perchè questo blog?

L'Italia è diventata da anni paese di immigrazione ma da qualche tempo si registra un crescere di fenomeni di razzismo. Dopo la morte di Abdul, ucciso a Milano il 14 settembre 2008, ho deciso che oltre al mio blog personale avrei provato a tenere traccia di tutti quei fenomeni di razzismo che appaiono sulla stampa nazionale. Spero che presto questo blog diventi inutile...


sabato 31 ottobre 2009

Giorni di attesa per i 150 afgani accampati alle spalle della Stazione Ostiense

Abbiamo un problema. Quanto è credibile lo Stato Italiano? In otto anni di guerra in Afghanistan abbiamo speso oltre 2,5 miliardi di euro (più o meno due finanziarie), inviato nei diversi avvicendamenti dei contingenti almeno 10 mila soldati, con una presenza fissa adesso di 3 mila e 22 di loro sono rientrati in Italia solo in bare di legno avvolte dal Tricolore. Tutto questo perché, tra i principali obiettivi della missione c’è quello di garantire la sicurezza, una vita quotidiana tranquilla a milioni di afgani. Ma saremo realmente in grado di mettere in salvo 25 milioni di afgani dalla ferocia dei talebani, dai proiettili degli Ak-47, dagli Ied se nel cuore di Roma alle spalle della stazione Ostiense non siamo in grado di proteggere 150 profughi afgani da pioggia, pulci, topi e soprattutto a preservarne la dignità? Su di loro, lunedì, incombe l’ennesimo sgombero.

Via Capitan Bavastro, Roma. Sera. L’aria è bagnata. L’umido entra nelle ossa. Nel piazzale adiacente ai binari della ferrovia ci sono i camper di Medu, i Medici per i diritti umani, che da oltre tre anni si prendono cura e difendono i 150 afgani. Le loro tende, le loro baracche, sono sparpagliate sulla terra in uno sbancamento di terreno a una decina di metri sotto il livello della strada. Alberto, affacciato alla balaustra guarda in basso in quella buca e racconta della sua angoscia. Il 23 ottobre la polizia è arrivata per una “operazione di bonifica ambientale”. Le ruspe hanno portato via l’immondizia accumulata, ma anche i pochi preziosissimi effetti personali: le coperte in cui si rannicchiavano la notte, i medicinali, la documentazione sanitaria. E poi l’ordine di abbandonare le baracche nel termine di dieci giorni. Il termine scade lunedì 2 novembre. È per questo motivo che i volontari di Medu Alberto, Francesa, Maria Rita, Francesco, Marieaud che ha un bambino nato da poco e che dorme tranquillo nel camper, presidiano il campo. Soprattutto nelle ore notturne, quelle più sensibili, quando potrebbe arrivare lo Stato con le luci bianche e il megafono a buttare fuori gli afgani.

Ground Zero. Uno striscione bianco dà il benvenuto a chiunque abbia voglia di andare a vedere come si vive da rifugiati politici. “Benvenuti nel nostro Ground Zero”. E infatti, le fotografie mentali del grosso buco a Manhattan, ti si presentano davanti agli occhi in rapida sequenza. Qui dovrà essere costruito un palazzone e per questo motivo gli afgani devono lasciare il posto che spetta alle fondamenta. È legittimo, si dirà, si tratta di proprietà privata.
Il punto è questo. Medu si è rivolta alle autorità, alle amministrazioni. “Bisogna trovare un posto alternativo per queste persone”. La risposta, in stretto politichese, fa riferimento a progetti, provvedimenti quadro, ordinanze. Ma le uniche volte in cui lo Stato si fa vivo, lo fa in uniforme, lo fa per dare avvertimenti. “Dovete lasciare questo posto”. Ma dove devono andare? Questo, a quanto pare, non è un problema dello Stato. La delega al privato, al cittadino, è diventata prassi per lo Stato. Se non ci fossero “privati” come i volontari di Medu, la comunità di Sant’Egidio e qualcun altro che si preoccupi di portare generi di conforto a queste vittime di una guerra che di certo non hanno deciso loro di combattere, sarebbero abbandonati a loro stessi.

Gli afgani di Capitan Bavastro. Sono per lo più giovani, poco più che adolescenti. Sono di etnia pashtun, hazara, tagika. Hanno affrontato un lungo viaggio per sfuggire alla violenza e alla guerra. Quasi tutti sono arrivati attraverso la Grecia. Molti di loro hanno lasciato le impronte digitali alla polizia greca. Su molti di loro la polizia greca ha lasciato segni di percosse. Sono richiedenti asilo o titolari di permessi di soggiorno per motivi umanitari e come tali hanno, avrebbero, diritto a un’assistenza sociale e sanitaria parificata a quella dei cittadini italiani. Vogliono inserirsi, vogliono lavorare. Vogliono che gli italiani vadano a consumare un tè con loro. Maria Rita e Francesca, nel fine settimana insegnano loro l’italiano. Gli afgani ricambiano: lezioni di aquilone e di panificazione nel piccolo forno che si sono costruiti da soli.

I tempi in cui Sandro Pertini abbracciava il piccolo Mustafà scampato alla guerra in Libano sono molto lontani. Oggi, a Roma, Italia, la questione del decoro urbano ha più dignità del civile dovere dell’accoglienza.

fonte: Peacereporter

venerdì 30 ottobre 2009

Graffito antisemita a Milano

Cresce l'allarme antisemitismo anche in Italia. Mercoledi 28 ottobre 2009, un graffito realizzato con vernice nera è apparso nel centro di Milano, in corso Buenos Aires. Il Gruppo EveryOne, che ha scoperto il graffito, ha chiesto alla polzia municipale la sua immediata rimozione. "Eravamo in corso Buenos Aires per rimuovere una serie di locandine razziste che inneggiavano alla violenza contro i rifugiati africani che vivono a Milano" hanno commentato Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti dell'organizzazione per i Diritti Umani, "quando ci siamo imbattuti in quello sfregio, vicino a una delle farmacie più frequentate. Il graffito presenta la Stella di Davide, simbolo dell'Ebraismo, equiparata alla svastica nazista. E' un messaggio odiosamente antisemita, che si cela dietro ideologie antisioniste. Abbiamo contattato i centri sociali, che hanno a loro volta stigmatizzato il graffito, assicurando che non è opera loro". Il messaggio antisemita di Milano segue la notizia della svastica apparsa ieri a Roma, sulla serranda di un'autorimessa di proprietà di una famiglia di fede ebraica.

fonte: IMGpress

Vittoria, ghanese pestato da due giovani incensurati sotto gli occhi di una scolaresca

C'è molto di razzismo nella selvaggia aggressione a un cittadino ghanese avvenuta il 19 ottobre scorso presso largo Melodia a Vittoria. «Noi italiani e tu no», con questa ignobile giustificazione due giovinastri vittoriesi, G.F.G e D.F., 20 anni entrambi, incensurati, avrebbero trovato il pretesto per picchiare con una tavola in legno con dei chiodi un giovane di colore, giudicato guaribile in 3 giorni per trauma cranico minore e contusione all’emitorace destro.

Il giovane è stato trasportato in ospedale con l’autoambulanza. Il fatto s’è verificato il 19 ottobre, ma la notizia è stata divulgata dal Commissariato solo ora. I due sono stati denunciati a piede libero per lesioni personali aggravate da motivi di discriminazione razziale.

I particolari rivelati dagli inquirenti del Commissariato in qualche modo sono agghiaccianti. C’è il pericolo che una bravata compiuta da due balordi possa scatenare altri problemi seri alla difficile integrazione fra immigrati e locali.

Secondo la versione fornita dalla vittima, tutto sarebbe partito dagli sguardi fra ghanese e vittoriesi. I due vittoriesi si sarebbero sentiti «molestati» dallo sguardo del ghanese. Per tale motivo il giovane di colore sarebbe stato aggredito a calci e pugni. Tutto davanti a una scolaresca di passaggio, perché la vittima nel tentativo di fuggire ha cercato di ripararsi dietro la maestra che assisteva una classe di bambini di terza elementare, che ha assistito terrorizzata all’episodio di violenza ha vomitato per lo spavento.

fonte: Corriere di Ragusa

Prato, vietati kebab e sexy shop in centro

Sarà vietato d'ora in poi aprire nuovi kebab house e sexy shop in centro storico a Prato. Lo ha deciso la giunta comunale di centrodestra che ha presentato oggi, come spiega l'assessore alle attività produttive Roberto Caverni, "un provvedimento urgente e transitorio".

"Serve a frenare il dilagare del degrado che rischia di estendersi a diverse zone del centro storico - precisa Caverni - e nell'attesa di approvare il nuovo regolamento del commercio". Secondo l'assessore della giunta retta dal sindaco Roberto Cenni, vale per tutti "l'esempio di via Pier Cironi", dove i negozi sono ormai in mano alla comunità nigeriana e dove anche l'estetica lascia a desiderare. Le nuove norme riguardano tutte le "attività artigianali di cottura alimenti".

fonte: Repubblica

giovedì 29 ottobre 2009

Radio Padania, "I trans sono cessi immondi, aborti della natura"

da http://danielesensi.blogspot.com/

(...)

Come testimonia questa telefonata giunta a Radio Padania, durante la quale le trans vengono definite "cessi immondi", "aborti della natura", senza che la conduttrice in studio (e non è la prima volta che succede) ritenga opportuno interrompere il collegamento, o almeno prendere le distanze, obiettare, censurare. Nemmeno quando dall’altra parte del telefono vengono invocate, per i migranti, le "espulsioni di massa, come in Germania":

“Per avere giustizia avrei dovuto essere violentata da dei romeni”

Incredibile ed ignobile la posizione che quasi tutto il paese di Montalto di Castro, cittadina di diecimila abitanti in provincia di Viterbo al confine con la Maremma toscana, ha assunto, seguendo l’esempio dato dal suo Sindaco Salvatore Carai del Partito Democratico, in ordine al destino giudiziario di otto suoi giovani concittadini, tutti minorenni, accusati di aver stuprato una loro conterranea quindicenne nella pineta della marina del paese.

“Quella ragazza era una poco di buono, è stata lei ad attirare nella pineta i ragazzi che poi ha accusato dello stupro, il Tribunale dei minorenni di Roma ha capito quella che è la verità ed ha liberato i giovani minorenni nostri concittadini” dicono quasi tutti i montaldesi senza distinzione d’età e di ceto. Tra gli implacabili accusatori della ragazzina, un ottimo curriculum scolastico alle spalle, ci sono giovani ed anziani, professionisti, commercianti ed artigiani, persino un carabiniere. La giovane vittima dello stupro, disperata, ha dovuto abbandonare la cittadina laziale ed andare a vivere a Roma dove ha cercato di ricostruirsi una vita ma a tutt’oggi non è ancora riuscita a metabolizzare l’accaduto ed a reintraprendere il suo più che egregio percorso scolastico.

La decisione del Tribunale per i minorenni romano di sospendere sino al 2012 il procedimento a carico dei presunti violentatori e di affidarli in prova ai servizi sociali, procedimento peraltro più che legittimo, su di lei non causa altro effetto che quello di rigirare il coltello nella piaga. “ Io non ho ottenuto giustizia solamente perché i miei violentatori non erano romeni ma italiani” si è sfogata la ragazza ai microfoni di una televisione d’importanza nazionale. A rincarare la dose Salvatore Carai, sardo barbaricino di Orune, Sindaco di Montalto di Castro in forza al Partito Democratico, ala bersaniana, zio di uno dei violentatori che ha dichiarato: “Quei ragazzi ingiustamente accusati sono dei bravi ragazzi. Dalle nostre parti le uniche bestie sono gli immigrati romeni. Loro si che lo stupro l’hanno nel sangue”.

fonte: Agoravox

mercoledì 28 ottobre 2009

A Roma svastica su negozio di ebrei, nera e senza firma

Una svastica, piuttosto evidente, è stata tracciata con una vernice spray, nel corso della notte, sulla serranda di autorimessa appartenente ad una famiglia ebrea nella Capitale. A denunciare l'accaduto è stato lo stesso proprietario dell'attività commerciale di vicolo dell'Imbarco, nella zona della Magliana, a sud di Roma.

