perchè questo blog?

L'Italia è diventata da anni paese di immigrazione ma da qualche tempo si registra un crescere di fenomeni di razzismo. Dopo la morte di Abdul, ucciso a Milano il 14 settembre 2008, ho deciso che oltre al mio blog personale avrei provato a tenere traccia di tutti quei fenomeni di razzismo che appaiono sulla stampa nazionale. Spero che presto questo blog diventi inutile...


venerdì 26 marzo 2010

Razzismo: il sindaco di Montevarchi minacciato. Da un anno

“Non ho paura. Non per superbia. Non ho cambiato nessuna delle mie abitudini. Non è cambiato il mio impegno. Quando si offende un sindaco si offende un’istituzione”. Il sindaco di Montevarchi Giorgio Valentini ostenta sicurezza e non dà il minimo segno di cedimento davanti alle pesanti intimidazioni che oramai gli vengono rivolte abitualmente. Sono quattordici, quindici, forse sedici, infatti, le lettere di minacce che ha ricevuto in un solo anno. Il mittente, ancora sconosciuto ma di “chiara matrice razzista, xenofoba e antisemita”, finora ci ha provato con tutti i mezzi e in ogni modo dal marzo scorso. Il lavoro degli investigatori è notevole: “Gli inquirenti stanno indagando con intensità”, rassicura Valentini. Ma dei responsabili non c’è stata ancora un’identificazione chiara

CAMPAGNA RAZZIALE – Il sindaco, alla sua seconda legislatura alla guida del terzo comune della provincia di Arezzo, ripercorre la spiacevole vicenda, fatta di messaggi indirizzati ad istituzioni e organi di informazione. “Prima si partì con minacce ad una tv regionale, poi a me, poi una comunicazione alla stampa (un giornale locale). Poi, dopo una fase di silenzio (in estate), ancora minacce in Comune, indirizzate al sindaco (ma senza che io ne dessi notizia), e infine nuovamente un giornale locale, il Corriere d’Arezzo”. E proprio a quest’ultimo indirizzo è stata inviata l’ultima delle lettere. Nella sede del giornale si trovano in mano la solita busta gialla chiusa dal nastro adesivo. Dentro la busta, questa volta, vetri rotti, taglienti, attaccati sul retro sempre col nastro adesivo. “Comunicato a tutta la redazione – si leggeva nel foglio scritto a mano – la nostra campagna razziale viene anche qui. Non mancheremo di lasciare la nostra firma anche ad Arezzo, con attentati e varie”.

FAMIGLIA MINACCIATA – Si tratta di frasi in perfetto sintonia con quelle dei mesi scorsi. “La sua legislatura è agli sgoccioli ma non gliela faremo passare liscia” si leggeva, ad esempio, in una lettera di un paio di settimane fa, la terza nel giro di pochi giorni, inviata ancora una volta al Corriere di Arezzo e imbucata questa volta insieme ad una lama di taglierino simile a quella fatta recapitare al sindaco qualche mese prima, poco dopo il giorno della memoria (27 gennaio). “Potete vedere chi siamo, accompagnati dalle nostre ideologie correnti che stanno trovando sempre più consenso fra i nostri seguaci”, scrivevano invece i misteriosi mittenti l’undici marzo. Anche la famiglia di Valentini non è esente da lettere minatorie. Missive simili a quelle inviate agli indirizzi di istituzioni e organi di stampa sono state inviate anche all’abitazione del sindaco.

fonte: Giornalettismo

venerdì 19 marzo 2010

Milano. Clochard aggredito e derubato di passaporto, è il terzo caso

Rubare il passaporto a un senzatetto e poi malmenarlo con calci e pugni. Sono stati due forse tre gli uomini che ieri notte hanno aggredito e derubato un clochard a Milano, mentre dormiva nei pressi della stazione Centrale.

