perchè questo blog?

L'Italia è diventata da anni paese di immigrazione ma da qualche tempo si registra un crescere di fenomeni di razzismo. Dopo la morte di Abdul, ucciso a Milano il 14 settembre 2008, ho deciso che oltre al mio blog personale avrei provato a tenere traccia di tutti quei fenomeni di razzismo che appaiono sulla stampa nazionale. Spero che presto questo blog diventi inutile...


domenica 30 novembre 2008

Razzismo. Aggredita a Napoli una trans su un pullman della linea urbana

Un'aggressione ai danni di una transessuale è avvenuto nella notte tra sabato e domenica scorsi a Napoli. Mara (questo il nome scelto dalla transessuale) era sull’autobus che da Piazza Garibaldi conduceva per Ponticelli quando si è ritrovata accerchiata da un gruppo di una trentina di di età compresa ragazzi tra i 17 e i 25 anni che, nell’indifferenza dei presenti, l’hanno aggredita verbalmente e fisicamente. In una nota Valeria Valente, assessore alle Pari Opportunità del comune di Napoli riferisce in una nota che «la frequenza di questi atti di intolleranza e discriminazione dimostra ancora una volta che l’attenzione su questi temi non deve in alcun modo calare. L’omofobia e la transfobia sono fenomeni da contrastare, non solo a livello istituzionale, ma anche attraverso la valorizzazione e la diffusione di una nuova cultura che guardi con rispetto alle differenze».

fonte: Agenziami

Portava il burka, processata e assolta

Monia, mamma e moglie tunisina di 37 anni, il 21 settembre 2005 stava entrando nel palazzo di Giustizia di Cremona per seguire il processo che vedeva imputato suo marito, l’imam Mourad Trabelsi, di terrorismo. Portava il burqa, che come noto copre il volto e il corpo, ma quando la fermarono per chiederle di identificarsi, scoprì il viso consegnando contemporaneamente il documento di identità.


Non bastò. Perché "in luogo pubblico e senza un giustificato motivo indossava un velo che ne rendeva difficile il riconoscimento da parte delle forze dell'ordine". Nonostante il “giustificato motivo” per una donna musulmana sia l’appartenenza alla sua fede, e nonostante non abbia fatto alcuna difficoltà a rendere semplice il riconoscimento, Monia Mzoughi si è ritrovata rinviata a giudizio.

Oggi, dopo tre anni, il giudice Pierpaolo Beluzzi dello stesso tribunale di Cremona l’ha assolta “perché il fatto non sussiste”, ma lei si dice preoccupata per la crescita serena dei suoi figli. “Mi vedono sul giornale come se avessi commesso chissà quale crimine” dice, sebbene “non mi sia mai sottratta all’identificazione”. Ma la questione non era e non è l’identificazione, evidentemente. Le è stata contestata la violazione dell’articolo 5 della legge del ’75 sulle “Disposizioni in materia di ordine pubblico”.

E nel corso degli anni tra il rinvio a giudizio e la sentenza di oggi, l’allora ministro Amato aveva varato nel giugno 2007, la “Carta dei valori, della cittadinanza, e dell’integrazione”. Un testo che sembrerebbe un editto sulla libertà. La nostra Costituzione è citata ad ogni stormir di fronde come la carta fondamentale per la tutela dei diritti e dell’uguaglianza delle persone di qualunque razza, genere, cultura e religione, e nel capitolo sulla “Laicità e la libertà religiosa”, il punto 26 proclama “In Italia non si pongono restrizioni all’abbigliamento della persona purché liberamente scelto e non lesivo della sua dignità”, per culminare poi in “Non sono accettabili forme di vestiario che coprono il volto perché ciò impedisce il riconoscimento della persona e la ostacola nell’entrare in rapporto con gli altri”.

L’ipocrisia è la cifra con la quale l’Italia traballa tra una cultura con la quale si confronta con il metro etnocentrico e la questione sicurezza, incapace di affrontarla davvero ma solo di brandirla come un’arma nei confronti del “diverso da noi”. Uno strumento di difesa, di chiusura, dove la propria identità fa da linea di demarcazione; non uno strumento a tutela della sicurezza, poiché processare una donna che si è immediatamente identificata è semplicemente un atto di discriminazione.

Per fortuna la sentenza le ha reso giustizia: "Non si ravvisa la condotta lesiva al precetto dell'imputata - si legge - La nordafricana (sic, ndr) alla prima richiesta della polizia alzò infatti il velo scoprendo il volto ed esibì un documento di riconoscimento, la carta d'identità, consentendo in modo agevole all'ufficiale di pubblica sicurezza di procedere alla sua identificazione".

Assoluzione piena, pronunciata oggi, nel giorno in cui la Commissione europea per la giustizia vara l’accordo quadro contro il razzismo e la xenofobia, con pene da 1 a 3 anni. Ci sono voluti sette anni per giungere a questa legge, e ora i governi hanno due anni per inserirla nei loro ordinamenti. Da noi, tra divieto del velo e ddl sicurezza, vediamo di non farne ancora un problema di ordine pubblico.

fonte: Dazebao.org

venerdì 28 novembre 2008

Milano, la violenta per otto mesi "L'avevo comprata per 1.000 euro"

Ha comparato una donna per mille euro, così come si compra un televisore o un motorino di seconda mano. La considerava di sua proprietà, tanto che è corso a denunciare la sua scomparsa quando lei ha trovato il coraggio di ribellarsi ed è scappata dalla casa-prigione in cui era stata rinchiusa da otto mesi.

E' stato arrestato a Milano un pensionato di 57 anni accusato di violenza sessuale e sequestro di persona. In Mozambico, aveva acquistato una donna di trent'anni, l'aveva convinta a seguirlo in Italia con il miraggio di sposarla ma in casa la violentava e, per una manciata di soldi, la vendeva agli amici.

L'aveva comprata dagli zii africani che aveva conosciuto durante una delle sue consuete vacanze in Mozambico. Ne aveva carpito la fiducia offrendo loro piccoli regali e convincendoli che amava la nipote ed era pronto a sposarla se l'avesse seguita a Milano.

"E' un uomo asservito totalmente alle pulsioni sessuali", ha scritto di lui il giudice Mariolina Panasiti che ha convalidato il fermo. "Aveva realizzato il sostanziale acquisto della parte offesa dai parenti rivendicandone una condizione di possesso". Cento euro al mese ha versato il pensionato alla famiglia d'origine da quando la donna ha raggiunto Milano nel febbraio scorso, le rate per saldare il prezzo d'acquisto.

"Io l'amo - ha detto ai carabinieri che gli mettevano le manette - e lei era consenziente. Nonostante tutto, sono disposto a riprenderla", ha detto per nulla sfiorato dall'idea che quelle pratiche sessuali che infliggeva alla sua "amata" erano vere e proprie torture. Di questo la donna africana si lamentava con due amiche, ma non trovava mai il coraggio di denunciare il suo aguzzino. "Con le botte e la paura di altri orrori - scrive il giudice - l'imputato era riuscito a soggiogarla".

Spesso i vicini sentivano le sue urla superare il chiasso della televisione accesa a volume alto. Finché il 9 ottobre scorso, la giovane donna africana è riuscita a rompere le catene della schiavitù e a denunciare tutto ai carabinieri. Ora lei è ospite di una comunità protetta mentre, dopo una breve indagine che ha confermato il racconto di brutalità e violenze fatto ai carabinieri, il pensionato è stato arrestato.

fonte: Il Corriere della Sera

Ai ragazzi che ricordano Abba

Nel nome di Abba. Il nome di suo figlio è scandito in questi giorni negli slogan degli studenti che attraversano le strade di Milano per protestare un po’ contro tutto, la riforma della scuola o il razzismo. E nel nome di Abdoul, ucciso due mesi fa a sprangate davanti a un bar, gli amici hanno dato sfogo alla rabbia e al dolore per la vita di un ragazzo, di pelle nera e cittadinanza italiana, stroncata per il banale furtarello di un pacchetto di biscotti, non lontano dalla stazione Centrale.
Nel nome del figlio, invece, Hassani Guibre resta in Italia, a Cernusco sul Naviglio dove vive da molti anni, e ha la forza di usare parole di saggezza.
Signor Guibre, la morte di suo figlio ha provocato dolore, indignazione e anche rabbia, in tanti giovani, amici di Abdoul e non, ragazzi di colore e bianchi...