Immediati i rilievi scientifici dei carabinieri della Compagnia Eur che starebbero anche visionando alcuni filmati di una telecamera a circuito chiuso per risalire agli autori del gesto. Un gesto che arriva proprio nell'anniversario della marcia su Roma e all'indomani dell'affissione, e della seguente rimozione, di decine di manifesti inneggianti proprio alla marcia su Roma e raffiguranti Benito Mussolini, affissi ieri in alcune strade del centro storico.

fonte: ANSA

martedì 27 ottobre 2009

Giovani bolognesi fanno un incidente ma accusano i filippini

Questa è la storia di una bravata nascosta da una bugia intinta nel pregiudizio. Giovedì sera un gruppo di adolescenti, con la leggerezza dell´età, decidono di divertirsi con quello che il codice della strada definisce burocraticamente un «quadriciclo a motore» volgarmente chiamato «macchinino», vale a dire un motorino con la carrozzeria che si può guidare a 14 anni. In sette salgono e scorrazzano in direzione della Capannina, ma il gioco finisce male. Il «macchinino» si capotta e tre si fanno male. I feriti, più un altro compagno d´avventura, scendono verso lo Chalet dei Margherita e si lavano il sangue che cola dai tagli, ma l´acqua non basta. Così decidono di recarsi al pronto soccorso del Sant´Orsola. Cos´è successo? «Ci hanno aggrediti i filippini» è la risposta che copre la ragazzata. E qui sta la parte veramente antipatica di una storia che, di per sé, sarebbe archiviabile tra le intemperanze giovanili. I filippini diventano il facile bersaglio delle loro accuse in quanto stranieri, con la pelle scura e pertanto già sub judice.

Stranieri e pertanto già con addosso l´aura dei mezzi criminali. Copione tristemente noto nel campionario dei pregiudizi, che tuttavia ha retto solo per un paio di giorni. La ricostruzione dei tre feriti è stata contraddetta dagli altri compagni di bravata coi quali non era stata concordata. A partire dalla proprietaria del "macchinino" che a papà e mamma ha raccontato la verità, e cioè di aver avuto un incidente. Del resto, come avrebbe potuto nascondere le ammaccature alla carrozzeria? Incidente? Ma quindi quei tagli ve li siete fatti in quel momento? Alla fine è arrivata l´ammissione.

fonte: Repubblica

Il sottile razzismo nascosto dalla coltre dell'indifferenza.

Non so se il tunisino Tourka Faycel sia uno degli autori dello stupro della giovane romena. Saranno i magistrati a giudicare l'indagato sulla base delle prove raccolte contro di lui.
Ciò che deve fare riflettere in questo momento è la quasi totale indifferenza delle Istituzioni e dell'opinione pubblica sul grave episodio di Vittoria. Nessun esponente della cosiddetta "società civile" ha manifestato solidarietà alla vittima. Né le cronache registrano sermoni di parroci. Un paio di politici hanno espresso preoccupazione per l'episodio di violenza, quasi a volere sottolineare che i presunti responsabili sono i "soliti" immigrati. Ma che importa: la giovane stuprata è romena, i carnefici sono, così dicono, nordafricani.
Cosa sarebbe successo se ad essere violentata fosse stata una nostra donna? Ci saremmo limitati all'indignazione collettiva e alle fiaccolate, o avremmo organizzato una caccia all'uomo su e giù per le campagne piene di disperati? Nessuno lo può dire.
Certo è che i ragusani hanno saputo e si sono girati dall'altra parte. L'ignavia e l'indifferenza possono essere sottili forme di razzismo.

fonte: suddest

Malta e Italia non soccorrono un barcone di immigrati e uno muore

C'è anche il corpo di un uomo privo di vita fra i 207 migranti soccorsi da mezzi navali italiani dopo un lungo peregrinare nel Canale di Sicilia. Lo riferisce la Capitaneria di porto di Catania. Si tratta di un uomo il cui corpo è ancora adagiato sul barcone a largo di Pozzallo, nel ragusano che viene rimorchiato da una motovedetta della Guardia di finanza.

La polemica di ieri, prima dell'intervento dell'Italia per salvare i migranti, riguardava il mancato soccorso, nei giorni precedenti, da parte delle autorità maltesi, quando il barcone si trovava in acque di loro competenza. Secondo i maltesi però, dal momento che il primo allarme è stato ricevuto da un cittadino straniero residente in Sicilia, il coordinamento dei soccorsi spettava all’Italia perché proprio l’Italia ha ricevuto la prima segnalazione.

Secondo le prime informazioni, gli immigrati sarebbero in gran parte somali ed eritrei, con la possibilità, quindi, di chiedere diritto d'asilo. Secondo il responsabile della polizia di frontiera del Viminale Rodolfo Ronconi, a salvare gli immigrati è stato, paradossalmente, proprio il mare in tempesta: "Se la petroliera italiana che ha scortato il barcone - spiega Ronconi - fosse riuscita a prendere a bordo gli immigrati, avrebbe dovuto riportarli verso le coste libiche, dalle quali erano partiti". Il loro arrivo in Italia (che proprio per le condizioni del mare ha anche rinunciato al respingimento), con qualche possibilità di ottenere asilo, sarebbe quindi da attribuire alle condizioni meteo.

Tra le persone sbarcate e che l'Italia avrebbe voluto respingere anche 4 donne incinta e 26 bambini.

fonti: Clandestinoweb, Cnrmedia e ANSA

lunedì 26 ottobre 2009

Milano, volantino minaccia gli immigrati "Non costringeteci a usare i bastoni"



Non ne possono più dei quindici senza tetto africani che «dormono, urinano, si ubriacano e fanno sesso» in galleria Buenos Aires, sotto le loro case. A Milano scenderanno in piazza i residenti di via Masera, assieme ai commercianti di corso Buenos Aires, per chiedere «l’intervento del sindaco e del prefetto», prima che qualcuno «decida di risolvere il problema con quattro bastoni», come è scritto nel volantino shock che annuncia la manifestazione. Si protesta anche per la presenza sul corso di venditori abusivi, «mai numerosi come oggi», come dice Luigi Ferrario, presidente della associazione dei negozianti Buenos Aires Futura. Al “presidio per la sicurezza” di mercoledì prossimo, alle 11 in corso Buenos Aires 36, ci saranno anche esponenti politici e dei partiti: dalla Lega al Pdl, fino alla lista Ferrante, all’opposizione a Palazzo Marino.

Esasperati dalla presenza degli africani, che in più occasioni hanno aggredito chi chiedeva loro di spostarsi, i residenti mercoledì scorso hanno anche organizzato una sorta di ronda: sono scesi in strada alle 23, ora a cui si presentano i quindici uomini, e si sono messi a chiacchierare in capannello, occupando lo spazio dove ogni notte vengono gettati i cartoni e i sacchi a pelo. «Non siamo razzisti e con i clochard che dormono qui da anni non abbiamo mai avuto problemi — dice la portavoce del comitato di via Masera — ma di questi non ne possiamo più. Il Comune deve trovare loro una sistemazione dignitosa e liberarci così dagli schiamazzi e dalla vista di escrementi sui marciapiedi e sesso consumato in strada». I controlli di polizia hanno riscontrato che gli africani, accampati in viale Vittorio Veneto fino al luglio scorso e poi cacciati dai vigili, hanno tutti documenti regolari e permessi di soggiorno “per ragioni umanitarie”.

I volantini che convocano il presidio, appesi sui muri e sulle serrande dei negozi, hanno toni duri. Si chiede alle istituzioni di intervenire contro «un vero schifo» precisando che «è loro preciso dovere». E denuncia «l’arroganza e la prepotenza dei venditori abusivi, non importa se gialli, neri, rossi o bianchi». La manifestazione, proclamata venerdì scorso, ha rapidamente raccolto l’adesione dei comitati dei quartiere di ogni colore politico. E sono arrivate le promesse di presenza da parte degli esponenti partiti, soprattutto di quelli di centrodestra, che sostengono quella giunta comunale a cui i residenti chiedono soluzioni.

Lo 'sceriffo' Gentilini lontano dai comizi per tre anni

Giancarlo Gentilini, vicesindaco di Treviso per la Lega Nord, è stato condannato dal Tribunale di Venezia per aver usato parole troppo forti contro gli immigrati e contro la possibilità di aprire moschee in Italia. Gentilini, soprannominato lo 'sceriffo', aveva usato delle parole molto dure nel corso del raduno della Lega di Venezia nel 2008. A seguito di quel comizio era scattata una denuncia con l'accusa di istigazione al razzismo.
Il Tribunale di Venezia, in rito abbreviato, ha accolto la tesi dell'accusa condannando Gentilini a 4 mila euro di multa e sospensione per tre anni dai pubblici comizi.

fonte: Peacereporter

venerdì 23 ottobre 2009

Traffico di umani: un italiano truffa 68 dominicani, cerco un giornale che riporti la notizia

La legge italiana di fatto impedisce l'immigrazione regolare in Italia, infatti è possibile chiedere il permesso per motivi di lavoro un solo giorno ogni due anni circa. In quell'occasione un datore di lavoro italiano deve invitare un cittadino extracomunitario che si trova all'estero a lavorare presso di lui (come l'ha conosciuto?) poi si attende circa un anno e mezzo per avere la risposta (ne avrà ancora bisogno?). Questo meccanismo spinge molte persone a credere a chi promette vie più facili per accedere al nostro paese.
Questa è la storia di Adriana che come altre 67 persone ha creduto a un italiano molto attivo a Santo Domingo. Adriana ha 24 anni, studia all'università più antica delle americhe farmacologia, ha un figlio e lavora in una ricevitoria del lotto. Viene avvicinata dal nostro connazionale che le offre, in cambio di 2.000 euro un posto di lavoro in Italia, regolare e ben retribuito (oltre 2.500 euro al mese). Adriana ci pensa un po', poi inizia a chiedere prestiti a banche e usurai per raccimolare i soldi necessari al viaggio. Qualche mese in Italia le permetterebbero di cambiare vita e tornare in Repubblica Dominicana con una cifra sufficiente per garantire un futuro a suo figlio. Non ha soldi per pagare l'università che lascia, viene lasciata a casa dal lavoro perchè, con una partenza in vista, non conviene al suo datore di lavoro.
Il nostro onesto lucratore aveva un giro di 68 persone a cui arrivava a chiedere anche 7.000 euro per organizzare il viaggio, aveva messo insieme un gruzzolo di oltre 130.000 euro rubandoli a persone disperate e in cerca di un'illusione. Poi è sparito lasciando che la polizia arrestasse la sua complice e dandosi latitante, magari ricongiungendosi con qualche camorrista italiano che sull'isola abbondano.
Queste sono le storie che gli onesti italiani costruiscono lontano dalla loro patria giocando sporco, speculando sulla disperazione delle persone e sulla rigidità della legge italiana. Cerco un giornale disposto a raccontare questa storia, così sapremo perchè all'estero non siamo sempre amati.

fonte: www.kuda.tk

"No al cimitero islamico a Corbetta!": Cavaliere fonda un gruppo su Facebook, quasi 400 gli iscritti

Ha raggiunto quasi 400 adesioni nel giro di pochi giorni il gruppo su Facebook chiamato "Contro l'area Islamica Musulmana nel cimitero Cristiano di CORBETTA". Un gruppo fondato martedì scorso dal consigliere di opposizione Claudio Cavaliere, ex esponente della maggioranza corbettese, che sta conducendo una accesa battaglia contro la possibilità di destinare un'area del cimitero di Corbetta ai seguaci della religione di Maometto. Al gruppo hanno aderito esponenti politici della Lega Nord, quali Fabrizio Cecchetti e Simone Gelli. Non sono mancate le polemiche, sottolineate da alcuni membri che hanno attaccato il fondatore del gruppo.