L’uomo, un profugo somalo di 40 anni, in Italia con regolare permesso di soggiorno, è stato svegliato con un calcio nel giaciglio in cui si trovava, in via Vittor Pisani, e poi ripetutamente colpito al corpo e al volto da due o tre persone, sulle quali non ha saputo fornire molti particolari. L’uomo è anche stato rapinato del passaporto.

A Milano è il terzo caso di aggressione a clochard. Il 6 marzo scorso era stato aggredito un cittadino svizzero di 45 anni, e tre giovani erano poi stati arrestati dai carabinieri. Il 9 febbraio un colombiano di 65 anni è stato colpito a sprangate nella cabina telefonica dove dormiva, ed è tuttora ricoverato all’ospedale, anche se cosciente e fuori pericolo.

fonte: BlizQuotidiano

Sgomberati recentemente dal campo di via Triboniano a Milano muoiono intossicati

Una tragedia costata la vita a quattro ragazzi dall'età compresa tra i 20 e i 25 anni sgomberati recentemente dal campo di via Triboniano a Milano. Rom di nazionalità romena che avevano trovato una sistemazione al secondo piano di uno stabile al civico 62 di via Dante, quartiere Nord della città, da non più di un paio di settimane. L'allarme è scattato poco dopo le 15 di oggi. Il fratello di uno dei Rom deceduti si era recato nell'abitazione di via Dante. Ha suonato ripetutamente il campanello, lo ha cercato al telefonino. Ma non ha ottenuto risposta. Lo ha cercato per strada, ha guardato dove di solito parcheggiava la sua Mercedes. E l'ha vista in una strada adiacente a via Dante.

“Vivevano nel campo Rom di via Triboniano a Milano – ha raccontato una donna – poi sono stati sgomberati per motivi di sicurezza. Volevano una vita normale e hanno trovato la morte”. “Vivo in questo palazzo da un paio di anni – ha detto Julio, vicino di casa di nazionalità ecuadoregna – sono case sicure, non si è mai verificato nulla”. Sul posto anche la Polizia locale di Magenta che ha chiuso via Dante fino alla rotonda di via Saffi. E' arrivato anche il sindaco Luca Del Gobbo, insieme a diversi membri dell'Amministrazione comunale.

fonte: CittàOggiWeb

mercoledì 17 marzo 2010

Coprifuoco a via Padova contro i negozianti stranieri

Si torna a parlare di via Padova con l’ultima trovata del Comune. Dopo l’esercito (che evidentemente non serve a molto) scatta infatti il coprifuoco per le attività della zona, quelle considerare “sospette”, come kebabbari, take away e centri telefonici. Anche i centri benessere per massaggi dovranno chiudere per le 20. Anche le discoteche dovranno abbassare le serrande in anticipo.

L’ordinanza non è ancora definitiva, ma con ogni probabilità sarà firmata dal sindaco Letizia Moratti entro il fine settimana. Come ormai diventato un’usanza immancabile, la firma sarà seguita da un’inevitabile ricorso sa parte delle attività commerciali della zona interessata.

Siamo di nuovo di fronte a una presa di posizione, come l’invio dei militari sul luogo, che vuole dimostrare il pugno duro di chi governa oppure l’ennesimo tentativo che farà un buco nell’acqua come accade da tempo?

fonte: 02blog.it

lunedì 15 marzo 2010

Raid contro Internet point bengalese perquisizioni nelle case di giovani romani

Sono scattate le prime perquisizioni per l'assalto con bastoni all'internet point bengalese della Magliana, nel corso del quale, domenica sera, sono rimaste ferite quattro persone, tra clienti e dipendenti del locale. Nella lotte i carabinieri sono entrati in alcune abitazioni in zona Magliana, alla ricerca di un gruppo di giovani che potrebbero essere gli autori del raid di ieri al bar «Brothers» di via Murlo alla Magliana.
Dalle perquisizioni sarebbero emersi i primi «riscontri» e l'attenzione degli inquirenti sarebbe concentrata su alcune persone: per gli investigatori é il gruppo non ha utilizzato mazze e bastoni ma gambe di sedie e paletti presi in strada «facilmente reperibili e non riconoscibili come armi».
Il raid è stato compiuto da una quindicina di italiani che, alcuni con i volti coperti da sciarpe, sono entrati ed hanno colpito tavolini, vetrine e i pochi clienti che si trovavano nel locale che è anche una sorta di fast-food. Clienti anche italiani, tutti feriti lievemente e medicati al pronto soccorso dell'ospedale San Camillo.