Qualcuno dice che l’Italia sia un Paese razzista. Lei crede che sia così?
«Io vivo in Italia da 20 anni. Durante tutti questi anni nessuno è mai stato razzista con me. Io credo che lo siano quelli che hanno ucciso mio figlio. Se fosse stato bianco sarebbe ancora vivo. Ma io non posso condannare tutti gli italiani. Tanti italiani mi hanno dato fiducia in questi anni, e io a loro».
Per questo il giorno dei funerali lei ha ringraziato «soprattutto gli italiani che hanno partecipato».
«Io lo ripeto anche oggi. Ringrazio soprattutto gli italiani. Ringrazio quelli che non ci hanno fatto sentire soli. Quelli che hanno dimostrato che il nostro dolore era anche il loro. Destra o sinistra. Il sindaco di Cernusco, il presidente Penati, la signora Moratti. E vorrei che mi aiutassero fino in fondo».
In che modo?
«Vorrei che il nome di mio figlio fosse ricordato davvero aiutando i bambini e le madri del Burkina Faso. Quello che chiedo agli italiani di buona volontà è un’associazione con il nome di Abba e con questo scopo. Così quando qualcuno sarà aiutato attraverso il nome di mio figlio sarà come se lo avesse aiutato mio figlio, e le madri penseranno che mio figlio era come i loro. Così il nome di Abba continuerà davvero a vivere».

fonte: Il Giornale

giovedì 27 novembre 2008

Immigrati, incentivo di 2 mila euro se vanno in un altro Comune

Il Comune di Spresiano (provincia di Treviso), guidato da una giunta della Lega Nord, propone un bonus di 2 mila euro agli immigrati rimasti senza lavoro disposti a lasciare il paese. L'assessore Manola Spolverato ha spiegato che si tratta di una «proposta-provocazione» per far fronte al bilancio sempre più esiguo del Comune e alla crisi economica. «Siamo disposti a dare 2 mila euro a famiglia purché vadano ad abitare altrove: ci costa meno che garantire i contributi alle famiglie in difficoltà. Non è possibile che il Comune si trovi costretto a mantenere a proprie spese gli immigrati che, pur avendo perso il posto di lavoro, continuano ad avere il permesso di soggiorno valido». La proposta arriva dopo l'altra iniziativa dell'amministrazione di Spresiano, che qualche settimana fa aveva annunciato l'erogazione di contributi comunali riservati alle famiglie in cui entrambi i coniugi parlano italiano.

«Molti immigrati sono arrivati in Italia per lavori che gli italiani non fanno più», ha replicato Franco Lorenzon, segretario della Cisl di Treviso. «Ora la crisi provoca risposte che, dietro il buon senso, si rivelano molto pericolose, perché si fa strada l’idea che si siano "lavoratori di riserva" che possono essere utilizzato quando serve e che si debbano togliere dai piedi quando non sono più necessario».

fonte: Il Corriere della Sera

Mirano: residenza vietata agli stranieri

Stretta del Comune sugli stranieri che chiedono la residenza in città. Lunedì il sindaco Roberto Cappelletto ha firmato l’ordinanza che regola l’iscrizione anagrafica nel registro dei residenti. Si tratta della stessa ordinanza resa celebre a Cittadella dal sindaco leghista Massimo Bitonci. Mirano in realtà è andata oltre: ha alzato ulteriormente i parametri di calcolo del reddito indispensabile per risiedere in città e pure quelli per la metratura minima dell’alloggio, creando una vera e propria barriera contro l’ingresso di cittadini stranieri con disponibilità economiche normali. Per il vicesindaco leghista Alberto Semenzato: «Finalmente è possibile controllare lo status di chi risiede a Mirano». Vediamo cosa cambia. Da ieri per ottenere la residenza a Mirano è necessario avere un reddito minimo così calcolato: parametro di raffronto è l’importo dell’assegno sociale, previsto per quest’anno in 5.142,67 euro. L’ordinanza considera tale importo sufficiente per il soggiorno del solo richiedente. Per ogni familiare va aggiunta la metà dell’importo annuo dell’assegno sociale, cioè 2.571,33 euro. Inoltre, per il richiedente con due o più figli a carico con età inferiore a 14 anni, si calcola il doppio dell’importo annuo della pensione sociale (10.285,34 euro). Un’ipotetica famiglia di immigrati composta da padre, madre e due figli a carico, dovrà perciò dichiarare un reddito di almeno 12.856,67 euro annui per aver casa a Mirano. A Cittadella, la stessa ordinanza chiede allo stesso nucleo familiare un reddito minimo di 10.123,36 euro. La «Cappelletto-Semenzato» appare perciò più restrittiva della «Bitonci». Ancor più sulle metrature minime richieste per l’alloggio di residenza, che non tiene conto di magazzini, garage, centrali termiche e altri locali non abitativi, alla stregua della legge regionale del 1996. Per un’unica persona sono richiesti 46 metri quadrati, per due persone 60, per tre 70, per quattro 85, per cinque 95 obbligatori: metà dei miranesi sarebbe fuori legge. Oltre le 5 persone i metri quadri devono essere almeno 110. Nessuna novità invece per i cittadini italiani che intendano stabilire la propria residenza a Mirano: vale la legge già in vigore precedentemente. Scelte che fanno già discutere e accendono il confronto politico. «E’ solo razzismo istituzionale - attacca Luigi Gasparini, Sinistra Arcobaleno - scenderemo in piazza per far revocare questa porcheria».

fonte: L'Espresso

mercoledì 26 novembre 2008

Razzismo a Varese: pestato un venditore di rose

Quattro giovani, tre di Cugliate Fabiasco e uno di Marchirolo, nel Varesotto, si trovano agli arresti domiciliari per aver minacciato e picchiato in un locale di Ghirla, frazione di Valganna, un extracomunitario del Bangladesh venditore ambulante di fiori: lo straniero, regolare, sarebbe stato preso di mira con insulti razzisti e invitato ad andarsene. Al suo rifiuto i quattro l'avrebbero colpito con calci e pugni al volto e alla testa sputandogli addosso, sotto gli occhi di altre persone che, secondo gli inquirenti, avrebbero assistito impassibili. Nei confronti dei giovani sono state eseguite da carabinieri di Luino ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Varese per atti di violenza, lesioni e minacce in concorso, aggravate dai futili motivi e dai motivi razziali.

fonte: AffariItaliani

Prete anti-razzismo trasferito da Parma

Se ne parla da anni, ma negli ultimi tempi le voci si sono fatte più insistenti: don Luciano Scaccaglia potrebbe essere trasferito dalla chiesa di Santa Cristina e mandato altrove. Qualcuno parla della parrocchia di Vico Fertile, dove da poco è venuto a mancare don Piazza. Altri vociferano di un trasloco dalle parti di Collecchio, con una decisione partita addirittura dall'alto del Vaticano. Anche se nessuno per il momento conferma il trasferimento c'è già chi plaude alla novella. "Se venisse davvero allontanato sarebbe una bella notizia". E' il commento di Massimo Moine, consigliere di An, uno che da sempre osteggia il sacerdote.

"Ha sempre avuto problemi con la Curia", dice Emanuele, barista del Piccolo Caffè di strada Repubblica, a pochi passi dalla parrocchia. "Creava problemi occupandosi di politica. Parlava dei ricchi come se fossero dei ladri e ha anche ospitato clandestini senza rispettare le leggi. Un sacerdote non dovrebbe comportarsi così".

L'assenza dei suoi manifesti di denuncia davanti alla chiesa sembra parlare più di qualsiasi pettegolezzo. "Stamattina non è venuto qua al bar", racconta Stefania della Caffetteria Corallo in via XXII Luglio, proprio dietro Santa Caterina. "Da tempo molte famiglie hanno smesso di frequentare la parrocchia, soprattutto la gente ricca, d'élite. Non gli mandano più neanche i bambini al catechismo". "Ad alcuni non va giù che aiuti ‘quella gente'", aggiunge sua sorella Cinzia.

Il suo operato divide i parmigiani da 22 anni. Animalista e marxista dichiarato, contrario al ritorno della messa in latino voluto da Ratzinger, don Luciano si è espresso apertamente a favore degli omosessuali, ha fatto scrivere la prefazione di un suo libro a Fausto Bertinotti e pochi anni fa ha dato rifugio in parrocchia a 21 extracomunitari senza dimora. I suoi fedeli entusiasti sono numerosi quanto i suoi detrattori. Dopo che nel 2007 un cittadino gli ha sferrato un pugno mentre sistemava sul marciapiede i suoi manifesti contro il razzismo e il capitalismo, il consigliere comunale Carmelo La Maina di Impegno per Parma, ha definito Scaccaglia un "seminatore di odio".

Chi lo ama invece piange. "È uno dei pochi che si interessa degli invisibili, ha sempre gridato contro l'indifferenza, è sempre stato dalla parte degli ultimi". Lo dice chi collabora con lui, e ora chiede l'anonimato. Ha paura di danneggiarlo, perché dice: "Non vogliamo ulteriori polemiche. Anzi, non vorremmo che si tratti di una provocazione".

fonte: La Repubblica

lunedì 24 novembre 2008

Entrano in un locale lap dance armati: gambizzato un 25enne albanese

Misterioso agguato in un locale lap dance di Milano. Tre o quattro persone sono entrate con il volto coperto da sciarpe e passamontagna e, armati di pistole e fucili, si sono diretti verso un cliente del locale e gli hanno sparato ad un gamba. È successo poco prima delle 4 di stamani al locale "New Venus club lap dance".