"Nel 2008 - spiega Cavaliere - è passata, con i soli voti della maggioranza di centro sinistra di Corbetta, l'approvazione del nuovo regolamento del cimitero di Corbetta. Questo senza che nel programma del centro sinistra ci fosse stata alcuna menzione di tale progetto. Così si è creata la possibilità di una area di circa duecento tombe rivolte con la punta di testa verso La Mecca. Per il centro sinistra le esigenze degli asiatici vengono sempre per prima. Se l'area venisse realizzata, Corbetta attirerebbe musulmani da tutto il mondo. La notizia si è già diffusa in Pakistan, paese dove bruciano vivi i Cristiani oppure li sgozzano come capre. A Corbetta la comunità pakistana ottiene sempre tutto quello che vuole dall'amministrazione. L'area, nella foto, è la parte a sud-est a forma di "punta di lancia". Anch'essa è rivolta verso La Mecca. Per adesso tale islamizzazione del cimitero è prevista solo a livello regolamentare. Ma se lo stesso gruppo di potere governerà ancora Corbetta, il progetto di annientamento della cultura autoctona, celtica e cristiana, verrà portato avanti. E non solo della cultura. Costruire un area islamica in un cimitero cristiano, è ancora più pericoloso che costruire una moschea".

fonte: Città Oggi Web

Leghisti indagati per la baruffa con gli immigrati

Sarebbero tre tesserati della Lega Nord, tra cui un coordinatore del Movimento Giovani Padani, i protagonisti della lite con dei camerieri albanesi accaduta a Venezia durante la festa dei popoli padani. I tre, tutti della bergamasca, sono indagati assieme a una quarta persona che dovrebbe essere un semplice simpatizzante leghista. I fatti risalgono allo scorso 13 settembre, quando scoppiò un litigio tra alcuni partecipanti alla manifestazione della Lega e i camerieri di un ristorante veneziano, degli immigrati. L'alterco, pare innescato da un giovane che aveva alzato il gomito, si risolse con qualche pugno e dei tavoli rovesciati per terra: un episodio di poco conto, ma gli uomini della Digos di Venezia e di Bergamo si sono lanciati nelle indagini con uno zelo che, da parte delle forze dell'ordine italiane, spesso manca quando si tratta d'indagare su altri fatti criminosi, i cui colpevoli ben raramente vengono assicurati alla giustizia. I poliziotti, dopo aver esaminato con pazienza certosina migliaia di fotogrammi tv e delle telecamere di sicurezza oltre a un numero colossale di foto della manifestazione leghista, sono risaliti alle persone che avrebbero preso parte alla baruffa. Siccome a prendere le botte furono degli immigrati, pare che nei confronti dei padani possa scattare anche la denuncia per razzismo. Cristian Invernizzi, segretario provinciale leghista bergamasco, ha già precisato che se gli indagati risulteranno iscritti verranno sospesi dal movimento in via cautelativa.

fonte: Il Padano

mercoledì 21 ottobre 2009

Il sindaco leghista accusa la vigilessa "Al telefono ha l'accento meridionale"

Vigilessa rimproverata dal sindaco perché risponde al telefono con l'accento meridionale. E' accaduto a Tradate, in provincia di Varese, dove la vicenda è finita sui banchi del consiglio comunale dopo un'interrogazione presentata dal centrosinistra. E' lo stesso sindaco, Stefano Candiani, che è anche il segretario provinciale della Lega Nord, a spiegare al sito varesenews.it che era stato lui a telefonare in Comune, "ma non avevo capito cosa era stato detto al telefono". Candiani aveva poi chiesto formalmente al comandante dei vigili urbani, Claudio Zuanon, "maggiore attenzione da parte di chi risponde al telefono".

La vigilessa, da parte sua, ha chiesto al comandante di essere esentata dal servizio di risposta telefonica. E l'opposizione si chiede: sarebbe successa la stessa cosa se la vigilessa avesse risposto con l'accento lombardo? Il sindaco assicura di sì: "Si sta parlando della lingua italiana. E' una questione di rispetto nei confronti dei cittadini". Sempre in Lombardia, però, la Lega ha fatto della difesa del dialetto uno dei suoi cavalli di battaglia. Tanto da istituire il centralino in dialetto al comune di Como, per esempio, e realizzare un tigì in dialetto sulla tivù leghista Telepadania.

fonte: Repubblica

martedì 20 ottobre 2009

Genova, sesso in cambio di favori Sospeso direttore carcere femminile

Avrebbe abusato sessualmente di una detenuta marocchina concedendole in cambio vari favori, tra cui anche il permesso di rientrare in ritardo in carcere dopo le uscite previste dal regime di semilibertà. Per questo il direttore del carcere femminile di Genova Pontedecimo, Giuseppe Comparone, è stato sospeso dall'incarico, per decisione del gip del tribunale genovese Adriana Petri, su richiesta dei pm Alessandro Bogliolo e Vittorio Ranieri Miniati. I magistrati ipotizzano a carico di Comparone i reati di violenza sessuale continuata e aggravata dal fatto che la vittima era detenuta, concussione «sessuale», induzione alla calunnia, falso ideologico e materiale.

LA RICATTAVA - Gli inquirenti si erano accorti che la detenuta aveva a disposizione un cellulare nel quale custodiva vari numeri di agenti di polizia penitenziaria che non avrebbe dovuto avere. Nella rubrica aveva anche il numero di cellulare del direttore del carcere. Il caso emerse un giorno che la donna non si presentò al lavoro. In quell'occasione il direttore Comparone fu accusato di avere svolto accertamenti per appurare dove fosse stata la donna, senza poi presentare rapporto all'Amministrazione carceraria. Fu la donna stessa, interrogata dagli inquirenti, a parlare delle violenze sessuali che sarebbero state perpetrate non come violenza fisica, ma come ricatto. La donna, dopo l'apertura dell'inchiesta, fu immediatamente trasferita nel carcere di Monza. Comparone, difeso dall'avvocato Mario Iavicoli, sostenne un interrogatorio di fronte al gup durato sette ore. Le sue spiegazioni non sono state giudicate convincenti dal giudice Petri. L'interdizione avrà durata di due mesi e sarà passibile di reiterazione dietro richiesta della procura.

fonte: Corriere della Sera

Il dormitorio su una striscia d’asfalto

Milano, un sabato d’inizio ottobre, clima tiepido che spinge le persone a uscire di casa. Più che altro per fare shopping. Corso Buenos Aires è pieno di traffico: lungo il canalone che porta dal centro alla periferia scorre un flusso continuo di auto e di persone, attirate dalle vetrine con la merce in saldo.

Verso sera molti tornano a casa. Alcuni – pochi – vanno verso piazza Oberdan, più per prendere il tram o la metropolitana che per assistere alla quinta Notte bianca della solidarietà. In questa striscia di asfalto pedonale nel centro della città vivono e dormono da più di sei mesi alcuni rifugiati politici provenienti dal Corno d’Africa, in particolare dall’Eritrea.

Cercano così di attirare l’attenzione su una situazione ai limiti del tollerabile. E per questo subiscono intimidazioni e ritorsioni da parte del comune, della polizia e della questura (che ha anche cercato di fargli revocare, senza riuscirci, lo status di rifugiati). Queste persone, tra cui ci sono anche donne e bambini, sono state allontanate a fine aprile da uno stabile abbandonato a Bruzzano, alle porte di Milano. Costrette a lasciare il loro alloggio, obiettivamente fatiscente ma comunque necessario, rivendicano il loro diritto a un’esistenza dignitosa. E per farlo usano la loro presenza fisica in un luogo ben visibile della città.

Paulos, uno dei portavoce dell’iniziativa, mi dice: “Ora siamo in quaranta, ma all’inizio eravamo più di trecento”. Molti hanno trovato rifugio negli edifici vuoti e inutilizzati che costellano Milano. Altri immigrati sono riusciti a “scappare” dall’Italia. Ma i rifugiati non hanno questa possibilità: se non vogliono infrangere la legge sono costretti a rimanere qui. “E qui stiamo morendo”, afferma Paulos.

L’unica alternativa offerta dal comune di Milano è il dormitorio pubblico. “Le famiglie sono separate, i maschi vengono divisi dalle femmine”, continua, “e siamo costretti a entrare alle otto di sera e a uscire alle sette di mattina”. Questa non è una casa. È solo una toppa troppo piccola per il buco da coprire, e li costringe a passare l’intera giornata per strada.

Il comune indifferente
Così, loro in strada preferiscono starci sempre, per manifestare pacificamente contro un’amministrazione comunale cieca, insensibile, avida e avara, non molto diversa dai cittadini che l’hanno eletta. Un’amministrazione comunale che infrange le convenzioni di Ginevra e non investe i finanziamenti che ha ricevuto dall’Unione europea per affrontare il problema dei rifugiati.

Questi soldi non arrivano ai diretti destinatari, che non ricevono quello che gli spetta secondo le leggi internazionali: innanzitutto un alloggio, ma anche corsi di formazione e di lingua, oltre ai ticket per mangiare e per accedere ai trasporti pubblici. “Come dice un proverbio cinese: ‘Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita’”, conclude Paulos. Poi torna in mezzo alla piazza tra i banchetti delle informazioni. Tra poco cominciano la cena e il concerto.

Io, però, devo andare. Per spostarmi prendo la bici, non l’autobus. Il comune di Milano, poco tempo fa, ne aveva inaugurato un nuovo modello, con le sbarre ai finestrini. In questi autobus gli immigrati sprovvisti di documenti venivano caricati ed “esposti” per ore prima di essere trasportati alla centrale dei vigili urbani per gli accertamenti. Moderne galere a cielo aperto, sono stati “dismessi”, solo dopo aver provocato lo sdegno di molte persone (ma l’approvazione di altre). Per dimostrare che Milano non è una città razzista, e che i diritti – anche semplicemente i diritti umani – sono uguali per tutti. Gabriella Kuruvilla

fonte: Internazionale

lunedì 19 ottobre 2009

Passeggera denuncia: «Insultata da bigliettaio Met.ro: "ebrei pieni di soldi"»

Secondo la donna, Barbara Levi Carrisi, ieri alle 11, nel comprare quattro biglietti «ho dato al bigliettaio, un giovanotto sulla trentina, una banconota da 50 euro. Subito si è messo a protestare perché non aveva il resto da darmi e poi sono partiti gli insulti con riferimento "agli ebrei pieni di soldi". Probabilmente il giovanotto ha notato il mio braccialetto con la stella di Davide. Non sapendo nulla di me e pertanto che non sono neppure ricca: avevo soltanto prelevato i soldi al bancomat poco prima».

«Il bigliettaio mi ha così detto - prosegue la donna - che avrei dovuto acquistare almeno 30 biglietti, se no non aveva il resto da dare. Mi sono opposta fermamente. Me li ha dati per forza ma io ne presi soltanto 4. Ho commentato che la proposta sarebbe andata bene per la trasmissione Striscia la notizia. Ed è allora che il bigliettaio mi ha strappato letteralmente di mano i biglietti con una violenza e arroganza tale da spingermi a scrivervi per un formale reclamo».

«Non potendo attendere ulteriormente, ho chiesto 10 biglietti ma lui voleva obbligarmi a comperarne 25 e io ho detto "più di 20 non ne prendo". Così me li ha sbattuti sul bancone e il resto è saltato fuori e senza nessun problema».

fonte: Messaggero

Picchiano venditore di rose, denunciati 4 «skinheads»

Prima gli hanno urlato: «Vattene dall’Italia». Poi lo hanno insultato e, infine, giù con le botte. Aggredito da quattro skinheads, fra i quali una ragazza di 22 anni di Pistoia, un bengalese di 31 anni ne avrà per 7 giorni. Fra i primi soccorritori, anche le coppiette alle quali, in un ristorante di Prato, a due passi dalla cattedrale, l’extracomunitario aveva cercato di vendere rose. Dal ristorante è partita, ancora prima che il giovane del Bangladesh chiedesse aiuto, la chiamata al 112. Non era neppure troppo tardi. Mezzanotte e mezza. I carabinieri, che in pochi minuti hanno individuato gli aggressori - che si erano dati alla fuga - riferiscono che il giovane non ha provato neppure a difendersi.