Un raid vero e proprio, secondo i carabinieri, che però al momento non ha una vera e propria connotazione politica o razzista. Il gruppo di assalitori, infatti, sembra che non abbia proferito parola sulle motivazioni del violento gesto. Naturalmente gli investigatori dell'arma, così come successo in passato per episodi analoghi, stanno valutando tutte le ipotesi possibili. Per questo stanno cercando di capire se il titolare del locale possa aver avuto litigi o screzi con qualcuno. Ma anche se i possibili obiettivi dell'assalto, invece, possano essere stati i clienti dell'internet point. Italiani o bengalesi. Per questo motivo il titolare del negozio e i feriti sono adesso ascoltati dai carabinieri della stazione di Villa Bonelli per cercare di capire la matrice del raid.

I PRECEDENTI - L'assalto di domenica sera, comunque, ha riaperto vecchie ferite ancora non completamente rimarginate nella memoria della città. Riportando i ricordi ad un assalto, quello di natura chiaramente razzista e xenefoba avvenuto nel maggio del 2008 nella zona del Pigneto, uno dei quartieri più multietnici della città. Quel giorno un gruppo di giovani incappucciati, armato di bastoni, al grido di «Sporchi stranieri» e «Bastardi», ha assaltato e devastato tre negozi di immigrati asiatici nel quartiere. Fu un assalto improvviso, di pochi minuti, con un bengalese colpito da una bastonata, vetrine e interni di un bar, di un phon center-lavanderia e di un negozio di alimentari devastati. Un anno dopo, nel maggio 2009, un analogo assalto a matrice razzista fu compiuto da giovani romani ai danni di alcuni bengalesi a Villa Gordiani.

«MATRICE RAZZISTA» - «L'assalto rappresenta un segnale estremamente preoccupante». Lo dichiara, in una nota, Jean-Léonard Touadi, parlamentare del Partito Democratico. «Episodi del genere necessitano di una risposta immediata. Mi auguro - conclude Touadi - che già nelle prossime ore si possano assicurare i colpevoli alla giustizia e si possa fare chiarezza su un ennesimo episodio che con molta probabilità ha una matrice xenofoba e razzista».
Per il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, «quello avvenuto alla Magliana è un episodio estremamente grave ed inquietante sia per la violenza dell'aggressione, sia per il carattere di gruppo con cui è stata attuata. Mi auguro che gli inquirenti facciano piena luce sul movente di questi reati assicurando alla Giustizia il più velocemente possibile i responsabili di quanto accaduto».

fonte: Corriere della Sera

giovedì 11 marzo 2010

Italia, espulsi anche gli irregolari con figli minori a scuola

Gli stranieri irregolari con figli minori che studiano in Italia non possono chiedere di restare nel nostro paese. Secondo una sentenza della Corte di Cassazione, che così smentisce una recente sentenza della stessa suprema corte, la tutela della legalità alle frontiere prevale sul diritto allo studio dei minori.

Con la sentenza n. 5856, la Cassazione ha respinto il ricorso di un immigrato albanese residente a Busto Arsizio, con moglie in attesa della cittadinanza italiana e due figli minori. Il cittadino albanese aveva richiesto di non essere espulso per non arrecare danni al "sano sviluppo psicofisico" dei figli. La suprema corte ha risposto che la permanenza ai clandestini in Italia è permessa solo in nome di "gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore se determinati da una situazione d'emergenza", mentre la frequenza scolastica configurerebbe una "tendenziale stabilità" ed "essenziale normalità". Al contrario sarebbe legittimata la permanenza dei clandestini strumentalizzando l'infanzia. Secondo la sentenza, la salvaguardia delle esigenze del minore non può prescindere dall'impianto normativo della legge sull'immigrazione.