Hanno fatto irruzione nel locale di spettacoli di lap dance e hanno sparato al polpaccio sinistro di Dorian V., 25 anni, albanese, già noto alle forze dell'ordine. Al loro arrivo, gli agenti della Squadra mobile hanno trovato il locale vuoto. L'uomo è ricoverato al Fatebenefratelli.

fonte: CronacaQui

Buccinasco celebra Julius Evola, ideologo del fascismo

"In questo mese di novembre ricorre il 70esimo anniversario di una delle pagine più buie e vergognose della nostra storia, cioè la promulgazione delle leggi razziali da parte del regime fascista, avvenuta il 17 novembre del 1938. Vista l'aria che tira, non ci aspettavamo certo un fiorire di iniziative istituzionali di riflessione, ma l'indecente trovata del sindaco di Buccinasco, comune di poco più di 25mila abitanti nell'hinterland milanese, ci lascia francamente di stucco.

Il Sindaco Loris Cereda, di centrodestra, ha evidentemente deciso di commemorare la scadenza, promuovendo a nome e a spese del Comune un convegno dedicato a Julius Evola e sfrattando en passant un incontro pubblico dell'Anpi, programmato da tempo e dedicato al 'neofascismo e le nuove frontiere del pensiero razzista'".

L'Anpi di Buccinasco e diverse forze politiche e sociali locali - prosegue Muhlbauer - hanno già convocato un presidio davanti al municipio alle ore 18 del 26 novembre, per chiedere l'annullamento dell'evento vergogna. Il gruppo consiliare regionale di Rifondazione Comunista sarà con loro. Tuttavia, il nostro auspicio è che non si debba arrivare fino al punto di dover scendere in piazza per cercare di impedire che in provincia di Milano si realizzi l'oscenità di un Comune che nel 70esimo anniversario delle leggi razziali organizza e finanzia, con i soldi dei contribuenti, un convegno in onore del principale teorico italiano del totalitarismo e del razzismo. Cioè, il Sindaco Loris Cereda annulli immediatamente il convegno revisionista e risparmi a Buccinasco questa vergogna. Altrimenti, ognuno si assuma le proprie responsabilità".

fonte: AffariItaliani

«Per voi ci vorrebbe Hitler» Condannata per razzismo

L’aveva ripetutamente insultata: «Sei una sporca negra. Bisognerebbe tornare ai tempi di Hitler, quando si bruciavano gli ebrei. Dovremmo fare la stessa cosa con voi». Elena Cavallo, una donna di 57 anni è stata condannata ieri, in tribunale a Torino, per “ingiurie e minacce aggravate dall’istigazione all’odio razziale” dal giudice Federica Galllone. Sette mesi di reclusione senza il beneficio della condizionale. Ora, se la signora Cavallo vorrà usufruire della sospensione della pena, dovrà rigare dritto almeno fino al processo d’appello e sperare che i giudici di secondo grado credano al suo ravvedimento.

Già, perché in attesa della sentenza Elena Cavallo, altro non ha fatto che ribadire i suoi convincimenti, continuando ad insultare con interviste sui giornali (acquisiti come prove in giudizio) Khadija Sadri, una donna di origine marocchina di 37 anni, da tempo in Italia e moglie di un torinese, Stefano Demaria, 41 anni, titolare di una nota concessionaria d’auto.
I fatti risalgono al 2005 quando Khadija Sadri era solita fare la spesa al DìxDì di piazza Savoia. Lì aveva più volte incontrato Laura Cavallo, anche lei impegnata nelle compere: «Degli insulti ne parlai con mio marito - raccontò la giovane marocchina - che è italiano e lui mi consigliò di stare calma. I dipendenti del supermercato, ogni volta che andavo lì e c’era anche quella signora, cercavano di difendermi, di tutelarmi». Ma gli insulti sono proseguiti, in un continuo crescendo: «L’ultima volta mi sono davvero spaventata. Quella donna, facendomi il saluto romano, mi aveva detto che suo figlio era un naziskin e che alla fine me l’avrebbero fatta pagare».


fonte: CronacaQui

Rom e senza tetto colpiti dalla società e Fano dov'è?

Egregio Assessore Davide Del Vecchio, in questi giorni la Commissione europea discute i provvedimenti da attuare verso l'Italia per le politiche governative e locali che combattono i comparti più deboli della società, a partire dai Rom e dai senzatetto. Ho letto, con tristezza, l'articolo pubblicato dall'edizione locale del Carlino di oggi.

E' ormai evidente che i media diffondono odio e intolleranza verso gli esseri umani più vulnerabili, presentandoli secondo un'odiosa propaganda discriminatoria: le famiglie Rom sono descritte come bande di criminali e non come esseri umani in tragiche condizioni; i migranti sono "invasori" dediti ad attività illecite; i senzatetto sono così "per scelta" e costituiscono un pericolo pubblico. La verità la esprimono i numeri del Viminale, del Rapporto Censis, delle organizzazioni per i diritti umani. Furti, rapine e scippi sono in prevalenza azioni compiute da italiani; gli omicidi avvengono per la maggior parte all'interno delle pareti domestiche; il crimine, in Italia, è gestito dalle mafie, che si avvalgono di manovalanza nostrana e straniera. Non solo, perché come ricordato da Roberto Saviano all'Unione europea, l'Italia è il più grosso esportatore mondiale di criminalità. Questo è il degrado da combattere: un degrado morale, civile, politico e mediatico.

La criminalità organizzata ha toccato quest'anno il suo fatturato record in Italia: 130 miliardi di euro, maturati su droga, violenza, armi, prostituzione, pornografia e pedopornografia, estorsione, corruzione, morte. Continuare a evitare di perseguire la criminalità vera, per riempire le carceri di Rom e poveracci - o scacciarli da ogni angolo in cui si rifugiano - è qualcosa di aberrante. Definire i poveri, gli "ultimi" del Vangelo, come causa di insicurezza e degrado è una menzogna colpevole, perché i poveri vanno aiutati e a questo servono i servizi sociali. L'Italia e le sue città stanno scendendo ai più bassi livelli dell'abiezione, del razzismo, dell'intolleranza perché non ha il coraggio di guardarsi allo specchio. Tutti sanno la verità: non vi è ministro, parlamentare, sindaco, assessore, prefetto, autorità, giornalista che non sappia dove sono i veri problemi di sicurezza e dove vi è invece persecuzione degli innocenti. So che non sarà certo Fano a cominciare a dare il buon esempio, perché è più facile colpire il capro espiatorio - come si fa, in Italia, fin dall'antichità - che toccare interessi enormi.

I Rom a piedi nudi e i mendicanti senza un tetto sulla testa sono bersagli così indifesi e a portata di mano! E' così facile colpirli e poi affermare a gran voce: avete visto, cittadini, vi abbiamo liberati dal pericolo pubblico numero uno! Intanto la vera criminalità ghigna, ingrassa e ringrazia. So che non partirà, la riscossa morale del nostro Paese, da Fano, perché Fano sta mostrando altri obiettivi (quelli facili e di "effetto") da perseguire, ma non rinuncio a inviarLe questa breve lettera. Scripta manent.

fonte: VivereFano

La costruzione di un regime di ‘apartheid’

Egregio direttore,

la lettura di un piccolo libro di Toni Fontana, “L’Apartheid. Viaggio nel regime di segregazione che sta nascendo nel Nord-Est”, Edizioni Nutrimenti, apre uno scenario assai inquietante sui processi di discriminazione e segregazione razziale che stanno avanzando in varie città del Veneto, una regione in cui sono presenti, secondo i dati della Charitas, circa 350.000 stranieri regolari (più quelli non registrati), giunti colà fra il 2000 e il 2008.

L’autore, che è un giornalista dell’“Unità”, racconta un viaggio da lui compiuto nel Veneto, sua regione natale, dopo un lungo periodo di residenza fuori di tale regione, e descrive la paura e la diffidenza che caratterizzano i rapporti fra gli autoctoni e gli immigrati, e in particolare gli immigrati di seconda generazione, in una regione fra le più industrializzate del nostro paese. In quei territori allo sfruttamento economico della manodopera immigrata si aggiunge l’emarginazione sociale: basti pensare che nei dintorni della stazione di Treviso, così come accade anche dalle nostre parti (ad es., nei dintorni della stazione di Gallarate), non esistono panchine. Tutto ciò avviene nonostante che un buon numero di immigrati lavorino regolarmente in aziende come la Benetton, la De Longhi ecc. E anche là, come dalle nostre parti, vi sono immigrati musulmani, fra i quali non mancano imprenditori e artigiani con tanto di partita Iva, che girano con un tappetino sotto braccio in cerca di un posto dove pregare.