LA BANDA DEI NAZISKIN - Uscito dal locale, non poteva immaginare d’imbattersi in un quartetto di giovani scalmanati, di quelli con la testa rasata, gli anfibi ai piedi, i giubbotti neri, la passione per i simboli nazifascisti. Secondo gli inquirenti, il capo - denunciato - è un ventunenne, tatuato su tutto il corpo, residente nella vicina Pistoia e già conosciuto come naziskin. Insieme a un compagno di branco ha picchiato l’immigrato, incitato dagli altri due, compresa la ragazza. Adesso, i quattro dovranno rispondere di «concorso di persone in violenza privata, lesioni personali aggravate per aver commesso il fatto con finalità di odio razziale». Un’aggravante, quest’ultima, che permette ai militari e alla magistratura di procedere d’ufficio. Il capo del branco dovrà anche rendere conto del coltello a serramanico che i carabinieri hanno trovato sulla sua auto, insieme a cd musicali con simboli nazisti. A bordo dell’auto dei ragazzi, i militari hanno sequestrato cd musicali con emblemi nazifascisti e un coltello a serramanico

IL CAPO E I GREGARI - Gli altri, un genovese di 21 anni, la giovane pistoiese e un diciottenne di Firenze, secondo i carabinieri sono «gregari» del capo, simpatizzanti d’estrema destra che, con molte probabilità, si sono conosciuti durante un rave party o un altro raduno da qualche parte d’Italia. Una banda non pratese e, quindi, non animata da un odio razziale covato in una città che con l’immigrazione deve fare i conti quotidianamente: Prato ospita una fra le comunità cinesi più numerose in Italia. «Non lavorano e non hanno problemi a muoversi», spiegano gli inquirenti, secondo i quali l’episodio è isolato e non era stato premeditato. Dura e bipartisan la condanna. Per il sindaco di Prato, Roberto Cenni (Pdl), «la città è una polveriera»: il primo cittadino parla di «episodio intollerabile». Sulla stessa linea il capogruppo del Pd, Massimo Carlesi: «Un fatto gravissimo figlio del clima d’odio che si respira in Italia».

fonte: Corriere della Sera

Roma dice stop a lavavetri e mendicanti Ma i servizi sociali aiuteranno i più deboli

Stop a lavavetri, giocolieri e poveracci che mendicano ai semafori. Dal primo novembre nella Capitale si cambia. Sarà firmata martedì 20 ottobre (e durerà un anno) l'ordinanza che vieta di «esercitare mestieri non autorizzati sul suolo pubblico e di turbare il traffico». Lo ha annunciato proprio il sindaco Alemanno in un'intervista televisiva. Quindi niente più omini con secchielli e spugne, né giovani speranza dell'arte circense, ma neanche mendicanti, spesso piccolissimi, e venditori di fazzoletti e profuma-auto.

L'ORDINANZA - Ma a differenza di quella già applicata a Firenze, l'ordinanza di Roma conterrà non solo sanzioni per chi non la rispetterà, bensì anche la possibilità di un reinserimento sociale qualora si appurino condizioni di sfruttamento. Se si scoprirà che il lavavetri è clandestino verrà accompagnato nei centri di identificazione ed espulsione. Altrimenti, secondo quanto previsto nell'articolo 650 del codice penale, una multa fino a 200 euro, oltre al sequestro dell'attrezzatura.

fonte: Corriere della Sera

Napoli: bimbo morto e madre in fin di vita per un braciere

Giacevano sul letto, madre agonizzante e figlio morto. Il corpicino del piccolo, sei anni, accanto a quello della donna ridotta in gravi condizioni. Questa la drammatica scena a cui hanno assistito i vigili del fuoco, non appena sono entrati nell'appartamentino di via Discesa Sanità a Napoli. Una storia di estrema indigenza sfociata in tragedia. Madre e figlio, capoverdiani, sono stati entrambi intossicati dal monossido di carbonio sprigionato un piccolo braciere, acceso per ripararsi dal freddo pungente che in questi giorni ha gelato la città e per ovviare alla mancanza di altre fonti di calore: l'elettricità era staccata da circa due settimane forse per morosità. È questa l'ipotesi che si fa largo dopo i primi rilievi effettuati dai vigili del fuoco nell'appartamento dove il piccolo Elvis è stato ritrovato senza vita. La donna, 40 anni, invece ora è ricoverata all'ospedale San Gennaro.

fonte: Corriere della Sera

venerdì 16 ottobre 2009

Trans straniero investito nella notte all'Eur

Un trans di circa 45 anni è stato investito nella notte tra martedì e mercoledì all'Eur da un'auto che poi è fuggita. L'episodio , reso noto da Arcigay Roma, è avvenuto non lontano dal luogo dove, a fine agosto, un giovane omosessuale venne accoltellato perchè si baciava in pubblico con il suo compagno. «Ci è stato segnalato un episodio di aggressione che ha visto coinvolta all'Eur C.A, una persona transgender ora ricoverata in ospedale, dove ha subito un intervento alla testa - ha raccontato Fabrizio Marrazzo, presidente di Arcigay Roma -. A contattarci e a riferirci dell'aggressione sono state le sue amiche».

Secondo le prime informazioni, la vittima, circa 45 anni, è stata investita da un'auto tra mezzanotte e le due nella zona dell'Eur intorno al Palalottomatica. I ricordi sono molto confusi, ma le amiche presenti al fatto raccontano come l'automobile, con all'interno un paio di persone, avesse girato intorno alla donna più di una volta. Poi, ha cominciato a seguirla fino ad investirla. A quel punto la 45enne, straniera, ma in Italia da 25 anni, sarebbe stata travolta e buttata per terra battendo la testa. Gli aggressori sono fuggiti in auto lasciandola a terra priva di sensi.
Le amiche hanno preso il numero di targa. «Un'aggressione violentissima e dolorosa» spiega ancora Marrazzo, «da condannare con forza. Se dovesse essere confermato il movente discriminatorio saremmo di fronte a una circostanza dalla gravità eccezionale».

fonte: Corriere della Sera

Aggredito egiziano con slogan fascisti

Roma, «In quattro sono scesi dalla macchina in pieno giorno, verso le 12, all'altezza di Valco San Paolo - Viale Marconi, hanno aggredito un ragazzo egiziano e se ne sono andati via, dopo 'l'eroica vigliaccatà, inneggiando a Mussolini». Lo denuncia Andrea Catarci, presidente del Municipio XI. «Il ragazzo, in evidente stato di shock, è stato ricoverato all'ospedale San Camillo, dove gli è stata riscontrata la rottura del setto nasale», racconta Catarci.

fonte: Corriere della Sera

giovedì 15 ottobre 2009

Per entrare in discoteca bisogna esibire il permesso di soggiorno

La decisione del proprietario del locale di vico della Quercia di ammettere solo gli extracomunitari con permesso di soggiorno o visto turistico in regola scatena un coro di proteste. Durissima la presa di posizione di Jammal Qaddorah, responsabile immigrazione della Cgil in Campania, che ieri ha appreso da Repubblica quanto sta avvenendo nel "tempio" partenopeo del reggae. «Alla stupidità non c´è limite - attacca il sindacalista - un privato non può permettersi di chiedere il permesso di soggiorno, compito che spetta esclusivamente alle forze dell´ordine. Queste vicende paranoiche sono il frutto del clima razzista che serpeggia in Italia e, purtroppo, ormai anche a Napoli». Qaddorah svela anche un altro inquietante episodio: «Un immigrato mi ha raccontato che su un autobus il controllore gli ha intimato di mostrare, oltre al biglietto di viaggio, anche il permesso di soggiorno. Bisogna agire con decisione affinché avvenimenti del genere non continuino a verificarsi».

fonte: Repubblica

Modena. Razzismo alla New Holland?

Che gli operai non vivono una condizione di uomini liberi, ma siano degli schiavi sfruttati oppressi degli schiavi moderni, questa è una verità assodata.

Un dato di fatto che la stessa realtà di vita della fabbrica ci sbatte in faccia brutalmente, attraverso l’applicazione dell’unica legge che lì conta e domina, quella del padrone.

Tutto il resto la democrazia, l’uguaglianza, la libertà di pensiero, di parola di espressione, i diritti, sono solo tanta aria fritta.
(...)
Abbiamo il capo squadra della linea APL (1572) Chiatto che durante l’applicazione del WCM nella propria squadra, trovando alcune giacche personali di alcuni suoi operai appese a degli attaccapanni; e chiedendo a chi appartengono le riconsegna a mano agli operai italiani, mentre all’operaio di colore che si appresta ad andarla a ritirare la butta nel bidone dell’immondizia. Il tutto davanti agli altri operai della squadra e al delegato della FIOM che restano esterrefatti per il gesto. Come RSU unitarie abbiamo chiesto un provvedimento disciplinare nei confronti del capo, che infliggesse almeno un giorno di sospensione vista la gravità del gesto e il problema del razzismo crescente. Ma come volevasi dimostrare la legge non è uguale per tutti, mentre per noi operai basta una piccola infrazione per essere ripresi, multati o sospesi a loro tutto è concesso.

fonte: Il pane e le rose

CDA PROIBITO PER DONNE E STRANIERI

Nell’autunno del 2007 nessuna italiana compariva nella classifica Top 25 businesswomen in Europe del Financial Times . Nella FT Top 50 women in world business del 25 settembre 2009 appaiono invece Emma Marcegaglia e Diana Bracco: un fatto che sembrerebbe suggerire enormi passi in avanti in un intervallo assai breve. (1)

IL PROFILO DEI CONSIGLIERI

Sfortunatamente, la composizione dei consigli d’amministrazione delle società del Mib30 mostra che la situazione rimane critica. Su 466 cariche consiliari, soltanto undici sono ricoperte da donne. (2) In ben ventidue società non siede nessuna donna, mentre soltanto in due – Fininvest e Saipem – il peso femminile supera, di poco, il 10 per cento del consiglio. Marina Berlusconi, occupa due incarichi (Fininvest e Mediobanca), dunque le amministratrici sono solo dieci. Hanno però un profilo demografico ed educativo interessante: sono più giovani (meno di 52 anni di media per le otto amministratrici di cui disponiamo dell’età) e qualificate (otto laureate sulle nove per cui abbiamo il dato) rispetto alle élite italiane in generale. Altrettanto interessante notare come in questo piccolo campione ci sia una donna straniera, Ana Maria Botìn, che siede nel consiglio di Generali.
L'altra caratteristica della governance delle grandi società italiane è infatti la presenza ancora modesta di amministratori stranieri, in particolare tra gli indipendenti. Il dato grezzo di 67,5 posizioni sempre su 466 cariche appare significativo, ma è fuorviante: in alcuni casi, soprattutto nelle banche (Carige, Mps, Mediobanca), gli amministratori non-italiani rappresentano gli interessi di azionisti esteri e si può sostenere che pertanto non apportano un contributo addizionale di esperienza e di contatti rispetto a quello che già consegue all’internazionalizzazione della proprietà. In altri, invece, la presenza di qualche manager straniero in posizioni apicali è il riconoscimento dell’elevato grado di internazionalizzazione produttiva, vuoi per la natura sui generis della proprietà (una famiglia italo-argentina per Tenaris, Goldman Sachs per Prysmian), vuoi per il ruolo delle acquisizioni all’estero nel permettere la crescita dimensionale (Lottomatica, Saipem e UniCredit, ma anche Generali). Amministratori indipendenti stranieri sono presenti in maniera significativa soltanto in Fiat – Roland Berger, René Carron e Ratan Tata – e Telecom – sempre Roland Berger e Jean Paul Fitoussi. (3) Oltre a Berger, tedesco, sono tre gli amministratori stranieri che siedono in più di un consiglio: il francese Antoine Bernheim (Generali e Intesa Sanpaolo), il tedesco Dieter Rampl (Mediobanca e UniCredit) e il tunisino Tarak Ben Ammar (Mediobanca e Telecom). In compenso, nei trenta principali consigli d’amministrazione italiani non si corre il rischio di incontrare un cinese, un brasiliano, un sudafricano, un giapponese e, con l’eccezione di Tata, un indiano. Fortunatamente, Franco Bernabè siede nel board di PetroChina, la maggiore società al mondo per capitalizzazione.
Perché questa situazione dovrebbe essere fonte di preoccupazione? Perché numerosi studi empirici trovano una relazione positiva significativa tra diversità del board, con presenza di donne, di stranieri e di determinate minoranze, e performance societaria. (4) Ma anche perché questi dati confermano che la scarsa mobilità delle élite italiane è un problema non solo generazionale, ma anche di background: tutti uomini, se possibile italiani.

fonte e articolo completo su LaVoce.info, che si invita a sostenere

Quando a minare il futuro dei giovani è la legge

Zedan è di origine eritrea, viveva con la madre e una sorella in Sudan, terra di conflitti e di pulizie etniche, ed è sbarcato in Italia alla fine di agosto scorso. Ha 16 anni e mezzo ma a vederlo gliene daresti almeno due di meno.

