Centri per migranti in Italia, zone di extraterritorialità: una "no man's land" con alte mura di cinta, filo spinato e sbarre di ferro vigilate da agenti armati e, all’interno, alloggi isolati dal resto della struttura da inferriate e cancelli serrati. Dentro, come nel caso di Foggia e Crotone, 12 persone pigiate in container fatiscenti di 25 metri quadrati. Si mangia per terra o sulle brande, si sopravvive a fatica. In quello di Roma si è attesa carta igienica e sapone per due settimane. Spesso il disagio trova sfoghi violenti, che però restano quasi sempre nascosti dietro le mura di recinzione: gesti di autolesionismo, incendi dolosi e vandalismi, suicidi, sommosse. E’ un mondo buio e spesso senza diritti quello descritto nella relazione firmata da Medici senza Frontiere sulle strutture italiane per i migranti. Sono temi importanti, ci sono di mezzo civiltà e futuro, e saranno ripresi giovedì 4 febbraio, alle 15,30, in un convegno aperto al pubblico nella Sala conferenze della Camera dei deputati.
L'INDAGINE - L’ indagine è basata su due diverse visite condotte da medici, infermieri e psicologi di Medici senza Frontiere a distanza di otto mesi, tra il 2008 e il 2009, in 21 centri suddivisi nelle tre differenti categorie tra CIE, Centri di identificazione ed espulsione, CARA, Centri di accoglienza per richiedenti asilo e CDA, Centri di accoglienza disseminati sul territorio nazionale (vedi scheda). E il quadro di soprusi è allarmante: «I centri per immigrati sembrano operare come enclave con regole, relazioni e dimensioni di vita propri, senza controlli esterni e di indicatori di qualità». Secondo l'indagine di Msf, la gestione dei centri per migranti, nonostante siano stati istituti ormai da più di un decennio, sembra ancora ispirata da un approccio di emergenza e in larga parte lasciata alla discrezionalità dei singoli enti gestori. «Basta un fatto per spiegare il contesto di questo sistema -spiega Ronaldo Magnano - per questi centri, a differenza di quanto deve avvenire anche per un canile, non serve nessuna certificazione della sanità pubblica». E Medici senza Frontiere denuncia anche la scarsa trasparenza. «Ci siamo trovati di fronte a un atteggiamento ostile da parte dei gestori, incontrando difficoltà nel condurre liberamente l’indagine, subendo limitazioni e dinieghi nell’accedere in determinate aree. Emblematici i casi dei centri di Lampedusa e del Cie di Bari dove è stata negata dalla Prefettura l’autorizzazione a entrare nelle aree alloggiative, nonostante la visita di Msf fosse stata comunicata con diverse settimane di preavviso».
fonte: Corriere della Sera
martedì 2 febbraio 2010
Centri per migranti: in 12 dentro a un container di 25 metri quadri
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