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Razzismo al Trullo, aggredita una troupe Rai

Volevano realizzare un servizio televisivo sulla gang di giovanissimi che, al Trullo, da mesi, e prima di essere sgominata dai carabinieri, terrorizzava gli extracomunitari del quartiere. Ma la troupe del Tg1 che sabato tentava di domandare agli abitanti del quartiere se sapevano qualcosa degli episodi di razzismo oggetto dell’indagine e dei cinque giovani arrestati per rapina, lesioni, minaccia in concorso e con l’aggravante di aver commesso il fatto per finalità di discriminazione e odio razziale, è stata aggredita e costretta ad allontanarsi dal quartiere scortata dai militari. Come ha mostrato il servizio proposto ieri nell’edizione delle 13,30, la troupe è stata aggredita da due persone, sopraggiunte su un’auto: prima da un ragazzo incappucciato, con una sciarpa a coprire il volto, che ha spintonato la giornalista, l’operatore e il tecnico specializzato; poi da una donna, che ha insultato e minacciato più volte di morte in particolare la giornalista, dopo averle gettato il microfono per terra. «L’aggressione violenta subita dalla nostra troupe - commenta il comitato di redazione della testata - è la conferma del pesante clima di intimidazione che colpisce chi cerca di fare informazione al servizio dei cittadini. Chiunque abbia a cuore la libertà di stampa non può più tollerare che avvengano simili episodi». Anche la direzione del Tg1 condanna «duramente» l’episodio.

fonte: Il Giornale

venerdì 21 novembre 2008

Pisa sta diventando razzista

Un gruppo di intellettuali contesta le scelte del sindaco su immigrati e rom

PISA.Il clima di razzismo e di intolleranza rischia di penetrare a Pisa. Nella città della Torre, che in anni recenti si è spesso proposta ed è stata percepita a livello nazionale come un laboratorio di sperimentazione sociale all’insegna del dialogo e dell’integrazione, si sta registrando una brusca inversione di tendenza nei confronti degli immigrati e dei rom.
A sostenerlo è un gruppo di intellettuali che ha sottoscritto una lettera-appello contro le recenti scelte dell’amministrazione comunale in materia di sicurezza e immigrazione: una lettera che suona come un allarme e come un atto di accusa nei confronti del sindaco Filippeschi. Le firme sono di quelle che lasciano il segno: dallo storico Adriano Prosperi della Scuola Normale a Michele Luzzati, docente universitario di storia medievale e voce autorevole della comunità ebraica; dal teologo Don Roberto Filippini alla medievista Chiara Frugoni (la cui biografia di San Francesco ha ispirato i lavori di Dario Fo), fino allo scrittore Luca Ricci, autore per Einaudi del premiato libro “L’amore e altre forme d’odio”. Assieme a loro, tra gli altri, la rappresentante dei Rom Marinela Nicolin, i docenti universitari Paola Bora e Giorgio Gallo, il medico Barbara del Bravo.
Nell’appello si critica la politica che «sembra cedere a facili tentazioni securitarie», di «misure vessatorie nei confronti di persone provenienti da altri paesi», di una «quotidiana e incomprensibile caccia all’uomo da parte delle forze di polizia locale». E si citano in particolare due provvedimenti: la cosiddetta “ordinanza antiborsoni”, annunciata dal sindaco ma non ancora emanata, e gli sgomberi dei campi Rom.
L’«ordinanza antiborsoni» consentirebbe alla polizia municipale di multare chiunque sosti con valige, fagotti e borse di grosse dimensioni in prossimità di monumenti storici (il riferimento è ai “borsoni” dei venditori ambulanti stranieri). Gli sgomberi dei campi Rom rappresentano - secondo i firmatari dell’appello - una vera e propria svolta rispetto al passato: la precedente amministrazione, infatti, aveva promosso un programma di accoglienza e inserimento abitativo denominato “Città Sottili” e grazie a quel programma erano state assegnate agli abitanti dei «campi nomadi» delle vere e proprie case.
L’ordinanza anti-borsoni e gli sgomberi fanno parte di un programma più ampio, un vero e proprio “Patto per la Sicurezza” (simile a quelli di Roma e Milano) che la giunta vuole stipulare con la prefettura e la questura. Su questo patto il sindaco Filippeschi ha avuto il via libera dal consiglio comunale, con i voti sia della maggioranza che dell’opposizione di centrodestra.

fonte: Espresso

Sgomberata la casa del Dazio di Pontevigodarzere

La palazzina era stata occupata cinque anni da attivisti del centro sociale Pedro per farne un centro di prima accoglienza per lavoratori migranti.

La casa del Dazio di Pontevigodarzere, gestita in questi cinque anni dall'associazione Razzismo stop, è stata sgomberata e murata dai tecnici del comune.

Nella palazzina semi diroccata di due piani vivevano in condizioni precarie una decina di stranieri, cinque africani, una coppia di rumeni ed una donna senegalese con il suo bambino.

Le famiglie sgomberate saranno ospitate in appartamenti del comune, in attesa che venga per loro trovata una sistemazione definitiva.

fonte: Padova News

Un'ordinaria giornata nazista

Pacchi postali con interiora di animali e bambole insanguinate e fatte a pezzi sono stati recapitati alle agenzie di stampa e ai quotidiani siciliani "per protestare contro la legge sull'aborto". Mittente: la sezione siciliana di Forza Nuova. "E' un genocidio legalizzato", è scritto nel volantino che accompagna il pacco. "Basta con la 194".
Giuseppe Provenzale, coordinatore regionale della sigla di estrema destra, forte del pieno sostegno di Roberto Fiore, segretario nazionale di Fn, ammette che è opera sua l'invio di sei pacchi alle redazioni dei quotidiani: "E' un'iniziativa shock, ma è l'unico modo per denunciare, nella sua crudezza, quello che avviene nelle realtà con un aborto". Provenzale, insieme a Massimiliano Ursino, altro militante forzanuovista, verranno denunciati all'autorità giudiziaria per procurato allarme contro l'autorità e sono stati ascoltati per tutto il pomeriggio dai carabinieri di Palermo. Prima notizia del giorno.

Seconda "buona" nuova. Sul web fa proseliti un gruppo musicale che, nel nome ed esclusivamente in quello, si richiama a quello dei 99 Posse, storico gruppo napoletano che si è sciolto nel 2005 e conosciuto per il suo ancoraggio nei centri sociali. Gli emuli che ottengono tanto successo via internet si chiamano 99 Fosse e nei loro brani auspicano la morte degli ebrei e deridono la Shoah e i campi di sterminio. Le loro canzoni sono apparse su Youtube, ma possono anche contare su un sito dedicato nella community di Netlog, con tanto di fan riconoscibili dai nick e dalle foto di ispirazione fascista: da Forza Nuova Macerata a PrincipeNeroFN.

fonte: AprileOnLine

mercoledì 19 novembre 2008

Sporco negro

Pestaggi e umiliazioni. Vittime: rumeni, marocchini, ma soprattutto neri. Mentre c’è chi minimizza («solo episodi»), in un paese armato di rabbia e di paura si moltiplicano le aggressioni agli immigrati

Non crederai mica di poter entrare dappertutto solo perché adesso ha vinto Obama». Comincia così, davanti a una discoteca padovana, il viaggio al termine dell’intolleranza italiana, in questa notte della convivenza che si lascia dietro insulti, rabbia, botte e sprangate come non se n’erano mai viste: il catalogo è deprimente, ma è questo. Si chiama Pietro, ha 24 anni, studia Economia a Ca’ Foscari, l’università di Venezia, e ha deciso di passare la serata al Victory di Vicenza, una discoteca. Gli amici entrano, lui si attarda a parlare con uno di loro, poi, alla porta d’ingresso, quelle parole: «Non crederai mica di poter entrare dappertutto solo perché adesso ha vinto Obama». Pietro è un cittadino italiano di colore: aveva 4 anni quando i suoi genitori lo hanno adottato, strappandolo al mattatoio del Burundi. Lui e altri due piccoli ai quali avevano sterminato la famiglia, tutti e tre figli della coppia: operatori penitenziari ai quali non resta che presentare un esposto in Procura perché a Pietro è stato impedito di entrare in un pubblico locale per motivi razziali, per il colore della sua pelle. Alla faccia dell’articolo 3 della costituzione, che troppi sembrano aver dimenticato, mentre un ripasso farebbe proprio bene: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».