Oggi vive in una comunità d’accoglienza per minori nel centro Italia, alle cui cure è stato affidato dai Servizi Sociali. Mi chiede se dopo l’intervista diventerà famoso. Mi fa sorridere. Ha un bel visino, non esattamente nero, appena più scuro di quello di un mulatto; e una cornice di riccioli perfetti. E’ visibilmente soddisfatto di ogni parola italiana che esce integra dalla sua bocca. Un miracolo, se solo pensa alle difficoltà di comunicazione di un mese fa.
(...)
Il suo viaggio, iniziato in Sudan, è durato quattro mesi alla fine dei quali è sbarcato al porto di Ancona, attaccato alla pancia di un tir imbarcato su un traghetto greco. Da Khartoum era giunto in Turchia a bordo di un aereo. Zedan non sa come è stato possibile: all’aereoporto lo ha preso in custodia un uomo, un connazionale, che gli ha chiesto di seguirlo e basta, senza fare domande. Avrebbe pensato lui a tutto, sia in fase di imbarco che alla dogana turca. L’uomo ha probabilmente esibito un passaporto falso, in cui Zedan risultava suo figlio. L’unica cosa di cui il ragazzo è sicuro sono i soldi che la madre ha messo da parte, mese dopo mese, sacrificio dopo sacrificio, e che ha sborsato all’uomo per il servizio. Un paio di migliaia di euro. Il resto dei risparmi erano ben nascosti in una tasca interna dei jeans del ragazzo. Lo stesso Zedan ha svolto dei lavoretti, da quando la famiglia si era trasferita dall’Eritrea al Sudan, per mettere da parte qualcosa. Il denaro sarebbe sicuramente servito per le tappe successive. Eccome.
(...)
La tappa successiva alla Turchia è stata la Grecia. Zedan ci è arrivato su una barca minuscola, unico ragazzo in mezzo ad un gruppo di 19 adulti. I soldi, stavolta, li ha dovuti allungare ad un trafficante curdo, che gli ha garantito un angoletto sulla bagnarola. L’unica persona con cui si era accompagnato dallo sbarco turco in poi, un somalo anch’egli in fuga verso l’Europa, proprio durante quella traversata ci ha lasciato le penne. Era il solo di cui Zedan si fosse fidato fino a quel momento ed è stato l’ultimo, fino alla fine dell’odissea. Solo due cose il ragazzo riesce a rievocare di quella traversata in mare, due parole, le prime che ha imparato in italiano: fame e freddo; per il resto non ricorda nemmeno quanto tempo sia durata la navigazione. E inoltre non ricorda, di tutto il percorso, “una sola cosa che sia bella”. In Grecia Zedan ci è rimasto circa tre mesi: camminare e camminare, senza scarpe, dormendo per strada. Ma la fase più dura è stata quella della permanenza a Patrasso, dove nel tentativo quasi giornaliero di imbarcarsi per l’Italia, lungo il percorso tra la baraccopoli dove vivono i clandestini e il porto, più volte è stato inseguito e picchiato dalla polizia greca. Solo dopo essere riuscito a imbarcarsi, grazie all’esborso dell’ultimo gruzzolo rimastogli in tasca, ed essere approdato nel porto italiano, dove la polizia di frontiera lo ha individuato pericolosamente in bilico sotto al mezzo pesante sul cui fondo era aggrappato, la sua vita ha ricominciato a somigliare a quella di un ragazzino.

Se le modifiche apportate dal Pacchetto Sicurezza al testo unico sull’immigrazione, quello conosciuto come legge Bossi-Fini, hanno esonerato alla fine gli immigrati clandestini dall’obbligo di esibire un permesso di soggiorno per accedere alle prestazioni sanitarie e all’iscrizione a scuola, esse non scongiurano invece, ad esempio, che per sottrarsi al pericolo di denuncia da parte del pubblico ufficiale, il genitore straniero privo di permesso di soggiorno eviti di registrare la nascita del figlio o di perfezionare il procedimento di riconoscimento. Così a causa del mancato riconoscimento dei figli, potrebbero aprirsi procedure di adottabilità di questi, con assurde conseguenze sul diritto del minore, universalmente riconosciuto, a vivere e crescere insieme alla propria famiglia. Oppure potrebbero verificarsi situazioni in cui la madre, consapevole del rischio di denuncia, sia indotta a partorire in casa, con evidenti rischi per la salute sua e del nascituro. Altri punti dello stesso provvedimento espongono invece I minori arrivati in Italia senza nessun accompagnamento di parenti, alla violazione dei loro diritti e alla negazione, dopo i 18 anni, di un futuro lontano da guerre e povertà.

Due di questi sono particolarmente gravi. Il primo: essendo aumentata la pena per il reato di mancata esibizione del titolo di soggiorno o del documento di identificazione, con la previsione dell’arresto fino ad un anno e multe fino a 2.000 euro, le pene potrebbero colpire anche i minorenni in situazioni di difficoltà, frequentemente privi di documenti di identificazione che comprovino l’età e quindi di autorizzazione al soggiorno. Ma è il secondo punto quello che grava particolarmente sulla testa di Zedan, qualora non gli fosse riconosciuto lo status di rifugiato a cui proverà ad accedere, e di tutti i minori non accompagnati arrivati in Italia dopo la data di entrata in vigore della legge; perché la norma mina il loro futuro dopo i 18 anni. Infatti secondo il nuovo testo i minori stranieri accolti in strutture, pur sottoposti ad affidamento o a tutela, potranno rimanere in Italia dopo il raggiungimento della maggiore età, solo se siano stati inseriti per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile, come quelli delle comunità educative, oppure qualora riescano a dimostrare la loro presenza in Italia da almeno tre anni (come?). Sarà cioè impossibile, per un neo-maggiorenne straniero al di fuori di questi requisiti, sostituire un permesso di soggiorno per minore età o un permesso per affidamento in un permesso per lavoro o per attesa di lavoro. Nel caso di Zedan, giunto in Italia dopo il varo della nuova legge, egli avrebbe la possibilità, con la comunità, di trovare adulti di riferimento, di affezionarsi a loro, di imparare la lingua, di andare a scuola, di formarsi al lavoro e di integrarsi nella società italiana, salvo essere infine espulso il giorno dopo il suo diciottesimo compleanno, dal momento che, nel conteggio finale, non riuscirebbe a totalizzare i tempi richiesti per avere accesso ad un permesso di soggiorno per lavoro. In risposta all’assurdo di una norma che tutela i minori fino a 17 anni e 364 giorni, per poi cacciarli via -magari dopo averne garantito l’integrazione- gli unici ad essersi ben attrezzati sembrano finora i trafficanti di persone. Si registra infatti, tra gli arrivi di clandestini, una maggiore quantità rispetto al passato di bambini piccoli e adolescenti fino ai 13/14 anni di età, tutti non accompagnati. Per loro sarebbe più facile, in effetti, stare nei tempi della legge fortissimamente voluta da Maroni e dalla Lega, a cui i complici non sono mancati.

fonte e articolo completo su Giornalismo Partecipativo

mercoledì 14 ottobre 2009

Desio, dopo 28 anni lascia l'Italia "Clima razzista, non ne posso più"

Zahra, 51 anni, di origini somale, da settimana prossima non sarà più una cittadina desiana. Ha deciso di abbandonare Desio, la Brianza, l’Italia, dopo 28 anni vissuti nel nostro Paese, di cui 22 nella nostra città. “Non ne posso più di questo clima razzista” racconta la donna, sposata con un desiano. “Sono arrivata qui per amore, ora vado via per disperazione”.

La sua è una storia come tante altre: Zahra da giovane ha lasciato la sua terra, martoriata dalla guerra e dalla fame, ed è partita in cerca di fortuna. “Conoscevo l’Italia dai libri di scuola. Me la immaginavo meravigliosa. E pensavo che gli italiani fossero un popolo allegro e socievole”. L’impatto con la realtà è stato diverso. Difficile l’integrazione per chi ha la pelle più scura. Zahra ha cercato subito lavoro. “Nonostante conosca ben 4 lingue, non ho trovato un’occupazione. Volevo fare la commessa, ma quando mi presentavo ai colloqui la gente mi guardava stupita”.

Col passare degli anni la situazione è peggiorata. “All’inizio sentivo più interesse e curiosità nei miei confronti. Oggi vedo solo razzismo”. Gli episodi da raccontare sono tanti. “Una volta, nel parcheggio davanti alla scuola, mentre aspettavo l’uscita di mia figlia, ho chiesto ad una signora di spostare l’auto. L’ho fatto in modo gentile. Invece, quella donna mi ha risposto sgarbatamente, dicendomi di tornare al mio Paese e che non dovevo essere io a darle lezioni di guida. Mi sono sentita offesa. Se potessi tornare nel mio Paese, lo farei subito”. Gli aneddoti si moltiplicano col tempo.

“Se mi vesto elegantemente, come mi piace fare, gli altri mi guardano con stupore, come se noi africani dovessimo sempre apparire con gli stracci addosso. La gente pensa che in Africa viviamo nudi sugli alberi”. Nel resto d’Europa, secondo la donna somala, la situazione è diversa. “Io viaggio molto perché ho parenti in Olanda, Inghilterra, Svizzera, Francia. Lì non c’è quel razzismo che respiro in Italia”. Con sofferenza, Zahra ha preso la sua decisione. Si trasferirà in Qatar, dove vivono alcuni famigliari.

“Considero l’Italia la mia seconda patria. Ho sempre pensato che sarei invecchiata qui. Ma adesso sono stanca, non riesco più a sopportare le difficoltà. Parto con molta amarezza. Qui non trovo più accoglienza”. In questi anni Zahra ha lavorato per promuovere l’integrazione sua e di tanti altri stranieri. “Per fortuna ho anche degli amici. A loro e a tutti i desiani auguro di aprire il loro cuore e di non ascoltare le brutte parole che sentono in tv contro gli stranieri. E’ diventato necessario tornare a credere in un mondo migliore”.

fonte: il Cittadino

martedì 13 ottobre 2009

Nuova influenza: clandestino malato fugge da ospedale

E` fuggito dall`ospedale perché clandestino. E` accaduto oggi a La Spezia dove due marocchini si sono presentati al pronto soccorso con una grave forma di polmonite dovuta al contagio da Nuova influenza ma quando in corsia sono comparse le forze dell`ordine, uno dei due si è alzato ed è fuggito. L`altro, in condizioni critiche, è stato invece ricoverato nel reparto di rianimazione. Non è la prima volta che uno straniero rifiuta le cure perché intimorito dalle possibili conseguenze del "Paccheto sicurezza" varato dall`Esecutivo Berlusconi. Alcuni mesi fa, a Bari, una giovane nigeriana era stata ritrovata in fin di vita ai margini di una statale, colpita da una forma avanzata di tubercolosi. Anche lei non era andata in ospedale per timore di essere denunciata in quanto clandestina.

fonte: Sole 24 Ore

Picchia due ragazze che si baciano «Al nostro paese c’è la lapidazione»

Infastidito dal­le effusioni amorose tra due ragazze, un gruppo di magre­bini l’altra sera in zona Por­tello a Padova ha usato le ma­niere forti: ne ha scaraventa­ta una a terra e ricoperta di improperi. Tutto perché aveva palesa­to il più naturale dei senti­menti, l’amore, nei confron­ti di una sua coetanea. Un amore insano agli occhi di chi viene da un paese di stretta osservanza musulma­na, dove l’omosessualità ma­schile è diffusa anche se è un tabù di cui non parlare mai e quella femminile qua­si un crimine. Che può costa­re anche il linciaggio: «Al nostro paese queste cose vengono punite con la lapi­dazione », ha sibilato uno dei tre nordafricani in faccia alla ragazza lesbica dopo averla spinta a terra. Poi il giovane magrebi­no, evidentemente alticcio a giudicare dall’alito, ha riferi­to la giovane aggredita, se ne è andato via, sputando a terra in segno di disprezzo.

