazioni: la prima è il lavoro, la seconda si esprime con un concetto: "Ci vogliono cacciare ...". Spesso, gli amministratori non si rendono conto che ci sono paesi in guerra, dove il lavoro non esiste nemmeno per quelli che ci vivono. Far capire agli immigrati che non hanno nulla da temere finché il loro permesso è in regola non è facile - continua la rappresentante sindacale - soprattutto se alla fine le risposte che ricevono dai Comuni sono quelle di un biglietto di sola andata».
La situazione è preoccupante. «Voler rimandare indietro chi ha lavorato per anni, producendo il 9 per cento del nostro prodotto interno lordo, non credo sia la politica più corretta. Ma con gli stranieri lo scaricabarile è sempre stato il gioco più semplice da portare avanti. Quanti sono in queste condizioni? Moltissimi, anche se sono titubanti nel confessarlo...», conclude Carletto.

fonte: Il Giornale di Vicenza

martedì 5 maggio 2009

Moldavo aggredito da un gruppo di giovani

Un cittadino moldavo di 33 anni ha denunciato di essere stato aggredito, ieri sera, nella zona periferica di Tor Bella Monaca, a Roma, da un gruppo di giovani mentre si trovava in strada con altri due connazionali. L'uomo portato al pronto soccorso del policlinico Tor Vergata ha avuto una prognosi di 30 giorni per la frattura del setto nasale.

Per cercare di chiarire quali siano stati i motivi all'origine dell'aggressione, avvenuta in largo Mengaroni, sono stati avviati accertamenti sia dalla Digos sia dal commissariato Casilino.

Secondo quanto riferito dal cittadino moldavo, il gruppo di aggressori, tutti giovani, avrebbe senza motivo dato vita ad una rissa con i tre stranieri, che secondo le prime indagini erano ubriachi. Prima alcuni spintoni poi sono arrivati i pugni: uno di questi ha colpito in volto il moldavo. Ad avvertire la polizia sono stati gli inquilini di una stabile della piazza ma all'arrivo delle volanti sia il gruppo di giovani italiani sia i connazionali dell'uomo ferito erano fuggiti.

Il popolare quartiere di Tor Bella Monaca, negli ultimi tempi teatro di episodi di violenza, spesso ad immigrati, è stato la sede, la scorsa settimana di una riunione del Comitato Provinciale per la Sicurezza. Il comitato, voluto dal sindaco, Gianni Alemanno, arrivava dopo le aggressioni ad un senegalese di 30 anni, insultato e colpito con una bottiglia alla testa la notte di Pasquetta, ad un pakistano il 23 marzo scorso e ad un cinese il 2 ottobre scorso.

fonte: Repubblica

lunedì 4 maggio 2009

Stupro del Primo Maggio a Milano, si fingeva straniero

Mentre la stampa tipo Il Giornale e il Padano parlavano di uno stupratore egiziano e nordafricano la verità è un altra:

I soldati a Milano son 400. Già da tempo il centrodestra chiede di rinforzare quel numero, come se fosse esiguo. Lo fa anche il presidente della Provincia di Milano, il pd Filippo Penati, bacchettando il governo e l'amministrazione cittadina. I casi di violenze per strada nei primi mesi dell'anno sono stati una ventina: eccetto due, sono stati commessi da immigrati. Anche se in un caso si è scoperto che il violentatore, italianissimo, fingeva però un accento straniero. L'ultimo fatto accaduto il primo maggio riscalda la campagna elettorale, non solo per le europee ma anche per la provincia di Milano: nel cuore del giorno, alla luce del sole, in mezzo alla folla della mayday parade, grazie all'intervento dei presenti, l'episodio si è fermato alla tentata violenza sessuale, quando un giovane marocchino ha tentato di violentare una 23enne svenuta a terra forse per il troppo alcool. La gente c'ha messo un po' a capire che non erano effusioni tra innamorati: poi è partito un tentativo di linciaggio che la polizia è riuscita a interrompere con la forza. E' il 19imo caso per le strade di Milano e Hinterland: gli altri tutti purtroppo andati a segno. Riccardo de Corato, vicesindaco di Milano da dodici anni, chiede tolleranza zero: a chi non si capisce, visto che è sua da sempre la delega alla sicurezza. La sicurezza che non c'è.

fonte: Lorella Beretta via Facebook

venerdì 1 maggio 2009

Lega Nord: "Nei pronto soccorso occorre separare gli italiani dagli immigrati"

Il centrodestra ha scelto per la candidatura alla Presidenza della Provincia un signore che dice:

“io vorrei anche annunciarvi che sto anche discutendo con il responsabile dell’ospedale di Treviglio Caravaggio (qui in Provincia di Bergamo) stiamo per predisporre un canale preferenziale al pronto soccorso per i nostri anziani. Per fare in modo che non restino indietro e che magari stiano male al pronto soccorso perchè i medici per questa paura di non denunciare e per questa febbre di curare i clandestini magari si dimentichino di curare i nostri anziani. Quindi noi stiamo predisponendo questo e credo che all’interno della Provincia di Bergamo ma in tante provincie dove la Lega ha il governo del territorio e dove probabilmente l’avrà come a Brescia con l’amico Molgora credo che spingeremo, pur non essendo una competenza della provincia, spingeremo i nostri direttori degli ospedali a creare questo canale preferenziale per fare in modo che si ricordi che c’è anche la nostra legge oltre che i clandestini”.
Il direttore dell’Ospedale conferma solo in parte e dice che non farà distinzioni di nazionalità:
"Ne abbiamo discusso, ma questo ancora non rientrerà nella prassi”
La fraseologia da gerarca del candidato Presidente dei “moderati” bergamaschi non trova quindi riscontro, per il momento, neppure nel direttore dell’Ospedale di nomina leghista, quello di Treviglio.

fonte: Marcello Saponaro e Daniele Sensi