Quelli della discoteca si sono difesi dicendo che il ragazzo non è stato fatto entrare perché ubriaco, anche se l’uscita su Obama dimostra tutt’altro, ma Pietro li smentisce. E suo padre aggiunge: «Non vogliamo avere ragione a tutti i costi, ma vogliamo la verità». La stessa frase pronunciata, un mese fa, dal padre di Emmanuel Bonsu, il 22enne ghanese che dichiarò di essere stato pestato, a Parma, dai vigili urbani. Pestato, ingiuriato, obbligato a spogliarsi e a fare piegamenti con una bottiglia di acqua in testa. Quindi rispedito a casa con una busta, con sopra vergate le sue generalità: «Emanuel Negro». Anche quelli si difesero, accusando il ragazzo di essere il palo degli spacciatori e di aver fatto resistenza a pubblico ufficiale, ma la scorsa settimana il pm che segue il caso ha squarciato il velo su quelle false accuse e sui reati di cui dovranno rispondere gli agenti, dieci in tutto: percosse aggravate, calunnia, ingiuria, falso ideologico e materiale, violazione dei doveri d’ufficio, con l’aggravante dell’abuso di potere. Emmanuel è stato operato all’occhio tumefatto ma ha ancora paura di uscire da casa, perché ha ricevuto cinque lettere di minaccia, come non fosse bastato sentirsi dire, dentro il comando: «Confessa, scimmia. Sei solo un negro». Chi siano quei dieci, lo decida il lettore.

«Episodi isolati», ha fatto sapere il sindaco di Parma. Certo quei vigili non devono aver dato il buon esempio se, dieci giorni dopo la notizia del pestaggio, Boakye Danquah, 35 anni, anche lui ghanese, è stato aggredito su un bus da due albanesi che si sono sentiti molto bianchi e molto autorizzati a farlo sloggiare dal sedile che occupava nel bus, mandandolo all’ospedale. Razzismi di seconda mano, matrioske dell’intolleranza, come quello dei due romeni che, a Ragusa, lo scorso 24 ottobre, hanno aggredito un somalo, al grido di «sei un nero» regalandogli una prognosi riservata e regalandosi un’accusa di tentato omicidio, aggravato dall’istigazione razziale.

Una sorta di reazione a catena, il più debole – oggi, il nero – a soggiacere: una rivalsa-parificata per l’intolleranza e le aggressioni che anche a romeni e albanesi tocca subire. Pure da morti. «Bruciate ancora rumeni di merda», hanno scritto il 2 ottobre su un muro di Sesto San Giovanni, accanto al luogo dove, pochi giorni prima, un ragazzino romeno era morto a causa di un incendio.

Romeni e albanesi sono, nel sondaggio Ispos-Magazine, i meno sopportati tra gli immigrati. I reati odiosi di cui alcuni connazionali si sono macchiati hanno fatto spesso terra bruciata nei giudizi sulle due comunità, specie quella romena (la più numerosa oggi in Italia, con quasi 500mila presenze), che ha ereditato anche il ruolo di capro espiatorio: se ai tempi del delitto di Erika&Omar a Novi Ligure all’inizio fu caccia all’albanese, oggi la parte tocca al romeno, come accaduto il 2 novembre a Bolzano, quando un ragazzo di 16 anni, che aveva rotto una porta-finestra, non ha trovato di meglio, per giustificarsi, che simulare una rapina ad opera di due romeni, rimediando una denuncia alla procura dei minori. Ed è romena Ana Demian, 21 anni, studentessa di economia che, a Cagliari per il progetto Erasmus, s’è vista rifiutare una camera per via della sua carta d’identità, nonostante lo spot «Piacere di conoscerti» che il governo romeno manda in onda sulle reti televisive italiane. Ed è albanese Stefano M, 19 anni, in coma, a Genova, per le sprangate ricevute da un tizio di Cogoleto che frequentava il suo stesso oratorio e che da tempo lo minacciava: «Sporco albanese, prima o poi ti ammazzo ». Fino a quando non ci ha provato, sfondandogli il cranio, nonostante i carabinieri fossero già stati messi sull’avviso, per via delle continue provocazioni razziste. È accaduto a metà ottobre, a un mese di distanza dall’omicidio, a Milano, di Abdul Guibre detto Abba, cittadino italiano originario del Burkina Fasu, sospettato dai gestori di un bar, padre e figlio, di aver preso dei biscotti dal banco e sprangato a morte. E dalla strage di Castelvolturno, sei neri ammazzati dalla camorra, per dare un segnale, subito raccolto dalle scritte razziste apparse sui muri di Roma: «Minime in Italia: Milano -1, Castelvolturno -6». La temperatura dell’odio.

Ma poi, episodio davvero isolato, quello degli agenti municipali di Parma? Mica vero se lo scorso 25 settembre, quattro vigili urbani di Milano sono stati condannati (pene tra i 3 anni e gli 8 mesi) per aver fermato senza motivo una donna ucraina, averla denunciata come ambulante, insultata e presa a schiaffi, fabbricando persino prove a suo carico e falsificando i verbali. E il senegalese Diop Moussa ammanettato e scaraventato a terra il 9 ottobre davanti agli occhi del figlio (e dei suoi compagni) che aveva appena accompagnato a scuola per un diverbio con i vigili sul parcheggio dell’auto? Sì, sempre a Milano, dove un lavavetri romeno, il giorno seguente, ha accusato un agente municipale di averlo picchiato, davanti a 4 testimoni. Reazioni? «Andiamoci cauti, niente caccia alle streghe».

Allora lasciamo le strade e saliamo su un bus. Per esempio su quello che va da Bergamo a Seriate, dove due studentesse raccontano a L’Eco di Bergamo ciò a cui hanno assistito: quando una donna ha dichiarato di non trovare più il cellulare, il controllore si è avvicinato a un romeno, decidendo che fosse lui il ladro, facendogli togliere il giubbino, poi il resto fino a intimargli di levarsi le mutande. Niente, del telefonino nessuna traccia, ma il controllore non s’è fermato: ha tolto 70 euro dal portafoglio dell’uomo e li ha dati alla donna come indennizzo, gridando dietro al romeno, durante il prelievo: «Metti le mani qui che ti spacco le dita e ti mando all’ospedale».

Certo, c’è anche il bus di Ozzano dell’Emilia, nel Bolognese, dove è stato denunciato un autista che ha fatto inginocchiare sullo scuola-bus un bambino marocchino di 11 anni «perché non stava buono». E poi c’è la storia di Varese, sempre in ottobre, che fa tornare alla mente Rosa Parks e quell’autobus di 50 anni fa, a Montgomery, Alabama, visto che ad Anna, 15enne di origini maghrebine, i compagni di viaggio, studenti lombardi, prima hanno detto «marocchina di merda» e poi l’hanno obbligata a cedere il posto «non suo, perché non italiana». A suon di botte: per Anna occhi pesti, collare cervicale e naso rotto.

E la politica? Non resta a guardare: ribolle di indignazione o soffia sul fuoco. Specie se in campagna elettorale. Finendo, a volte, per scottarsi. Come a Trento, dove la Lega ha coperto la città di manifesti con lo slogan: «Dellai ha rovinato le piazze, noi le ripuliamo». Nell’immagine immigrati e poliziotti nei giardini di piazza Dante. Senonché i due tizi ritratti sul manifesto, cittadini polacchi incensurati, non hanno gradito la scelta di passare per delinquenti e nonostante l’onorevole leghista Fugatti abbia spiegato che era solo un messaggio «perché i giardini devono essere trentini », i due hanno denunciato per diffamazione il suo partito. Anche se, proprio in Trentino, ci sono nuovi esempi di integrazione come racconta l’ingresso dei bambini marocchini nella Sat, lo storico sodalizio dell’alpinismo. Eppure di questi tempi è come se i mille esempi di convivenza, che hanno fatto l’Italia degli ultimi anni, fossero messi in mora da quest’aria che tira e che libera folate di rabbia pure sulla storia, a suo modo esemplare, di Gabriel Bogdan Ionescu, il giovane pirata informatico romeno, condannato in primavera a 3 anni e un mese dal Tribunale di Milano per i suoi traffici di hacker bancario e ora primo classificato al test di ingresso alla facoltà di Ingegneria Informatica del Politecnico di Milano. Come se il genio (matematico, nel caso) dovesse fare la fila e chiedere permesso (magari di soggiorno) per trovare lavoro.

Pregiudizio. Ostilità. E violenza. Il catalogo dell’ultimo mese non è finito ed è davvero impressionante: a Figline, in Toscana, sono stati condannati, con l’aggravante del razzismo, due giovani italiani che hanno sprangato due operai kosovari; poi ci sono stati i raid di Roma: uno contro un ragazzo cinese, uno contro tre immigrati di origine egiziana; e quello di Castronno, in provincia di Varese, dove un naziskin ha picchiato dei dominicani. «Sporco marocchino vai a cucinare a casa tua», pronunciato da standisti del Salone del Gusto, ha innescato una rissa a Torino, dove venti giorni prima, il 9 ottobre, è stata rinviata a giudizio la donna che ha insultato una donna, sempre di origini marocchine, a colpi di «Hitler aveva ragione». E «sporco negro» per Assuncao Benvindo Muteba, 24 anni studente angolano, massacrato di botte a Genova, mentre più fantasia ha mostrato quella maestra elementare di Milano che alla mamma di un bambino di colore, da lei adottato, ha urlato: «Signora, riporti suo figlio nella giungla».