Il brutto episodio di intol­leranza è successo l’altra not­te in quartiere Portello. In un bar noto per essere «gay friendly», una ragazza di ori­gini brasiliane stava ballan­do in compagnia della fidan­zata. Tra un ballo e l’altro, un po’ per sfida nei confron­ti della compagna dello stes­so sesso ed un po’ perché for­se aveva bevuto uno spritz di troppo, la giovane si è in­trattenuta in ammiccamenti sempre più espliciti con un’altra giovane del gruppo. La cosa non è andata giù alla fidanzata ufficiale che è andata su tutte le furie trasci­nando fuori dal locale l’inna­morata per chiarire il suo comportamento. Ma più del­la baruffa tra compagne a scaldare gli animi è stato l’in­tervento non richiesto di un gruppo di magrebini che ave­va assistito alla scena. Spintoni ed insulti hanno convinto una terza donna che ha assistito alla scena a chiamare la polizia.

fonte: Corriere della sera

Una classe fatta solo di bambini stranieri

Qualche giorno fa il presidente americano Barack Obama, al Late Show di David Letterman, diceva (un po’ scherzando e un po’ sul serio) che sul suo tavolo non arrivano mai problemi che abbiano una soluzione semplice. Fatte le dovute proporzioni, in una situazione un po’ simile si trova anche il sindaco Pd di Luzzara (Reggio Emilia), Stefano Donelli. Luzzara è il comune italiano con la più alta concentrazione di stranieri (19%). Dieci anni fa erano appena il 2%. In “soldoni” su novemila abitanti gli stranieri sono 1600.
Spiega l’assessore alla scuola Mirco Terzi: “La concentrazione di stranieri a Luzzara è stata favorita anche da grossi agglomerati industriali come quelli della vicina Suzzara (in provincia di Mantova) che hanno offerto nuove opportunità agli immigrati. In più la nostra zona offriva condizioni immobiliari più favorevoli”.
Una situazione che in Emilia non è certo unica. Basti guardare al distretto industriale di Sassuolo. Attorno alla cittadina modenese e alla sua industria ceramica si è aggregata una fetta consistente di immigrazione. I paesi vicini, come Fiorano e Formigine, spesso sono diventati i “dormitori” di chi lavora a Sassuolo. Quando Sassuolo è passata in mano alla Lega in aprile, il neo-sindaco ha fatto sapere che avrebbe chiuso la Moschea e che gli altri comuni se ne sarebbero dovuti far carico. La risposta è stata secca: se Sassuolo vuol fare da “capo distretto” e vuole le scuole e gli ospedali si faccia carico anche della Moschea.
Ma come si risolvono queste tensioni? In un Paese in cui la tenuta democratica e istituzionale non fosse stata minata da Lega e Berlusconi, probabilmente con il dialogo e il confronto. In Italia, oggi, purtroppo solo con proclami ideologici.

Torniamo a Luzzara. Sempre l’assessore alla scuola Terzi spiega che la contaminazione tra le culture fatta in senso positivo ha tempi lunghi. Nei tempi brevi restano soprattutto le tensioni. Ma Luzzara in questi anni ce l’ha messa tutta per integrare pakistani e indiani. Tanto che una delle edicolanti del paese è una signora indiana che sarà delegata al congresso provinciale del Partito democratico.
E allora, come nasce la classe di soli bambini indiani? Gigliola Venturini, che è responsabile scuola del Pd di Reggio Emilia difende il sindaco di Luzzara: “Penso che accusare di razzismo l’istituzione scolastica e l’amministrazione comunale sia ingeneroso e sbagliato. Si tratta di istituzioni da anni in frontiera, a difesa della coesione sociale e dell’integrazione, con azioni e progetti conosciuti a livello nazionale”. E poi spiega: “Accade che a Luzzara solo 13 coppie di genitori italiani abbiano iscritto i propri figli alla scuola dell’infanzia statale, minacciando di andare via se separati, mentre tutti gli altri un’altra strada l’hanno già presa”. L’altra strada sarebbe poi, detta brevemente, la scuola materna della parrocchia.
Quella della classe di stranieri, continua la Venturini, è “una situazione estrema a cui è corrisposta una scelta estrema per le istituzioni, ancorché dolorosa”.

fonte: viaemilianet

lunedì 12 ottobre 2009

la Croce Rossa somministra psicofarmaci a immigrati reclusi nei Cie

La Croce Rossa Italiana ha ammesso di somministrare farmaci sedativi e ipnotici agli immigrati trattentui nel centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma. A rivelarlo è stato G.E., coordinatore medico della Croce Rossa che ha specificato che gli psicofarmaci sarebbero somministrati su espressa richiesta dei detenuti che, comunque, sarebbero "la maggioranza delle persone presenti nella struttura".
Gli "ospiti" della struttura romana hanno confermato le dichiarazioni del dottore ammettendo "non riusciamo a dormire, rinchiusi qua dentro tutto il giorno senza fare nulla, ci fanno impazzire". La somministrazione della terapia è organizzata in tre turni, diversi per gli uomini e per le donne. I farmaci distribuiti variano a seconda dell'orario: durante le ore giornaliere Diazepam (Valium) e Lorazepam (Tavor) mentre alla sera Lormetazepam (Minias). Inoltre, per evitare che i prodotti possano essere rivenduti sul mercato nero, sedativi e ipnotici vengono somministrati in gocce e fatti assumere direttamente in infermeria.

fonte: Peacereporter

Osimo, padre accoltella la figlia perché si fidanza con un albanese

Non sopportava più la relazione della figlia di 23 anni con un albanese. Perciò l'ha colpita alla gola con un punteruolo la scorsa notte. Mario Matarazzo, 44 anni, di Osimo, è ora rinchiuso in carcere con l'accusa di tentato omicidio aggravato. La ragazza è invece ricoverata nell'ospedale regionale di Ancona. Non è in pericolo di vita e dovrebbe guarire in una ventina di giorni.

fonte: Repubblica

sabato 10 ottobre 2009

Immigrazione: abbandonati in mare, trovato un altro cadavere

Il cadavere di un immigrato è stato rinvenuto dalla guardia costiera sulla spiaggia di contrada "Bulala", a circa due km a est del centro abitato di Gela. E' stato scoperto da un pescatore dilettante. Salgono così a tre le vittime dello sbarco di extracomunitari avvenuto il 6 ottobre scorso. Su un gommone di 8 metri sarebbero stati assiepati 50 clandestini (tutti egiziani) arrivati con una nave-madre il cui equipaggio, al largo della costa gelese, di notte, li avrebbe buttati in acqua dando loro anche dei bidoni di plastica cui eventualmente aggrapparsi per raggiungere la riva.

fonte: Unione Sarda

Al lavoro per un euro all'ora

Un euro l'ora. E' questa la cifra corrisposta da un allevatore ad un giovane marocchino, in Italia senza permesso di soggiorno, che utilizzava come pastore dalla mattina alla sera, sette giorni su sette, a condurre il gregge al pascolo. A porre fine a questa storia di sfruttamento maturata nel vasto comprensorio del Poro, una delle zone a piu' alta vocazione zootecnica del vibonese, e' stato il maresciallo della stazione dei carabinieri di Rombiolo, Andrea Mauri, nel corso di un controllo sul fenomeno dell'immigrazione, predisposto dal comandante della compagnia di Tropea Giovanni Migliavacca. Protagonista S.D, 46 anni, allevatore, gia' noto alle forze dell'ordine, che e' stato denunciato con l'accusa di sfruttamento e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Vittima un trentenne 30 anni, originario del Marocco, gia' destinatario di un decreto di espulsione ed ora denunciato e destinato al ritrono in patria.

fonte: AGI

Torino: accoltellato immigrato

La polizia di Torino sta indagando sul ferimento di un giovane immigrato che e' stato colpito al collo con una coltellata. Al momento l'identita' del giovane, dell'apparente eta' di circa 20 anni, e' sconosciuta dal momento che era senza documenti. Secondo le prime informazioni raccolte dagli uomini della squadra mobile, il ragazzo sarebbe stato scaricato da un'auto in via Cravero.

Il giovane straniero e' stato trasportato all'ospedale Giovanni Bosco dove i chirurghi vascolari stanno intervenendo d'urgenza per la lesione al collo che gli ha provocato una grave emorragia. Le sue condizioni sono serie.

fonte: Libero-News

venerdì 9 ottobre 2009

Immigrazione, un rapporto Caritas prova che l'emergenza criminalità è falsa

Secondo una ricerca condotta da Caritas-Migrantes e dall'Agenzia Redattore sociale, l'affermazioni se secondo cui gli immigrati sarebbero portatori di maggiore criminalità è falsa. I dati parlano chiaro: il loro tasso di criminalità è solo leggermente superiore a quello degli italiani (1,3 per cento contro 0.75 per cento) ed è addirittura inferiore se si considerano solo le persone con più di 40 anni.
Dal rapporto si evince inoltre che la condizione di irregolarità è quella che porta a commettere crimini: il 70-80 per cento dei denunciati è infatti irregolare. Ancora si noti che il reato più commesso in assoluto tra gli immigrati (87,2 per cento) è proprio il reato di clandestinità!
Questo va a confermare quanto i dati forniti all'opinione pubblica debbano essere analizzati a un livello più profondo e che le cifre che spesso vengono brandite come prova nei salotti televisivi, in realtà non sono altro che illusioni statistiche. I numeri vanno interpretati!
Oltre al tipo di crimine, bisogna guardare anche la composizione del mondo eterogeneo che si vuole semplificare con la parola "immigrati". E' pacifico che la criminalità aumenta nelle fasce più povere della società, quindi non si dovrebbe confrontare gli immigrati col totale della popolazione italiana, ma con quella fascia di italiani che per condizioni economico-sociali- educative si trovano in situazioni simili. E' la povertà e l' irregolarità a portare al degrado, non la provenienza. Questo, a sua volta d‡ maggior visibilità agli immigrati e li fa percepire come una minaccia, da qui la paura della gente, che a sua volta provoca maggior emarginazione. Un circolo vizioso che in nessuna fase si basa su dati concreti.

fonte: Peacereporter

giovedì 8 ottobre 2009

Il salvataggio non è un reato

Salvare vite umane non costituisce reato. Molti lo riterranno scontato, eppure è la notizia dell'anno. Anzi degli ultimi cinque anni. Tanto infatti è passato dal 12 luglio 2004, quando l'equipaggio della nave Cap Anamur della omonima ong tedesca, venne arrestato con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina dopo aver salvato la vita a 37 naufraghi soccorsi nel Canale di Sicilia. Dopo un estenuante processo durato 5 anni e oltre 30 udienze in cui sono stati sentiti più di 40 testimoni, il Tribunale di Agrigento oggi ha assolto con formula piena gli imputati: Elias Bierdel e Stefan Schmidt, rispettivamente presidente dell'associazione Cap Anamur e comandante dell’omonima nave, perché "il fatto non costituisce reato". Il primo ufficiale Vlasimir Dachkevitce, è stato invece assolto per non avere commesso il fatto. Una sentenza per niente scontata, che smonta l'impianto accusatorio dei pubblici ministeri Santo Fornasier e Gemma Milani, che avevano sostenuto che non si fosse trattato di un salvataggio, quanto piuttosto di “una grande speculazione mediatica per pubblicizzare un film documentario e trarne vantaggi di notorietà”. Per questo l'accusa aveva chiesto la condanna degli imputati a 4 anni di carcere e 400.000 euro di multa.

