Più di 200 richieste da parte dei braccianti nigeriani in poche settimane. L'allarme della Cgil. Obbligati al lavoro autonomo per conservare il permesso di soggiorno
Ogni giorno, sveglia alle quattro del mattino. Il tempo di vestirsi e poi via, fuori dalle "baraccopoli" come le chiamano da queste parti. L'appuntamento è mezz'ora dopo, alla Rotonda di Castel Volturno, quando la luce del sole ancora non si vede. Tutti ad aspettare il bus che porta il lavoro e il "caporale" che li sceglie, li ingaggia e li carica sul furgone. Come manodopera nei campi, nella raccolta dei pomodori, come operai edili nei cantieri. Nella realtà sono lavoratori per un giorno. Nigeriani sfruttati. Mal pagati. Assimilati agli schiavi per le condizioni in cui sono costretti a lavorare. Per lo Stato, invece, sono lavoratori autonomi. Perché titolari di partita Iva. I braccianti e gli edili della comunità nigeriana di Castel Volturno da qualche mese sono costretti a fingersi liberi professionisti. A sostenere tutte le spese come se fossero piccoli imprenditori, mentre di autonomia professionale non vedono neanche l'ombra.
Il caso è scoppiato allo Sportello immigrati della Cgil di Castel Volturno, dove da qualche settimana sono arrivate tante richieste di aiuto nelle procedure burocratiche per l'apertura e la gestione della partita Iva. Più di 200 richieste in poche settimane. Troppe per essere veritiere. «Lo fanno perché sono obbligati dai datori di lavoro - racconta Michele Franco dalla Cgil di Castel Volturno - che non vogliono sostenere i vincoli del lavoro dipendente e perché così riescono a conservare il permesso di soggiorno. Negli ultimi mesi abbiamo ricevuto richieste almeno dal 30 per cento dei lavoratori nigeriani del nostro territorio». Un regolare contratto di lavoro a tempo indeterminato equivale ad un permesso di soggiorno. Il lavoro autonomo, invece, remunerato dietro presentazione di fattura emessa dal lavoratore nigeriano, gli costa un permesso a metà, della durata di sei mesi. Da rinnovare, esibendo i pagamenti eseguiti con regolarità. Al fisco viene versato più di mille euro all'anno, ne guadagnano 5 mila all'anno con difficoltà, poco più di 400 euro al mese. Cifre che escludono il compenso di commercialisti e ragionieri che curano la contabilità delle "piccole imprese".
«Non parliamo soltanto di imprese fittizie - continua Franco - In altri casi i nigeriani chiedono l'autorizzazione al Comune per ottenere la licenza per l'occupazione del suolo pubblico, come se fossero venditori ambulanti. Il guaio è che dopo un anno la licenza scade. Ma loro, a differenza dei commercianti, spesso non la rinnovano in tempo. E così perdono il permesso di soggiorno».
La comunità nigeriana conta 5 mila persone nel territorio della provincia di Caserta, il 50 per cento è impegnata nell'agricoltura (soprattutto nella raccolta di pomodori e in estate delle fragole), mentre il 40 per cento lavora nell'edilizia, nella ristorazione come camerieri, oppure nel commercio (soprattutto donne specializzate nella vendita di abbigliamento). «Eppure esiste una misura del lavoro occasionale accessorio perfetta da utilizzare in casi come questi - spiegano alla Cgil Campania - . Il pagamento avviene con voucher dell'importo di 10 euro, che include un minimo di assicurazione previdenziale e contro gli infortuni».
fonte: Repubblica via Kuda
mercoledì 9 dicembre 2009
Schiavi dei caporali con partita Iva
Etichette: caserta, lavoro, napoli, nigeria, permesso di soggiorno, sfruttamento
Pubblicato da AdminK alle 21:55
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