Variante infantile dell’invito «torna in Africa a mangiare le banane» pronunciato l’11 ottobre da un giocatore del Novendrate, campionato provinciale comasco, all’avversario Cheikh Cissé e, il 19 ottobre, da un arbitro di basket pavese nei confronti di un giocatore della Bopers Casteggio, durante un incontro di serie D. Perché lo sport non resta mai indietro e anzi, su certi temi - le curve insegnano - detta persino la linea. E accade così che il cerchio, sui razzismi di casa nostra, si chiuda in un campo da calcio, molti chilometri più a sud, due domeniche fa. E nel nome del nuovo presidente Usa - che ha fatto pure da incipit a questo viaggio - citato dalla rabbia di chi, e sono tanti, a casa nostra è rimasto spiazzato dall’esito dell’elezione americana, visto che a Mahamadou Sakho, portiere senegalese del Sogliano, campionato d’Eccellenza pugliese, hanno gridato dietro, sì , «sporco negro», ma aggiungendo all’insulto «fratello di Obama». A imperitura difesa della pura razza italiana.

fonte: Il Corriere della Sera

martedì 18 novembre 2008

Rumeno investito, è stato un romano

Incarcerato un imprenditore di 65 anni: aveva travolto l'immigrato ed era fuggito senza prestargli soccorso

ROMA - È stato arrestato nella tarda serata di ieri il pirata della strada che ha investito ed ucciso Mihai Constantin, il cittadino romeno di 33 anni rinvenuto cadavere ieri mattina lungo via Fosso dell'Osa, in località Villaggio Prenestino.

LA RICOSTRUZIONE - Si tratta di un romano di 65 anni, titolare di una ditta di traslochi, che, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri della compagnia di Tivoli, a bordo di un Fiat Doblò avrebbe investito il romeno nel tardo pomeriggio del 16 novembre scorso provocandone la morte.

LE INDAGINI E IL FERMO- Il pirata, dopo aver colpito lo straniero, è scappato senza prestargli soccorso: sul luogo del sinistro, però, a causa dell'impatto col pedone, erano rimasti alcuni frammenti dell'auto-killer, grazie ai quali i militari hanno potuto identificare il veicolo ed il suo conducente. L'investitore, sottoposto a fermo di indiziato di delitto per omicidio colposo e omissione di soccorso, è stato trasferito nel carcere di Regina Coeli a disposizione dell'autorità giudiziaria.

fonte: Il Corriere della Sera

venerdì 14 novembre 2008

La zingara rapitrice racconti, denunce, sentenze (1986-2007)

L'indagine fa parte di una più ampia ricerca commissionata dalla Fondazione Migrantes al Dipartimento di Psicologia e Andropologia culturale dell'Università degli Studi di verona. la ricerca era volta a questa pura verifica: visto che i non zingari dicono che gli zingari rubano i bambini, e visto che sinti e rom dicono invece che sono i non zingari (quelli che essi chiamano gage o gagé) che si appropriano dei loro figli, chi ha ragione?

scarica tutta la ricerca qui: http://www.chiesacattolica.it/pls/cci_new_v3/v3_s2ew_consultazione.redir_allegati_doc?p_id_pagina=5262&p_id_allegato=6559&p_url_rimando=/cci_new_v3/allegati/5262/zingara.pdf

giovedì 13 novembre 2008

Prete africano aggredito a Roma

a Roma, all’alba di sabato mattina, è stato aggredito e rapinato un prete africano, don Edmond Velonjara. La notizia, però, è stata data solo ieri dalla web tv abruzzolive.

Don Edmond, viceparroco nella Chiesa di San Pietro a Lanciano, si trovava in una sala d’attesa di Fiumicino, in procinto di tornare nel suo Paese, il Madagascar, quando è stato avvicinato da 5 uomini, dei quali uno l’ha bloccato da dietro e gli altri l’hanno aggredito.

Una volta immobilizzato, è stato derubato di cellulare, soldi, passaporto, oggetti personali, ma fatto altrettanto grave è che nessuno è intervenuto per aiutarlo.

Si sa che le forze dell’ordine erano assenti in aeroporto a quell’ora, ma gli altri passeggeri o gli aeroportuali dov’erano? Nessuno ha visto o sentito alcunché? Non è dato sapere, almeno per ora.

Il sacerdote voleva restare qualche settimana nella sua terra per rivedere la madre e far ricostruire la sua casa, distrutta da un alluvione qualche anno fa. Adesso sta aspettando un visto speciale dell’ambasciata del Madagascar per poter lasciare l’Italia senza passaporto.

fonte: Inviatospeciale

Molotov contro un circo di La Spezia

Hanno lanciato una bottiglia molotov contro un circo, ma sono stati subito fermati dai carabinieri. Sono due sedicenni gli autori della "bravata", ieri nella periferia di Sarzana (La Spezia), che gli e' costata una denuncia al tribunale dei minori di Genova. Sono residenti nello spezzino: a Sarzana e a Vezzano Ligure. Ieri sera i due adolescenti, certi di non essere visti, dall'esterno hanno lanciato la bottiglia incendiaria contro il telone della stalla per i cavalli, ma l'ordigno e' rimbalzato sul telo e si e' spento nel fango senza fare ne' vittime ne' danni. Ma qualcuno li ha visti fuggire con un motorino e ha annotato la targa. Presi dai militari hanno raccontato di aver agito per una vendetta. Adesso devono rispondere di fabbricazione, detenzione e porto di materiale esplosivo e tentato incendio doloso in concorso. La loro posizione e' aggravata -sottolineano i militari della compagnia di Sarzana guidati dal capitano Alessando Coassin- perche' in Italia la bottiglia molotov e' considerata un'arma bellica alla di una mitragliatrice o di una bomba a mano.

Fonte: Repubblica

mercoledì 12 novembre 2008

Immigrato fatto spogliare su un bus a Bergamo

L'episodio in questione è avvenuto intorno all'una su un bus che trasporta soprattutto studenti dalla città a Seriate. Da quanto descritto da un paio di ragazze a bordo, un giovane immigrato è stato accusato del furto del cellulare a una viaggiatrice. Sul pullman è quindi salito un controllore che, dopo aver ascoltato l'autista e la vittima del furto, si è rivolto al ragazzo straniero e, con toni piuttosto minacciosi, gli ha intimato di spogliarsi per verificare se aveva addosso il telefonino rubato. Il giovane immigrato è stato dunque costretto, peraltro tra le proteste di alcuni viaggiatori, a denudarsi, mostrando così di non avere alcun cellulare con sé. Fatto che non pare abbia rassicurato il controllore, il quale sembra si sia fatto dare il portafoglio dal ragazzo e ne abbia tolto alcune banconote per consegnarle alla giovane derubata.
Una delle passeggere del bus ieri si è rivolta all'Atb Point per presentare formale reclamo, mentre il ragazzo straniero sembra essersi volatilizzato senza sporgere denuncia.
"Non voglio fare commenti fino a quando non sapremo la verità - spiega Scarfone dell'Atb - ma gli accertamenti sono in corso. Vogliamo ascoltare il controllore e l'autista, poi faremo le opportune verifiche. Solo dopo potrò esprimermi in merito".
Nel fratempo anche il primo cittadino di Bergamo, Roberto Bruni, si è interessato alla vicenda invitando a "un accertamento rapido e rigoroso sull'eventuale comportamento vessatorio tenuto dal controllore dell'Atb nei confronti di un cittadino immigrato".

fonte: BergamoNews

Senegalese offeso e malmenato "Vittima di un episodio di razzismo"

Si è presentato con la moglie all'ingresso della disconteca Don Carlos di Chiesina Uzzanese, dove gli è stato chiesto di esibire i documenti. E mentre discuteva sui motivi della richiesta è stato colpito alle spalle e preso a calci. Questa la brutta avventura vissuta da un giovane senegalese, con regolare permesso di soggiorno, sposato con un’italiana.

Si era presentato all’ingresso di una discoteca e gli hanno chiesto i documenti. Mentre discuteva sui motivi di quella richiesta, visto che con la moglie è un abituale frequentatore del locale, è stato colpito alle spalle e poi, caduto a terra, è stato raggiunto da alcuni calci. I suoi aggressori si sono poi dati alla fuga.