Finisce così il calvario degli imputati, finiti sotto giudizio per aver rispettato il diritto marittimo, che obbliga al salvataggio e all'accompagnamento dei naufraghi nel porto sicuro più vicino. Una norma che però stride con il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, di cui si rende autore chiunque accompagni sul territorio italiano cittadini stranieri privi di un regolare visto d'ingresso. E infatti il caso Cap Anamur non è l'unico. In molti ricorderanno le vicende del cargo Pinar, che ad aprile rimase bloccato per giorni in mare con dei naufraghi a bordo, in attesa che l'Italia ne autorizzasse lo sbarco. Quanti invece ricordano il caso dei sette pescatori tunisini di Teboulbah? L'8 agosto 2007 salvarono 44 naufraghi e li sbarcarono a Lampedusa, dove vennero arrestati in flagranza di reato, con l'accusa – di nuovo – di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Per loro la sentenza è fissata al 17 novembre 2009.

fonte: Peacereporter

BRESCIA: SCRITTE ANTISEMITE A TOSCOLANO MADERNO, UNA DENUNCIA

Un uomo e' stato denunciato dai carabinieri di Toscolano Maderno, in provincia di Brescia, per danneggiamento aggravato e violazione della legge sul razzismo. A.G., 52 anni, e' considerato l'autore di alcune scritte inneggianti al nazismo e all'antisemitismo, apparse il 2 ottobre scorso, sulle cassette dei contatori delle abitazioni e su un monumento del comune bresciano. Scritte come tra cui "Hitler vive" o il disegno di una svastica.

Le indagini dei militari, insieme all'acquisizione delle riprese dei sistemi di videosorveglianza installati dal Comune, hanno permesso di identificare l'autore delle scritte, realizzate con un pennarello nero.

fonte: Libero News

mercoledì 7 ottobre 2009

Balotelli: Razzisti colpiscono su Wikipedia

Non c'è pace per Mario Balotelli. Non bastano i beceri ululati negli stadi: insulti di stampo razzista hanno colpito il giovane attaccante dell'Inter anche sull'enciclopedia on-line Wikipedia.

Nella pagina dedicata a Balotelli, per qualche minuto si è potuto leggere la deprecabile dicitura 'sporco negro'. Si è trattata di una manomissione da parte di un cracker.

fonte: Calciomercato

Fastweb: niente contratti ai rumeni

PeaceReporter è entrato in possesso di una circolare che la responsabile dei venditori di Fastweb a Bologna ha recapitato a tutti i rivenditori autorizzati dell'Emilia Romagna.
Nel documento, datato 19 settembre 2009, si legge che l'azienda ha deciso di non stipulare più abbonamenti "Fastweb Mobile" a cittadini rumeni.
Evidentemente l'avvertimento era già stato divulgato in precedenza perché nella circolare è scritto: "Ciao a tutti, mi raccomando a voi, da ora in poi non fate più abbonamenti a cittadini rumeni. Dite chiaramente che non è possibile da sistema caricare abbonamenti Fastweb". Il testo continua: "Ieri sono entrate 70 pda (proposte di abbonamento ndr) quasi tutte di clienti stranieri!!! Forse il messaggio non è stato trasferito alla rete con la giusta enfasi: "BLOCCATE LE VENDITE AI CITTADINI RUMENI". L'ultima frase è scritta in rosso e a caratteri cubitali, in modo da far capire anche al più reticente il carattere definitivo della circolare.

guarda la mail


c'era già stato il caso delle assicurazioni...

lunedì 5 ottobre 2009

SI APPARTA IN AUTO CON 4 BIMBE, ARRESTATO A BRESCIA

Si era appartato in auto, nelle campagne di Carpenedolo, in provincia di Brescia, con quattro bambine. Protagonista della vicenda, un agricoltore della zona di 57 anni, arrestato per sequestro di minorenni, atti osceni in luogo pubblico e, infine, atti sessuali con minorenni. La scoperta e' avvenuta ieri a meta' pomeriggio ad opera della Polizia Stradale di Montichiari (Brescia) che durante un pattugliamento ha avvistato una Fiat Punto parcheggiata in una stradina laterale lungo la provinciale 343 che conduce a Mantova. A bordo i poliziotti hanno scoperto l'agricoltore con i pantaloni abbassati mentre si dedicava all'onanismo con vicino 4 bimbe marocchine - due coppie di sorelle, cugine tra loro - di un'eta' compresa tra i 6 e i 12 anni, comprensibilmente terrorizzate. Incastrato dalla Polizia l'uomo, incensurato, per tutta risposta ha ingaggiato una colluttazione. Le piccole sono state soccorse e visitate, e in base ai primi riscontri non sembrano avere subito violenza sessuale. L'adescamento sarebbe avvenuto nel corso del pomeriggio nel piazzale del supermercato Italmalk di via Pozzi. Al vaglio degli agenti, materiale a luci rosse sequestrato a casa dell'agricoltore.

fonte: AGI

Puglia, pestato perché nigeriano arrestati due pregiudicati italiani

Lo hanno picchiato perché ha la pelle più scura, gli hanno sputato addosso e gli hanno rubato il cellulare. Vittima dell'aggressione, avvenuta nella notte tra sabato e domenica nel centro di Lucera, nel Foggiano, è un giovane nigeriano di 21 anni. Secondo la ricostruzione fornita dai carabinieri, a colpirlo più e più volte sono stati Antonio Russo, 48 anni, e Tullio Bevilacqua, 44. Entrambi noti pregiudicati.

I due, visto l'uomo di colore fermo da solo a una fermata bus di piazza del Popolo, si sono avvicinati e dopo averlo insultato con sputi e offese a sfondo razziale l'hanno malmenato con calci e pugni, tentando anche di sottrargli il cellulare. L'extracomunitario, dopo una debole difesa, è riuscito a divincolarsi e a scappare aiutato da un cittadino che successivamente, visto che perdeva molto sangue, l'ha accompagnato in ospedale.

Anche Russo, che durante la colluttazione aveva riportato alcune ferite dovute alla veemenza dei colpi inferti all'extracomunitario, è andato al pronto soccorso cittadino. In breve i due pregiudicati sono stati arrestati per lesioni personali volontarie aggravate dall'aver commesso il fatto per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale. Dopo le formalità di rito sono stati portati in carcere.

Il giovane nigeriano è stato giudicato guaribile in dieci giorni ed è stato accompagnato alla caserma di via San Domenico, dove è stato sentito insieme ai testimoni per ricostruire dettagliatamente la vicenda.

fonte: Repubblica

sabato 3 ottobre 2009

Storia di Ibrahim, di una discoteca e di quanto lo sfruttamento dei migranti sia vicino a noi

In una discoteca alla moda della periferia fiorentina è stato assegnato un posto come lavoratore-guardiano a un uomo musulmano, che per rispetto alla privacy chiameremo Ibrahim. Dopo l’ordinanza sui lavavetri fatta dalla giunta di centrosinistra molti hanno perso quella miseria di lavoro e tra questi c’è anche Ibrahim.

La gente del quartiere dove lavorava Ibrahim ha però protestato, perché si era sempre comportato bene ed è stata sempre una persona corretta. Dopo le proteste qualcuno del Comune ha segnalato Ibrahim alla discoteca che, visti gli stretti rapporti con l’ente pubblico, lo ha preso per fare le pulizie.

Ora Ibrahim prende mensilmente il gettone di presenza per un totale di 200 euro al mese. Dorme in un magazzino della discoteca proprio sotto la pista da ballo, in una brandina. Quindi i giorni in cui la discoteca è aperta fino alle 3 del mattino, lui non dorme perché la musica è troppo alta. Essendo musulmano, si sveglia alle 5 di ogni mattina per la preghiera, si fa la doccia e inizia a pulire.

Non è stato fornito dei materiali per fare le pulizie, l’area su cui deve operare è grande, si tratta di pulire otto bagni, una grossa pista da ballo e tre sale più piccole, oltre l’esterno. E’ solo a pulire e senza attrezzi, e un lavoro che potrebbe fare in cinque ore lo occupa per tutta la giornata, fino a sera. Quest’estate è rimasto qui a Firenze e dato che la discoteca era chiusa non ha recepito lo stipendio, pur continuando a lavorare.

Ibrahim non è clandestino ha quasi 60 anni e tutte le mani spaccate da un duro lavoro. Essendo una persona molto dignitosa, non fa l’elemosina, anche se a volte l’ho incontrato e mi ha chiesto se avevo del pane secco per lui.

Questa storia ci fa rabbia, perché è un momento in cui gli immigrati sono sempre sulla bocca di tutti, e spesso il razzismo si taglia a fette. Forse dovremmo fermarci a pensare e a osservare le condizioni di vita in cui questa gente è costretta. Costretti anche ad un aclandestinità con la beffa e l’inganno di strutture pubbliche o di imprenditori che guadagnano all’ora ciò più di quanto questa gente guadagna in un giorno o in un mese.

Ibrahim non ha tolto il lavoro a nessuno, perché nessun italiano vorrebbe guadagnare 10 euro al giorno.

fonte: L'altracittà

Bloccare la mail spam razzismo.pps

Il testo della presentazione inizia così: "Le foto che seguono sono state scattate durante la manifestazione de 'la religione della pace' recentemente celebrata per la comunità musulmana a Londra. Non sono state pubblicate su stampa né tv per non offendere nessuno."

Seguono alcune immagini accompagnate dalla traduzione, sostanzialmente esatta, delle scritte riportate sui cartelli: "Ammazzate quelli che insultano l'Islam", "Europa pagherai, la tua demolizione è iniziata"; "decapitate quelli che insultano l'Islam". Qualche altro esempio: "Europa impara dall'11 settembre", "Europa pagherai, il tuo 11 settembre sta arrivando", "Preparatevi per il vero Olocausto".

La presentazione si conclude con l'appello a far circolare queste immagini e l'esortazione a riflettere sul pericolo che rappresentano le idee espresse in quei cartelli.

(...)

Innanzi tutto non è vero che "le foto sono state scattate a Roma", come affermano alcune delle mail nelle quali circola come allegato quest'appello (il file Powerpoint dice che invece sono state scattate a Londra, alla faccia della coerenza interna). Le immagini mostrano un'architettura decisamente poco romana, in una delle foto (quella qui accanto) c'è un poliziotto dalla divisa molto britannica, e le scritte sui cartelli sono in inglese, cosa che avrebbe poco senso in una manifestazione in Italia.

Infatti è sufficiente cercare una delle immagini in Tineye.com per scoprire la pagina di Snopes.com che spiega da dove provengono in realtà quelle fotografie: da una presentazione PowerPoint che risale al 2006 ed era scritta in inglese. Quindi le immagini non mostrano affatto una "manifestazione... recentemente celebrata".

Si riferiscono infatti alla protesta svoltasi il 3 febbraio 2006 a Londra in seguito alla pubblicazione su un giornale danese, il Jyllends-Posten, di alcune vignette satiriche che ritraevano Maometto, cosa ritenuta blasfema secondo alcune correnti della religione islamica. La pubblicazione era avvenuta tempo prima, il 30 settembre 2005, ma la polemica esplose quando le vignette furono ripubblicate nel giornale cristiano norvegese Magazinet e nel sito del giornale norvegese Dagbladet. L'intera vicenda, con il suo seguito di boicottaggi economici e di morti, è riassunta qui sulla Wikipedia in inglese e in forma più breve in quella in italiano.