Nelle scorse settimane, la Suprema Corte ha depositato una sentenza di segno opposto a quella di oggi, con la quale era stata ritenuta "ipotizzabile la grave compromissione del diritto del minore ad un percorso di crescita armonico e compiuto derivante dall'allontanamento di un genitore".

L'Alto commissario Onu per i diritti umani in Italia, Navi Pillay, ha espresso "grave e seria preoccupazione" per l'aberrante sentenza. Contattato da PeaceReporter, Marco Rovelli, scrittore da sempre impegnato nella difesa dei migranti, ha detto che "il contenuto di questa sentenza non solo viola gli accordi internazionali, ma oltraggia i più elementari principi dei diritti che appartengono all'umano in quanto tale. Un bambino nasce in una terra, parla quella lingua, la sua identità si forma entro quello spazio sociale - ha concluso Rovelli - e poi, per un malefico dispositivo giuridico, deve essere strappato a sé stesso. Non c'è altra parola se non inumanità".

fonte: Peacereporter

Lavoratori stranieri

“Abitavo a Milano con mio fratello, ma da quando non ricevo lo stipendio, ci siamo dovuti trasferire a Lomazzo, in provincia di Como. Con una sola busta paga non era più possibile sostenere le spese di un appartamento a Milano”. A raccontarlo è Francesk Fusha di 24 anni, arrivato dall'Albania. Da quattro anni lavora al call center di via Mentana, assunto con un contratto a tempo indeterminato, per mantenersi gli studi in Scienze politiche alla Statale di Milano.

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domenica 7 marzo 2010

Tre giovani picchiano un senzatetto svizzero

Tre giovani sono stati arrestati a Milano con l'accusa di aver picchiato e ferito la notte scorsa un clochard, poi trasportato all'ospedale Policlinico.

L'uomo è stato aggredito in corso di Porta Ticinese: è stato malmenato con un manganello e ferito a un gluteo con un cacciavite. I carabinieri, avvisati da un cittadino, sono arrivati sul posto quando la banda, attorno alle 3, era ancora in azione.

La vittima, che non aveva documenti e che ha detto di essere di nazionalità svizzera e di avere 45 anni, è stata trasportata al Policlinico. I medici si sono riservati la prognosi anche se l'uomo non sarebbe in pericolo di vita.

Per i tre, due di 20 anni e uno di 24, tutti italiani e incensurati, l'accusa è di tentato omicidio a scopo di rapina anche se, secondo quanto riferito, la vittima in tasca non aveva nè soldi nè oggetti di valore. Gli arresti sono stati eseguiti dai carabinieri del Nucleo radiomobile.

fonte: Repubblica

Permessi di soggiorno falsi agli immigrati In manette il figlio del questore di Trento

E' agli arresti domiciliari da ieri Giuseppe Caldarola, 31 anni, avvocato a Reggio Emilia e figlio del questore di Trento, Angelo Caldarola. Il provvedimento, di cui danno notizia oggi alcuni giornali locali, risulta riguardare un'inchiesta della Procura di Brescia, eseguita dalla Squadra mobile della polizia della città lombarda, in merito a un giro di permessi di soggiorno falsi, in cui sarebbe coinvolto anche un ex vigile emiliano.

Giuseppe Caldarola, che esercita la professione da pochi anni, alle ultime elezioni comunali si era presentato come candidato in una lista civica a Reggio Emilia.

