Sabato 16 giugno si è tenuto a Cernusco il mercatino del riciclo organizzato dalla ProLoco che aveva convocato l'iniziativa con queste parle:
"Consumare in modo consapevole", promuovere un nuovo stile di vita e un modello economico dove le persone, il pianeta e il profitto vivono in armonia. Per tutti coloro che vorrebbero vendere o scambiare oggetti di casa che non servono più o più semplicemente oggetti che non ci piacciono più. Ciò che per noi è diventato inutile ad altri potrebbe servire ! Pensaci, ti aspettiamo !Un'idea rivolta soprattutto ai bambini per insegnare loro il valore delle cose, l'importanza di non cedere al consumismo più sfrenato che pensa solo a buttare quello che non piace più, un'iniziativa ecologia ed educativa, senza alcune pretesa di volere essere fiera o mercato professionale. Ma a qualcuno non è piaciuto. Il consigliere del PDL e costruttore, Giuliano Mossini, ha infatti criticato le bancarelle "disorganizzate" a Cernusco in Folio definendo l'iniziativa un "bazar marocchino". Senza voler entrare nella valutazione estetica dell'iniziativa, mi chiedo cosa abbia spinto il consigliere Mossini a definirlo "bazar marocchino". Facciamo delle ipotesi: - la ProLoco di Cernusco avrà occupato varie vie e larghi del centro città costruendo degli spazi chiusi dedicati al commercio? Visto che questa è la definizione di bazar. Non credo proprio... - forse Mossini, si sarà confuso, e voleva parlare di "suq", che è uno spazio aperto dedicato al commercio. Caratteristica principale del suq è il fatto che i prodotti non hanno un prezzo definito ma il loro valore viene definito dalla contrattazione tra venditore e compratore. Dubito, però, che il consigliere PDL si sia fermato a fare compere per verificare che questa pratica vosse veramente rispettata. - a questo punto cosa avrà fatto pensare al Marocco? forse la presenza di molte spezie: il rosso della paprika, il beige del cumino, il giallo della curcuma, il verde dei semi di anice… oppure la presenza di tessuti artigianali come la seta sisal o il lino, oppure i ricami delle vesti vendute dai bambini della ProLoco, sicuramente ricche di "ricami blu" e di Rabat, oppure sarà stata la presenza di the alla menta e cuscus o di bstalh,tajine, tanjia o harira.. Sarà, ma a me non sembra d'aver visto nulla di tutto ciò. Il dubbio profondo è che non vi fosse alcun riferimento alla cultura commerciale marocchina ma che si sia voluto utilizzare il termine (improprio) "bazar marocchino" per indicare qualcosa che non piace, identificando il Marocco e le sue forme di vendita, come qualcosa da cui guardarsi con distacco e disprezzo. Allora, consigliere Mossini, critichi pure tutte le iniziative che non le piacciano, ma non usi le altre culture come epiteti dispregiativi.
Fonte: www.robertocodazzi.it
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