La protesta mostrata nelle foto radunò da 300 a 700 manifestanti (le stime sono molto variabili), che marciarono, scortate dalla polizia, dalla moschea di Regent's Park fino all'ambasciata danese a Knightsbridge. Fu documentata ampiamente dai principali media britannici (qui un video della BBC; qui una delle fotografie), per cui è falsa l'affermazione, contenuta nella presentazione, che le immagini della manifestazione "non sono state pubblicate su stampa né tv per non offendere nessuno".

Questi sono i fatti: la presentazione che si atteggia a fonte di verità scomode si rivela essere un minestrone di informazioni fasulle. Sarò all'antica, ma combattere gli estremismi stupidi ricorrendo a bugie altrettanto stupide mi sembra un autogol notevole.

articolo tratto (e ridotto) da Il Disinformatico: per l'originale (con tutti i link) andare qui

Cori razzisti contro Gueye: i tifosi della Fortitudo solidarizzano con il giocatore della Tezenis

"Solidarizziamo quindi con Gueye - dicono i tifosi della Fossa - nel caso si sia sentito apostrofare realmente con epiteti razzisti, stigmatizziamo però anche il comunicato della Fip perché fa passare tutto il pubblico Fortitudo come razzista".

"Indicando come motivazione della multa dei cori - specifica la Fossa - è ovvio che la mente di chi viene a sapere la notizia vada direttamente ad individuare i responsabili nei componenti del Gruppo Ultras della squadra di casa. Questo è assolutamente errato e fuorviante, come Fossa dei Leoni abbiamo sempre combattuto il razzismo e chi praticava simili versi o frasi in mezzo a noi.

Dalla curva gli ululati razzisti non sono certo partiti; di sicuro al PalaDozza qualcuno che ritiene giusto offendere un uomo per il colore della sua pelle ci sarà, ma riteniamo la cosa assolutamente minoritaria e sporadica, e comunque, come abbiamo sempre fatto nella pratica, condanniamo senza mezzi termini chi pratica il razzismo anche solo come sfogo contro un giocatore perché sta facendo vedere i sorci verdi alla nostra squadra"

fonte: TgVerona

Okaka, la festa rovinata

La Roma si riprende un pezzetto di Europa League. Dopo il ko di Basilea, la vittoria per 2-0 con il Cska Sofia è stata davvero importante. Una gara che tra l'altro non è stata mai discussione, chiusa già dopo appena 22 minuti con le reti di Okaka e Perrotta. Senza tra l'altro subire gol, cosa certo non di piccolo conto di questi tempi, visto che non accadeva da quindici partite: "Stavamo in rianimazione, speriamo di uscire presto" si affretta a dire Ranieri subito dopo la chiusura dell'incontro. Peccato per quel brutto episodio sul vantaggio di Okaka, con i buu di un grupetto di tifosi giallorossi e l'attaccante che blocca improvvisamente la corsa verso la curva Sud. E ancora una volta il razzismo entra negli stadi italiani. Il giocatore minimizza l'accaduto: "Non mi sono accorto di niente. Perché mi sono fermato? Io festeggio in questo modo". Nessuna polemica. Se non se ne è accorto davvero meglio per lui. Se invece le polemiche le vuole evitare, l'errore è davvero grossolano. Perché episodi del genere vanno denunciati sempre e comunque.

fonte: Repubblica

giovedì 1 ottobre 2009

Il Friuli Venezia Giulia prova a escludere i migranti dal welfare

Millecinquecento firme per dire no alla proposta di legge leghista che restringe i diritti di accesso al welfare in Friuli Venezia Giulia. La Rete regionale per i diritti di cittadinanza le ha consegnate oggi a Trieste ai capigruppo del Consiglio, impegnati proprio nella discussione di questa proposta di legge. «Se sarà approvata, il welfare regionale, da strumento di integrazione sociale, diventerà mezzo di emarginazione e rifiuto dell’altro», affermano i portavoce della Rete, a cui aderiscono un centinaio di soggetti della società civile, tra associazioni, sindacati, singoli cittadini italiani e immigrati, di Pordenone, Udine, Gorizia e Trieste.

La proposta di legge 39 del 2009 riserva una serie di prestazioni sociali solo a chi risiede in Friuli Venezia Giulia da almeno 15 anni: la carta famiglia, i contributi per l’accesso al nido d’infanzia, gli assegni di studio, l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica. In realtà, in base alla legge regionale 16 del 2008 si prevede già, per l’assegnazione degli alloggi pubblici, il requisito di residenza decennale in Italia, di cui almeno cinque in Friuli Venezia Giulia.

La discussione è ricominciata in terza Commissione consiliare, dopo la pausa estiva, il 15 settembre. Ma la Lega Nord ha premuto sull’acceleratore fino a portarla direttamente in aula, mercoledì 30 settembre, senza ulteriori esami, audizioni, senza dibattiti o confronti. Nel frattempo è stato anche modificato il titolo, da «Modifiche legislative a sostegno dei soggetti che risiedono o prestano attività lavorativa in Regione da almeno quindici anni» a «Sostegno ai lavoratori residenti in regione».
Walter Citti, dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione [Asgi], afferma: «La norma andrà in contrasto evidentemente con la Costituzione, che garantisce il diritto all’istruzione e pari opportunità negli studi. E contrasterà con il diritto comunitario, che esclude ogni forma di discriminazione, anche indiretta, fondata cioè sul requisito di anzianità di residenza. Questo criterio, infatti, può essere più facilmente soddisfatto dagli italiani rispetto agli stranieri».
Il provvedimento non discriminerà solo gli immigrati dall’estero, ma anche dalle altre regioni, compreso il vicino Veneto, senza dimenticare i cittadini friulani e giuliani emigrati e rientrati di recente.
Concludono i portavoce della Rete diritti: «Se il testo sarà approvato, il Friuli Venezia Giulia sarà l’unica regione in Italia connotata da questa gravissima discriminazione, un’azione di disgregazione sociale, contraria alla Costituzione, alla Dichiarazione dei Diritti dell’uomo, sulla pari dignità di ogni persona e sull’uguaglianza dei diritti per tutti».

fonte: Carta

Insulti razzisti tra baby calciatori

È accaduto nella gara disputata in via della Roggia con il Fiume Veneto-Bannia Multa alla squadra pordenonese e squalifica di un suo giocatore per 5 giornate. «Un avversario gli ha ripetuto "sporco negro torna a casa" Altre offese da un genitore»

Calcio e razzismo. Dalla serie A fino ai campionati giovanili. Una piaga che si sta allargando pericolosamente a macchia d'olio, visto anche l'allarmante episodio che ha rovinato due domeniche fa una giornata di sport giovanile sul campo udinese nella zona di San Rocco. Di fronte le formazioni giovanissimi regionali dei padroni di casa dei Rangers e del Fiume Veneto-Bannia. Preso di mira durante la partita e al termine della gara un giocatore ghanese in forza ai Rangers, insultato e offeso con frasi di stampo razzista dagli avversari e da alcuni tifosi della squadra pordenonese. Fatto censurabile e reso ancora più grave perché stiamo parlando di ragazzini di 13 anni e di genitori che dovrebbero dare il buon esempio e, in questo caso, invece sono i primi a manifestare preoccupanti atteggiamenti razzisti. Perché è questo quanto è successo sul campo dei Rangers.
Nel racconto del presidente della società udinese Mauro Marrandino, che ha anche inoltrato una testimonianza scritta alla Federcalcio regionale per segnalare l'accaduto, c'è tutta l'amarezza per una giornata di sport macchiata dall'atteggiamento ignorante di alcune persone.
«Per tutta la durata della partita il nostro giovanissimo attaccante è stato fatto bersaglio da un avversario di insulti che avevano come argomento il colore della sua pelle - spiega Marrandino -. "Sporco negro torna a casa", tra gli epiteti che il tredicenne ghanese ci ha riferito di aver subito. Qualcosa di inconcepibile che alla fine della partita ha rischiato di far nascere una mini-rissa in campo, scongiurata soltanto dal pronto intervento dei dirigenti delle due squadre».
La tensione si è spostata fuori del terreno di gioco, sulla tribunetta dove erano presenti i genitori dei baby-calciatori. «Il papà del ragazzo del Fiume Veneto ha cominciato a inveire contro il nostro giocatore - aggiunge il presidente dei Rangers - con frasi irripetibili. E quando io ho cercato di farlo ragionare, di fargli capire che cosa stava dicendo, è sbottato con ulteriori offese razziste arrivando al punto di affermare di essere orgoglioso di sentirsi razzista. "I negri e i terroni dovrebbero tornarsene a casa loro", ha urlato abbandonando il campo, trovando ancora da dire con qualche nostro dirigente. A quel punto gli altri genitori del Fiume Veneto si sono dissociati e un paio di mamme ha chiesto personalmente scusa agli amici del nostro ragazzo africano presenti a vedere la partita».
Un comportamento sia nel rettangolo di gioco, sia al di là della rete di recinzione che non è sfuggito all'arbitro della partita che nel suo referto ha riportato tutto per filo e per segno: e ieri il giudice sportivo regionale è intervenuto con il pugno pesante, squalificando il giovane giocatore del Fiume Veneto per cinque giornate e irrogando un'ammenda di 500 euro nei confronti del club della Destra Tagliamento per responsabilità oggettiva nella «condotta gravemente ingiuriosa posta in essere da alcuni propri sostenitori, dopo la fine della gara, nei confronti di un giocatore della squadra avversaria; tale condotta, comportante grave offesa per motivi di razza, assume carattere di particolare gravità in quanto le espressioni di discriminazione sono state proferite al termine di un incontro fra squadre della categoria Giovanissimi (nati negli anni 1995 e 1996), nei confronti di un giovane calciatore di appena 13 anni della squadra dell'Asd Rangers».
«Mi dispiace per il Fiume Veneto - conclude Marrandino -, si trova a pagare per causa di un paio di persone ignoranti che poi non sono neppure dirigenti. Tra noi e loro non c'è alcuna acredine, anzi abbiamo già parlato della partita di ritorno: pranzeremo tutti assieme, dirigenti, giocatori e genitori per dimostrare che il nostro calcio è comunque pulito. E pulito vogliamo che rimanga».

fonte: Messaggero Veneto

Rifugiati afghani: ovunque profughi e non uomini

In via Ostiense si cerca il modo per farsi invisibili. Roma è, per molti dei rifugiati afghani presenti nella capitale, una città difficile da abbandonare. Da anni. Però, pure un posto dove è impossibile rimanere, cioè esistere. La mattina del 15 aprile 2009, per esempio, le tende blu distribuite dai volontari del Medu – Medici per i diritti umani – hanno guidato le forze dell'ordine fino a un accampamento. Lo sgombero immediato è stato intimato poco dopo.

«Sono qui in attesa che la mia richiesta d'asilo venga accolta», dice Samadali e ripetono tutti gli altri, indistintamente. Di giorno li si vede seduti all'uscita della metro, fermata Piramide, Linea B direzione Laurentina, divisi in gruppi di quattro, tra le bottiglie di birra Peroni vuote e fazzoletti usati. Parlano in pashtu (lingua parlata in Afghanistan dal popolo pashtun, ndr) prestando attenzione a qualsiasi presenza estranea. Alcuni sono molto giovani, altri, invece, vecchi, quasi tutti richiedenti asilo. «Vorrei andare in un altro posto ma sono bloccato. Sono stato costretto a chiedere asilo in Grecia, poi, però, sono andato via perché ci stavo male. Non lavoravo. Qui sbrigo qualche faccenda, aiuto un mio amico. Non posso rimanere. Non posso partire. Non voglio riprendere la strada d'Atene. E neanche si potrebbe mai, ora, tornare a Kabul, dove sono nato». La storia è pressoché identica, la testimonianza di uno è la voce di tutti; il racconto è noto: la traversata dell'Iran, la Turchia, il mare e la Grecia, infine l'Italia, dove restano ad aspettare per lungo tempo.

fonte: Cafebabel