fonte: Repubblica

giovedì 4 marzo 2010

Italia, niente sanatoria per chi è stato espulso in passato

Gli immigrati che hanno presentato richiesta di sanatoria, ma non hanno rispettato in passato un decreto di espulsione, saranno rimpatriati. E' quanto sta accadendo in alcune province d'Italia, le cui prefetture applicano in maniera inflessibile l'obbligo di espulsione per chi ha violato la legge. L'unico reato contestato è però la mancata ottemperanza del decreto di espulsione, come previsto dalla legge Bossi-Fini. Nei primi mesi della sanatoria, non sono emersi problemi e anzi sono state presentate e accolte molte domande. Solo in un secondo momento, dopo i controlli delle questure sulla fedina penale degli stranieri, si sono registrati i respingimenti delle domande e contestualmente i decreti d'espulsione. L'attuale interpretazione di alcune prefetture, però, contraddice in parte il decreto ministeriale di settembre. Dal Viminale non giungono ancora chiarimenti univoci alle prefetture e alle questure, che invece ricevono in risposta appunti non firmati dal ministro.

fonte: Peacereporter

martedì 2 marzo 2010

Primo sciopero migranti: oltre 700 in piazza a Milano

«Io, costretta a togliermi il velo in classe»

«Una situazione allucinante»: è tagliente S.H., studentessa del Golgi che preferisce non dire il nome «perché già a scuola mi trovo male, figuriamoci se qualcuno legge queste parole». Senegalese, da 7 anni in Italia, vive a Lonato e studia a Brescia; è in corteo assieme a una compagna di classe e connazionale «perché gli altri sono entrati, a scuola non se ne è neppure parlato».
«La cosa più difficile? Il velo: a scuola sono costretta a toglierlo. È ancor peggio che del colore della pelle: portare il velo mi è impossibile e questo mi addolora perché ci tengo ai valori della mia religione che però riesco a onorare solo in famiglia». S.H racconta che «i compagni di scuola non sanno nulla delle mie tradizioni religiose ma si permettono di giudicare e i professori arrivano a dire che l'Islam è sbagliato e che sarebbe da eliminare dalla faccia della terra. Ora mi sono abituata e a scuola tolgo il velo, ma è una sofferenza».
Meno drammatica la situazione di Ali Waqas, 18 anni, studente dello Sraffa, origini pachistane, da 7 anni a Brescia: «A scuola non mi trovo male, anche se a volte ci sono comportamenti razzisti, soprattutto quando i media raccontano fatti di cronaca nera compiuti da stranieri». Pensi che se fossi una ragazza avresti più problemi con gli italiani? «No, sarebbe lo stesso», e poi aggiunge: «Dello sciopero di oggi non ne ho parlato in classe, gli insegnati non lo sapevano». «Professori e studenti non hanno capito l'importanza di questa giornata» aggiunge Akram Harrane, di origini marocchine, alunno della Scuola Bottega e a Brescia da 5 anni «e poi nessuno lo sapeva, l'ho dovuto spiegare io che lo so perché ascolto Radio Onda D'Urto».
Daniele Codeglia viene dalla Bolivia, vive a Brescia da 15 anni e frequenta il liceo Leonardo. Non sa dire quante persone abbiano scioperato nella sua scuola, dove «non se ne è parlato». A scuola e fuori non ha mai vissuto sulla proprie pelle episodi di razzismo: «Io sono cittadino del mondo, né boliviano né italiano».
OLTRE AGLI STUDENTI delle superiori in piazza anche tanti scolari, per lo più portati dai genitori: Ester Rubiano, 8 anni, tiene stretto un palloncino giallo: «Non so perché me lo hanno regalato» ammette, ma suo padre, Riccardo, di origini colombiane e a Brescia da 17 anni, le spiega subito che è un simbolo contro il razzismo: «Sono qui perché sono straniero - dice - anche se non mi sento tale. In tanti anni che vivo in questa città l'ho vista cambiare, diventare più chiusa». Katia De Col, 39 anni, italiana, lavoratrice nel pubblico impiego, ha scioperato ed è venuta in piazza con i suoi due figli adolescenti: «Ne ho parlato tanto con loro e con i loro amici, abbiamo capito l'importanza di esserci e soprattutto di manifestare la gratitudine a delle persone che vengono qui e ci arricchiscono sia economicamente, lavorando per noi, sia culturalmente».
Anche Ramona Parenzan, mediatrice culturale, lavoratrice per una cooperativa, ha scioperato «assieme ai miei capi: lavorando con gli stranieri è stato un sentimento condiviso». Ramona è autrice di saggi e spettacoli sull'immigrazione: «Conosco tanti scrittori della cosiddetta letteratura migrante, che su facebook sono stati molti attivi nel promuovere questa giornata».
Arfane Jhadija, cinquantenne di origini marocchine, studia italiano e ha saputo dell'iniziativa dalla sua insegnante di lingua, che le sta a fianco e l'aiuta nell'intervista. In Italia da 5 anni, la donna ha vissuto a San Colombano e solo da 4 mesi a Brescia: «È meglio in città - ammette - per tutto, anche se nemmeno qui riesco a trovare lavoro».
UNA GIORNATA che prosegue tutto il giorno con lo sciopero della spesa ma anche in serata, quando allo spettacolo organizzato dall'associazione Amicicompliciamanti, viene letto un comunicato «perchè - spiega Claudio Simeone, storico animatore dell'associazione - siamo convinti che questo è un giorno speciale: i nostri nuovi concittadini ci hanno ricordato la loro presenza attraverso la loro assenza. Si sono fermati non per ferie o aumenti di salario, soltanto per chiedere il riconoscimento dei loro diritti. Ci sembra opportuno fermarci qualche attimo per riflettere; anche a teatro, luogo del gioco ma anche della memoria e della riflessione. A noi piace condividere i doveri, ma anche i diritti».