Questa la brutta avventura vissuta venerdì sera da un giovane senegalese, con regolare permesso di soggiorno, sposato con un’italiana, al Don Carlos di Chiesina. Il giovane ha chiesto l’intervento dei carabinieri, che sono andati sul posto e hanno effettuato accertamenti sulla vicenda, che, secondo la vittima del brutto episodio, ha lasciato in lui una grande amarezza e un profondo dolore per l’episodio di probabile razzismo più che perquello fisico. Tra l’altro, è stato sottoposto ad accertamenti all’ospedale e per alcuni giorni dovrà indossare un collare.

fonte: La Nazione

martedì 11 novembre 2008

"Cacciato dalla discoteca perché nero"

Le due versioni, come spesso capita, sono diametralmente opposte. Quella dello studente di colore: "Non mi hanno fatto entrare in discoteca per il colore della mia pelle, e mi prendevano in giro con sfottò su Obama".

Succede a Padova, e la notizia finisce sui quotidiani locali. Lo studente di colore, adottato negli anni ‘90 da una famiglia padovana, resta comunque convinto di aver subito una discriminazione e annuncia che presenterà denuncia in Procura. Il ragazzo racconta anche di una frase che lo ha particolarmente infastidito: il buttafuori della discoteca per spiegare il rifiuto all’ingresso, gli avrebbe detto: "Non crederai mica di poter entrare adesso perché ha vinto Obama...’’.

Fonte: QuotidianoNet e anche Padova Bloglandia

"Nessuno mi affitta una stanza perché romena"

Si è vista rifiutare l'affitto di una stanza perché romena. E' successo a una studentessa universitaria del progetto Erasmus, Ana Demian, che racconta la sua brutta esperienza all'Unione Sarda, un quotidiano locale.

La ragazza, 21 anni, è arrivata da Timisoara a Cagliari per seguire il corso di studio in servizi turistici nella Facolta’ di Economia. Si era accordata con una persona per prendere in affitto una stanza singola, con un budget stanziato di 300 euro al mese, ma poi quella le ha rifiutato l’alloggio. A vuoto sono andati anche gli altri tentativi: ‘’non affittiamo ai romeni’’ , era la cantilena.

fonte: QuotidianoNet

GIORNALISTA DEL TG3 MINACCIATO DA NEOFASCISTI

Santo Della Volpe ha trovato la sua auto imbrattata di vernice con scritte ingiuriose e croci celtiche. È il terzo episodio del genere in pochi giorni. Fnsi: «Si tratta della prova di un clima di aggressività crescente nei confronti del lavoro giornalistico».

Continuano le minacce di stampo neofascista contro l'informazione. Questa volta è toccato a Santo Della Volpe, giornalista del Tg3, dirigente dell'associazione Articolo 21 e vicepresidente di Libera Informazione, che ha trovato la sua auto parcheggiata sotto casa imbrattata di vernice bianca e arancione con scritte ingiuriose e croci celtiche. La firma, T. S., è di un noto gruppo di estrema destra del quartiere Trieste - Salario. Le minacce erano chiaramente indirizzate all'inviato del Tg3 perché solo la sua macchina è stata sporcata. Proprio Della Volpe ha denunciato il fatto con un editoriale su Articolo 21: «Succede che arrivi stanco da un viaggio in giro per il mondo ed il mattino cerchi l'automobile - ha scritto il giornalista - e scopri una bella croce celtica con in alto a sinistra la lettera T e in basso a destra la lettera S. Si gela il sangue: hanno anche lasciato la firma, sono quelli del gruppo fascista Trieste-Salario... Io non sfido nessuno, ma nessuno creda di far cambiare di una virgola il mio lavoro. Non è bello sentirsi nel mirino, anche se da parte di una banda di stupidi vigliacchi. Dopo aver chiamato il 113 ho cancellato le scritte con rabbia, con furore, a costo di togliere anche la vernice dell'auto. Ed aspetto di vedere chi e perché ha preso di mira la mia persona, il mio lavoro da giornalista. Forse avevano bisogno di aprire una campagna intimidatoria contro la stampa e i giornalisti».
L'intimidazione a Della Volpe è il terzo episodio di minacce neofasciste contro i giornalisti. Lunedì scorso, infatti, un gruppo di giovani di Casa Pound, per protestare contro la redazione di "Chi l'ha visto?", aveva forzato gli ingressi e si era introdotto nella sede Rai di Via Teulada, mentre giovedì è stato appeso da Forza Nuova uno striscione vicino all'abitazione di Ezio Mauro, direttore di "La Repubblica", che diceva: «Direttore: basta odio e falsità».

Fonte: Agenda della Comunicazione

Nomadi: aumentano “gli atti di xenofobia e di razzismo, alcuni con violenza senza precedenti”.

In Italia un clima di “disagio si sta diffondendo e un senso di insicurezza sembra crescere fra cittadini italiani e stranieri nella vita quotidiana”.
È una delle considerazioni contenuta nel documento di lavoro che Gerard Deprez, presidente della Commissione libertà civili dell'Europarlamento, sta mettendo a punto sulla situazione dei rom in Italia dopo la visita di una delegazione della commissione compiuta lo scorso settembre ed anticipata dall’Agenzia Ansa.
La visita, si legge nella bozza di lavoro, è stata “utile” perché ha consentito di verificare “la tensione sociale e il clima che ora caratterizza l'Italia per quanto riguarda la situazione dei nomadi”.

Fonte: Immigrazioneoggi.it

lunedì 10 novembre 2008

"Sporco negro! Abbronzato! Obama!" E n'altro poco scoppia il finimondo. Grazie anche al cavaliere

E fu così che “Obama” e “abbronzato” furono sdoganati come termini utili per offendere. Sono diventati parolacce. Potenza del guru mondiale della comunicazione. Sparuti ultras della tifoseria neritina, attenti ai fenomeni di costume, se ne sono prontamente accorti e le hanno utilizzate. Onore al merito di chi c’è riuscito per primo. Ma non si tratta di discriminazione, solo di pura idiozia. Come quella del portiere senegalese la cui reazione stava scatenando una rissa con alcuni neritini piovuti sul terreno di gioco per acchiapparlo. Sentite tutte e due le campane: da Sogliano e da Nardò.
«Sporco negro, fratello di Obama» e poi giù insulti alla madre, morta quando era ancora un bambino. Dinanzi a questi insulti piovutigli da pochi supporter del Nardò, Mahmadou Sakho, giovane portiere senegalese del Sogliano, ha risposto con un gestaccio, che ha scatenato ancor più le ire degli ultras neretini.

fonte: Porta di Mare

Sofya, una storia che non vale un Tg

Di Sofya Smirnova, 37 anni, ucraina, arrivata in Italia con regolare passaporto e uccisa da un pirata della strada la notte tra il 5 e il 6 novembre sulla statale di Pomigliano d'Arco, alle porte di Napoli, non ha parlato nessuno o quasi.
Colpa di quella maledetta data, dirà qualcuno: il destino ha scelto di farla morire la stessa notte in cui un'altra donna, di 27 anni, ma italiana, e' stata scippata e strattonata da due adolescenti a Napoli. A pochi chilometri, cioè, dal luogo in cui Sofya veniva travolta da un'auto che non si e' mai trovata.

Francesca, per fortuna, non e' morta: e' finita in coma, pero', e solo dopo 24 ore ne e' uscita. I suoi scippatori sono stati acciuffati subito. Anche grazie alle testimonianze della gente, che stavolta nella centralissima piazza Dante ha parlato, eccome.

Colpa forse anche di un'altra beffa che il destino ha giocato a Sofya: qualche ora dopo la sua morte un giovane Rom di origine croata ha travolto con la sua Bmw 13 persone che aspettavano l'autobus ad una fermata di Acilia, alla periferia di Roma. Tre sono risultate subito gravissime. Per fortuna anche in quest'ultimo caso nessuno e' morto.
Risultato? Per Sofya non c'era davvero spazio. L'immagine del suo corpo coperto da un lenzuolo sul ciglio della strada e' apparsa nelle edizioni dei Tg delle 13 (e neanche di tutti). Il Tg3 ad esempio le ha dedicato solo una "macchia", come si dice in gergo, ovvero una notizia breve letta da studio, con le immagini che scorrevano. Non un servizio vero e proprio. Ma già nei tg della sera di Sofya non c'era più traccia.