fonte: BresciaOggi

Sahid è morto di freddo e indifferenza. Si poteva salvare

Sono stati il freddo e l’indifferenza a uccidere Sahid Belamel, il giovane morto domenica dopo essere stato trovato in via Colombo da una guardia della Securpol.

La prima circostanza (il freddo) emerge dai risultati ancora parziali dell’autopsia - eseguita mercoledì all’istituto di Medicina Legale - e che evidenziano un grave stato di ipotermia. Solo tra una decina di giorni però sarà possibile conoscere tutti i riscontri dell’esame e individuare eventuali concause. Non c’è bisogno di un perito, invece, per capire che il magrebino 25enne uscito sabato per «una seratona» in discoteca sia stato di fatto abbandonato a se stesso.

Sul peso giuridico dei comportamenti delle persone che quella sera hanno avuto a che fare con il ragazzo sono ancora in corso le indagini della squadra mobile. Hanno avuto modo di percepire un pericolo concreto per Sahid? O la loro è stata “solo” superficialità, disattenzione e insensibilità? Di sicuro resta che quella sera nessuno ha aiutato Sahid, nè hanno avuto scrupoli gli automobilisti che, alle cinque del mattino in via Cristoforo Colombo, lo hanno visto già nudo e barcollante chiedere aiuto, come si vede nelle immagini filmate dalle telecamere a circuito chiuso di una delle aziende della zona.

Sahid aveva cominciato a sentirsi male già all’interno di una vicina discoteca, dove era arrivato da solo per incontrare alcuni amici e divertirsi, e dove a quanto sembra aveva esagerato con gli alcolici. Lo testimonia la chiamata al servizio taxi partita alle 3.40 dal suo cellulare. A farla, su richiesta di un amico di Sahid, è stato uno dei buttafuori del locale. Il giovane si tiene a malapena in piedi, e il taxista suggerisce di chiamare il 118. Una telefonata che però nessuno fa. E quando, poco dopo, Sahid si alza e fa qualche passo barcollando, gli amici lo lasciano lì a “ smaltire” e tornano dentro a ballare, senza preoccuparsi oltre.

Il resto è stato ricostruito dagli inquirenti. Il giovane percorre a piedi un centinaio di metri, perde l’equilibrio e finisce nelle acque gelide del Canalbianco. Esce e si toglie i vestiti zuppi (sono stati ritrovati “alla rovescia”) resta in slip esposto a una temperatura proibitiva, chiede aiuto, cade, si trascina 70 metri e rimane per altre tre ore al gelo sul ciglio della strada.

fonte: La Nuova Ferrara