Peggio, molto peggio, e' andata con la carta stampata. Nessun quotidiano nazionale (almeno nessuno dei principali) le ha dedicato una riga. Semplicemente la morte di Sofya, causata da un pirata della strada presumibilmente italiano, per i giornali non e' avvenuta. Meglio, non e' una notizia. A Francesca, uscita dal coma, sono state giustamente dedicate aperture di pagina e altrettanto al Rom di origine croata che ha investito 13 persone.
E allora e' inutile negare: nella trappola ci siamo caduti tutti, proprio tutti. Nella trappola del luogo comune, del razzismo strisciante, della disattenzione, dei due pesi e delle due misure. E il teorema e' diventato regola: Sofya ucraina, uccisa da un pirata (forse italiano) non vale quanto le 13 persone ferite da un Rom croato. Ne' quanto Francesca finita in coma dopo uno scippo. Tutto italiano, stavolta.

fonte: Articolo 21

venerdì 7 novembre 2008

Roma: razzismo, nuove scritte antisemite contro Alemanno

Nuove scritte antisemite, firmate dal movimento di estrema destra 'Militia', sono comparse questa notte a Roma. Due striscioni di circa 7 metri ciascuno, sono stati affissi sul ponte Pietro Nenni, tra i lungotevere Da Brescia e Michelangelo: "Alemanno-Pacifici: Roma-Auschwitz solo andata", "Banche e usurai pagherete caro, pagherete tutto!", entrambi accompagnati dalla firma 'Militia' e da un fascio littorio.

fonte: L'Unione Sarda

mercoledì 5 novembre 2008

Commento razzista di Libero sull'elezione di Barack Obama


Obama è in vantaggio. Evviva Obama. La liturgia aveva già scelto il nuovo dio da venerare. L’uomo della svolta. Il Messia. Se così fosse, dovrà governare, mica solo parlare a folle oceaniche: non è la stessa cosa. Deve dimostrare di essere davvero l’uomo nuovo, il Presidente in grado di riassumere Kennedy, Clinton e tutto il meglio della tradizione democratica. Non solo di essere la novità nera. Si è infilato nei fortini repubblicani, li ha bucati con la sola forza della retorica. Sarà il primo presidente nero degli States, dopo che i neri erano già nelle stanze dei bottoni dell’America sceriffo del mondo. Nella Casa Bianca, Condoleeza Rice e Colin Powell non erano due passanti. Sono stati due neri dell’era Bush jr. e forse questo era un handicap, perché George W. non è mai piaciuto. Già quattro anni fa gli avevano consegnato il benservito a favore di Kerry, gli elettori però non la pensavano così. Ecco perché era necessario costruire il Messia con abbondante tempo di anticipo. Al diavolo Lady Clinton, al diavolo la svolta rosa. Se svolta dev’essere, sia una svolta nera. Fa più tendenza. Batti oggi e batti domani, Obama sarà il primo black alla Casa Bianca.

tratto dalla Home Page di Libero del 5 novembre

martedì 4 novembre 2008

Rom - L′Italia viola i diritti umani

Dal 17 al 20 ottobre 2008 l’europarlamentare rom ungherese Victoria Mohacsi ha visitato alcuni campi nomadi abusivi presenti in Italia. A seguirla una delegazione formata da alcuni attivisti per i diritti umani del gruppo Everyone e da una troupe ungherese di riprese documentarie.

Nel corso del viaggio la delegazione ha raccolto testimonianze filmate della condizione dei nomadi in Italia, sono state effettuate anche numerose interviste. Il dossier finale, corredato di foto e altri documenti, presto verrà pubblicato su internet – una sintesi del “diario di viaggio” è già disponibile sul sito web everyone group.org.

L’obiettivo della visita era osservare le reali condizioni e il grado di integrazione della popolazione rom nel nostro Paese e mostrarle al resto del mondo e al Parlamento europeo. Spiegano alcuni membri della delegazione: “stiamo preparando un dossier illustrato da fotografie, per raccontare all′Ue le fasi del drammatico viaggio in Italia compiuto da una coraggiosa parlamentare europea che si batte da quindici anni contro la tragedia del razzismo che sta annientando il suo popolo”.

Il quadro che via via emerge sotto lo sguardo attento della parlamentare ungherese è tutt’altro che confortante. “Ho attraversato l’Europa per analizzare le condizioni di vita dei rom e il loro grado di integrazione. Non avevo mai assistito a violazioni di diritti umani così gravi come quelle che le istituzioni italiane rivolgono alla mia gente”.

fonte: Consorzio Parsifal

lunedì 3 novembre 2008

Caritas: ormai è allarme razzismo

Basta la parola. «Stranieri». E i voti si moltiplicano. La Caritas lancia l’allarme razzismo ma si trova anche spiazzata. «Hanno vinto gli impresari della paura», è il commento post voto, ma devono incassare la rampognata dell’assessore Comina: «Le associazioni tornino a fare politica, non possono accorgersi dei pericoli all’ultimo momento». Ieri il dossier «Immigrazione». La Caritas è arrivata alla diciottesima edizione del «Dossier statistico Immigrazione: aree di origine, presenze, inserimento, lavoro, territorio».
Ieri la presentazione al teatro Cristallo con i direttori Mauro Randi e Heiner Schweigkofler e i ricercatori Paolo Attanasio. Matthias Oberbacher, Salvatore Saltarelli e l’assessore provinciale Francesco Comina. Da Randi una proposta sulle misure di sostegno: «Non ha senso prevedere gli interventi dopo cinque anni di permanenza. E’ più sensato concentrarli nel primo anno di arrivo con un progetto di inserimento».
Molte le cifre aggiornate al 2007, per raccontare «un fenomeno complesso che non può essere banalizzato». Tra queste il sorpasso tra donne e uomini (50,7 per cento), la maggioranza di provenienze da Paesi europei, il costante aumento delle presenze con il dato ufficiale di 32.945 residenti (il 6,7 della popolazione complessiva) e una stima Caritas, allargata ai non registrati, di 40.702 presenze totali.
Confermata la sproporzione di iscritti nella scuola italiana (15,4 per cento) rispetto alla scuola tedesca (3,7) e ladina (2,6). Aumentano i ricongiungimenti familiari (609 nel 2005, 779 nel 2006, 1402 nel 2007).
Nella settimana del voto l’argomento è centrale. Di fronte a partiti come Freiheitlichen e Lega nord che sull’allarme immigrati costruiscono il loro successo, la Caritas pianta i propri chiodi. Randi: «Gli stranieri sono persone, non forza lavoro». Chiarito questo, «molta parte della nostra economia dipende da loro. Basterebbe tentare uno sciopero dei lavoratori stranieri e stare a guardare cosa accadrebbe ovunque, dagli ospedali ai ristoranti». Randi: «Le mele sarebbero ancora sugli alberi».
Ma molti in Alto Adige hanno deciso che gli stranieri sono un problema e un pericolo. E la Caritas si trova a fare i conti con il lavoro di anni sulle politiche di accoglienza che viene surclassato in corsia di sorpasso dalla xenofobia. Attanasio riassume: «In tutta Europa gli impresari della paura funzionano bene. In Alto Adige ancora meglio. In queste elezioni sono stati raccolti i frutti di anni di semina abbondante».
Francesco Comina lascerà la giunta senza l’annunciata legge sull’immigrazione: «Speriamo che la prossima legislatura recuperi il tempo perso». Nell’ultima seduta, racconta, gli assessori hanno iniziato a ragionare su un Osservatorio provinciale che non si limiti a registrare le cifre «ma lavori sui fenomeni culturali». Nonostante il voto a destra, Comina ha ragioni di ottimismo: «Nella stessa Svp si rendono conto che serve un cambio di prospettiva. Non fosse altro che perché l’economia ha bisogno di lavoratori».
La Caritas si preoccupa per il razzismo e la semplificazione: «In certi paesi non vive neppure uno straniero, eppure c’è paura, disagio». Comina lancia una stoccata: «Associazioni come la vostra devono tornare a fare politica. Dovreste avere un ruolo di sentinella, dovreste incalzare i politici, invece le associazioni arrivano in ritardo. L’ultimo caso, la legge elettoralistica della Svp sull’edilizia sociale. C’è stata una audizione, ma quando le cose ormai erano fatte».

fonte: Espresso

In scuole Bari e Barletta svastiche su murales

Svastiche e scritte inneggianti a "Dio, patria e famiglia" sono state trovate questa mattina sui muri e lungo il marciapiede di un liceo scientifico di Barletta e sui muri di una scuola elementare nel quartiere di Bonghi, a Bari. Nel secondo caso le svastiche sono state tracciate sopra dei murales che ornano le mura dell'istituto e che raffigurano un popolo di bambini multietnici, gran parte dei quali di colore. Sugli episodi indagano rispettivamente i carabinieri di Barletta e la Digos di Bari.

Pronta la condanna dell'episodio: Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, afferma in una nota che "le svastiche disegnate sulle fotografie dei volti dei bambini extra comunitari, affisse sulle pareti, a loro volta imbrattate, di una scuola di Bari, devono provocare in tutto il Paese un sussulto di sdegno, una profonda riflessione, un impegno corale per non ricadere nel baratro dell'inciviltà".

fonte: Alice Notizie